FEDE E RAGIONE
La Scienza nell’Antica Grecia
dal Numero 9 del 2 marzo 2014
di Antonio Farina

Dai suoi primordi nell’antica Grecia, la Scienza e la Filosofia si sviluppavano ricercando un Principio primo, il Creatore della mente umana e di tutto il creato. Un’apertura di mente, un limpido desiderio di ricerca oggi lontano.

Quando è nata la scienza moderna? È opinione unanime fra gli esperti far risalire la nascita del metodo scientifico moderno all’epoca di Niccolò Copernico (1472-1543), di Galileo Galilei (1564-1641), di Johannes Kepler (1571-1630) e di Isaac Newton (1642-1727), quindi si tratta di una conquista abbastanza “recente” se paragonata alla storia millenaria dell’umanità.
Tra il XVI e XVII secolo, cambia il modo di “fare scienza”. Questa non è vista più come un’attività puramente razionale o filosofica ma diventa empirica e sperimentale. A Galileo Galilei si deve la scoperta del “metodo” che porta il suo nome: è un metodo ipotetico-deduttivo. Dall’osservazione dei fatti, dei fenomeni naturali, si ipotizza una spiegazione, espressa in linguaggio matematico, (una teoria) le cui previsioni vengono poi confrontate e verificate sul campo con le misure sperimentali. Tutto qui. Oggi la cosa ci appare scontata, quasi ovvia, ma non è stato sempre così. Per millenni l’umanità ha concepito la scienza non come qualcosa di materialmente utile, con dei risvolti tecnologici e pratici, ma piuttosto come una visione filosofica, un problema di essenza della realtà, una forma di contemplazione.
Nell’antica Grecia nacque l’idea che si potesse comprendere e spiegare la natura in modo razionale, e ciò spinse gli studiosi a porsi interrogativi profondi, totalizzanti, sul senso più recondito del mondo e della vita. Purtroppo l’assenza di un vero metodo scientifico fatto di esperimenti e di teorie, di ipotesi e di verifiche, cristallizzò il pensiero greco nella dinamica di Aristotele che non era corretta[1] e non seguì nessuna applicazione pratica delle conquiste del loro pensiero. I Greci, nonostante la loro superiorità filosofica e culturale, vivevano come gran parte dei popoli loro vicini, senza nessun progresso tecnologico, tiravano frecce, usavano la catapulta, erigevano templi, trasportavano l’acqua con degli acquedotti, costruivano navi a vela ma nulla di più. Eppure la scienza moderna deve molto agli scienziati-filosofi antichi.
Nel VI secolo a.C. c’era una grande effervescenza di pensiero nelle città greche e soprattutto a Mileto, sulla costa occidentale dell’Asia Minore. Qui Talete e il suo allievo Anassimandro (in filosofia è noto il binomio Anassimandro e Anassimene) furono tra i primi studiosi che si posero seri ed importanti interrogativi sulla forma e sulla struttura del “mondo” e si possono considerare i fondatori del pensiero scientifico. Talete riteneva che la “materia primordiale” di cui sono costituite tutte le cose fosse l’acqua: pensava che la Terra poggiasse su un grande mare. Anassimene era famoso per l’ipotesi che a costituire tutte le cose fosse invece l’aria. Anassimandro propendeva per una radice comune non visibile ed infinita che chiamava «Apeiron» cioè l’«indeterminato».
In effetti l’Apeiron possiamo considerarlo come l’antenato dei quark, degli elettroni, delle particelle ultime ed indivisibili di cui è composta la materia e le cose. Egli aveva un’idea molto moderna del Cosmo: immaginava la Terra come un corpo di forma cilindrica molto grande sospeso nel vuoto, galleggiante nel cielo, equidistante da ogni altro corpo e perciò immobile. Partiva infatti da un principio squisitamente filosofico appreso dai suoi contemporanei: «Ciò che è situato al centro ed è collegato in modo uguale agli estremi non ha alcun impulso per muoversi in una direzione piuttosto che in un’altra e per forza di cose deve rimanere immoto». Può sembrare incredibile ma qualcosa di analogo, il modello di Universo stazionario, ha resistito per 2500 anni finché Albert Einstein nel 1917 si rese conto che un Cosmo fatto di corpi “immobili” è intrinsecamente instabile: o deve collassare in un immane buco nero o deve espandersi per sempre. Fu così che introdusse nelle sue equazioni di campo la costante cosmologica.
Di Anassimandro non c’è pervenuto alcuno scritto originale e quello che sappiamo di lui ce lo hanno trasmesso Aristotele e altri scrittori greci. La sua figura di scienziato-filosofo-pensatore è avvolta dal mistero ma unanimemente è indicato come il primo vero scienziato della natura. Aveva concepito un’idea, una teoria della gravità di sconcertante modernità che solo dopo molti secoli doveva trovare sviluppo nel pensiero scientifico ad opera di Newton[2].
