SPIRITUALITÀ
Misericordiosi come il Padre celeste
dal Numero 12 del 19 marzo 2023
di Aurora De Victoria

Quello della “misericordia” è uno stendardo che è facile innalzare quando significa (falsamente) gratuito perdono da parte di Dio dei nostri peccati. Ma cosa dire, invece, della nostra misericordia nei confronti dei fratelli, quando ci offendono e ci fanno soffrire?

«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). 
Quel “come” è per noi sconvolgente, poiché con queste parole Gesù ci addita un modello sublime, di un’altezza che si potrebbe definire inimitabile. Eppure, Egli usa nei nostri confronti questo imperativo. 
La pratica di questa esortazione ci risulta quanto mai difficile e ostile. Ciò è incredibile, perché la nostra condizione umana naturalmente difettosa ci fa fare esperienza molto da vicino del bisogno e del desiderio di ricevere misericordia, e non sembrerebbe verosimile che chi si riconosce bisognoso di una tale bontà non sappia a sua volta donarla al prossimo.
Il Salmo 78 così recita ai versetti 8-9: «[O Signore,] non imputare a noi le colpe dei padri, affrettati: le tue misericordie ci vengano incontro perché siamo ridotti nell’assoluta povertà. Aiutaci, o Dio della nostra salvezza, per la gloria del tuo nome e liberaci; e per il tuo nome perdona i nostri peccati». Sappiamo riconoscerci nello stato in cui si trova il salmista, colpevoli davanti a Dio di molti falli, verso di Lui, verso noi stessi, verso il nostro prossimo? Chiediamo al Signore il suo perdono, nella preghiera, nell’esame di coscienza, al momento della Confessione? Ma come possiamo noi pretendere il perdono e la misericordia divina se non siamo a nostra volta disposti ad usare misericordia, a perdonare chi ci abbia offeso? «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori», recitiamo quotidianamente nel Padre nostro. E spesso ci condanniamo da noi stessi, a causa della nostra incapacità di rimettere al prossimo quelle piccole o grandi offese ricevute, ma che sono un nulla rispetto alle offese che arrechiamo a Dio, noi che siamo una formica e anche meno rispetto a Colui che è il Creatore e il Signore di tutte le cose.
Eppure il “Padre nostro celeste” è infinitamente misericordioso nei nostri confronti, perché Egli conosce a fondo la nostra miseria. Noi, invece, siamo così poco misericordiosi perché non conosciamo a fondo noi stessi, oppure perché siamo avvezzi a guardare la pagliuzza nell’occhio del nostro fratello, tralasciando di osservare ed esaminare quella trave che ferisce il nostro (cf Lc 6,41).
Superbia, orgoglio, vanità, ambizione, egoismo: queste le cause della nostra incapacità a valutare noi stessi secondo verità, sopravvalutando i nostri meriti e rendendoci inabili ad apprezzare ciò che sono e fanno gli altri. 
Ma il Signore ha parlato chiaramente: «Con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Mt 7,2). Non ci conviene, dunque, misurare le azioni del prossimo con carità, ritenere i nostri fratelli meritevoli di perdono, di misericordia? Difatti, proprio questo è il prossimo: nostro fratello in Cristo Gesù. 
Sant’Angela da Foligno, mistica francescana che ha raggiunto altezze sublimi della vita spirituale, assaporò all’età di 37 anni la grazia folgorante del perdono di Dio, in seguito ad una vita di peccato e di vana ambizione, che la indusse anche al terribile peccato di sacrilegio, ricevendo la santa Comunione in peccato mortale per non aver saputo vincere la vile vergogna nel confessarsi. L’esperienza della bontà e della misericordia di Dio le ispirò subito propositi energici di conversione per dimostrare con azioni concrete la consistenza del suo ritorno a Dio. Immediatamente si propose di spogliarsi di tutto, ma prima di rinunciare a beni e possedimenti materiali, comprese che doveva rinunciare soprattutto ad una cosa: al suo orgoglio, all’attaccamento al suo presunto “onore”. Così, conosciuta la misericordia di Dio, comprese anzitutto che il Signore voleva da lei la stessa cosa: che fosse come Lui misericordiosa, perdonando le offese ricevute. Così, «venni istruita, illuminata – scrive la Santa –, e mi fu mostrata la via della croce con questa ispirazione: se volevo camminare verso la croce dovevo spogliarmi di ogni cosa, per procedere più leggera, e in questa totale nudità avviarmi verso di essa». E, prima di ogni altra cosa, «avrei dovuto perdonare a tutti quelli che mi avevano offesa». 
Impariamo dai santi la sequela Christi, perché essi ci insegnano cosa significhi concretamente “vita cristiana”, che richiede fatti e non solo parole, idee e sogni. 
Chiediamo all’Immacolata, Madre di misericordia, la grazia di saper amare e perdonare il prossimo proprio come Dio ci ama e ci accoglie continuamente come il figliol prodigo (Lc 15,11-32), ogni volta che torniamo a Lui pentiti. E facciamo nostra questa esortazione di un altro santo convertito, san Charles de Foucauld: «Vedere Gesù in ogni uomo ed agire di conseguenza. Amare gli uomini come Dio li ama. Non disprezzare nessuno, ma desiderare il massimo bene per tutti gli uomini, perché tutti sono coperti dal Sangue di Gesù come da un mantello. Più si ama Dio, più si amano gli uomini». 
 

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