Può esserci qualcosa di più grande dell’inabitazione di Dio nell’anima?
Avete mai riflettuto su una verità cattolica che è umanamente inimmaginabile, ovvero che Dio, che è l’infinito, può albergare ed in un certo qual modo essere contenuto nel finito? È il paradosso di tutti i paradossi. Ed è – diciamolo francamente – è anche la bellezza di tutte le bellezze.
Vi invitiamo a fare questo gioco “apologetico”. Parlatene con prudenza (senza esaltazioni o fastidiose insistenze) con qualcuno anche non credente e chiedetene un giudizio. Se vi dirà – come è probabile – che non ci crederà, provate a porgli un’altra domanda: ma se fosse vero, come cambierebbe la tua vita? E chiedetegli anche: credere in una cosa di questo tipo come incide nella vita di tutti i giorni, nella storia, nel modo di concepire l’esistenza umana, la società, gli altri? Siamo convinti che a costui qualche dubbio verrà e già un dubbio del genere può essere una grazia attuale che predispone alla conversione.
Dire che Dio è disposto a vivere nell’uomo, vuol dire due cose importantissime.
Primo: il Dio cattolico – come spesso diciamo e mai ci stancheremo di ripetere – è un Dio vicino, che addirittura mendica di abbracciare la nostra vita.
Secondo: che la vita di ognuno di noi non è una provvisoria realtà che è comparsa occasionalmente e casualmente nel reale, bensì è un tesoro che Dio ha desiderato e che è disposto con cura a conservare, abbellire e adornare con la sua presenza.
È per questo che lo scrittore Julien Green (1900-1998) scrive: «Ho contemplato albe e tramonti in diverse parti del globo, ho visto spettacoli imponenti di forze di nature scatenate, ho ammirato capolavori artistici... ma per me la realtà più meravigliosa del mondo è la presenza di Dio in un’anima» (Diario, vol. V).