Un altro grande intellettuale del mondo greco, colui che per primo ha intuito che il Cosmo è governato da Leggi immutabili e che queste leggi sono esprimibili in linguaggio matematico, è stato Pitagora (si favoleggia che quando Pitagora scoprì il suo noto Teorema sacrificò agli dèi cento buoi!). Nato a Samo nel 570 a.C. è stato il caposcuola di un movimento filosofico ascetico e misticheggiante: la scuola pitagorica. Secondo il pitagorismo il numero è l’essenza fondamentale di tutte le cose, esiste un ordine soggiacente alla realtà sensibile descritto in termini geometrici e matematici. Pitagora aveva diviso la giornata dei discepoli in tre parti: la prima per la divinità nella preghiera; la seconda per la divinità nello studio; la terza per gli uomini e gli affari[3].
Dopo un secolo ci fu Platone, allievo e amico di Socrate, che fu molto influenzato dal pensiero di Pitagora e concepì l’esistenza di un mondo delle idee, l’iperuranio, immutabile ed eterno di cui la realtà fisica è una sorta di riflesso imperfetto. Egli pensava che esistesse una “Verità” che noi non conosciamo, che è velata, ma che possiamo cercare e trovare. Molti matematici moderni[4] condividono tuttora questa visione del mondo e attribuiscono un senso reale all’universo ideale delle forme geometriche e delle strutture matematiche.
Aristotele (nato a Stagira nel 384 a.C.) raccolse l’eredità di Platone suo maestro, fondò la scuola dei “peripatetici” ed è stato l’iniziatore della Logica formale. Scrisse libri fondamentali come La Fisica, La Metafisica, dove si interroga sulla natura di Dio concepito come “atto puro”. Il pensiero di Aristotele ha fortemente influenzato tutti i pensatori cristiani. 
Impossibile non citare il grande matematico e geometra Euclide, autore degli Elementi, un capolavoro di geometria teorica rimasto insuperato per 2000 anni. Egli fa discendere da cinque postulati iniziali tutti i teoremi della geometria con un procedimento logico-deduttivo che tuttora suscita grande ammirazione e lo rende forse il più grande teorico dell’antichità.
I secoli successivi videro il fiorire dell’astronomia greca e soprattutto nella città di Alessandria.
Nel II secolo a.C. Ipparco di Nicea sostenne che la Terra fosse al centro dell’Universo, scoprì la precessione degli equinozi e calcolò la durata dell’anno, inventò l’astrolabio e misurò, in modo approssimato, la distanza che c’è tra Terra e Luna. Eratostene, matematico e poeta di Cirene, calcolò le dimensioni della Terra che finalmente si riconosceva a forma sferica e sospesa nello spazio. Infine Claudio Tolomeo, geografo e matematico alessandrino, che nel trattato Almagesto raccolse e diede sistemazione logica a tutte le conoscenze di meccanica celeste del suo tempo creando un sistema geocentrico basato su una serie di “epicicli” su cui si muovevano i Pianeti. Si pensi che esaminando le tavole di Tolomeo compilate 1800 anni fa è tuttora possibile conoscere e determinare la posizione che avrà nel cielo di questa sera un Pianeta qualsiasi, come Marte o Venere[5]!
In buona sostanza, seppur affette da errori ed imperfezioni, la Scienza e la Filosofia greca avevano sortito l’effetto di far risalire la mente umana dalla Creazione al Creatore. Pitagora, Aristotele, come si è visto, erano giunti ad una Metafisica ed ad un’idea anche profonda di Dio.
    Quando san Paolo nel suo terzo viaggio raggiunse Atene «fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli» (At 17,16), e provò a tenere un discorso all’Areòpago usando queste parole: «Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è il Signore del cielo e della terra [...]» (At 17,22ss). Sappiamo come andò a finire, quando san Paolo proclamò che esiste la risurrezione dei morti: «Alcuni lo deridevano, altri dissero: “Ti sentiremo su questo un’altra volta”. Così Paolo uscì da quella riunione. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti» (At 17,32).
Ora noi ci crediamo scienziati migliori dei Greci e reputiamo la nostra civiltà incomparabilmente superiore a quella greca, ma almeno gli ellenici credevano a qualcosa ed hanno fatto parlare volentieri san Paolo nella loro “università” e molti si sono convertiti. Oggi al contrario non abbiamo fatto parlare il papa Benedetto XVI all’Università della “Sapienza”!
È proprio vero che l’Homo Sapiens che non arriva a Dio diventa inevitabilmente Homo Stultus.

[1] Aristotele per esempio riteneva che i corpi materiali non potessero muoversi se non vi fosse una forza continuamente applicata ad essi. Oggi sappiamo che in assenza di attriti essi vanno a velocità costante anche senza forze applicate.
[2] Aveva capito, per esempio, che i corpi non cadono semplicemente “dall’alto verso il basso” ma più propriamente “verso la terra”.
[3] Vedi Sac. Dolindo Ruotolo, Maria Immacolata Madre di Dio e Madre nostra, Casa Mariana Editrice, p. 42.
[4] Vedi per esempio R. Penrose, La strada che porta alla realtà, Rizzoli – BUR, 2005, p. 12.
[5] Il sistema tolemaico ha resistito per secoli fino all’avvento di Niccolò Copernico nel 1500.

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