SPIRITUALITÀ
Guerriera per amore /1 2 ottobre | Santa Teresa di Lisieux
dal Numero 35 del 25 settembre 2022
di Teresa Francia

La Santa di Lisieux, conosciuta come la “Santa delle rose”, è davvero la santina nata con l’aureola, che non ha conosciuto il cammino ascetico dei poveri figli di Adamo? Diciamo “no”, ma lo facciamo raccontare a lei stessa...

«Le porte degli inferi non prevarranno» (Mt 16,18). Queste parole del divin Maestro infondono speranza e consapevolezza: speranza della vittoria, consapevolezza della battaglia. Finché l’uomo è in “questa valle di lacrime” deve combattere per non cedere ai capricci dell’“io”, alle passioni disordinate della propria natura corrotta dal peccato e agli inganni e tentazioni del demonio. Negare il male, falsificare il bene: è questa la tattica degli ultimi tempi – che, analizzando le condizioni della società odierna, diremmo “vincente”, se non fosse per le divine parole di Gesù –; allontanare l’uomo da Dio usando proprio quei mezzi che più dovrebbero avvicinarlo. Satana è riuscito a dare un volto “nuovo” (= falso) a Gesù, alla Madonna, ai santi e alle stesse verità di fede secondo canoni più comodi e conformi alla natura umana e allo «spirito del mondo» (1Cor 2,12), ma per ciò stesso più lontani dalla verità e più vicini a colui che è menzogna. Ha lusingato anche i cattolici tracciando sentieri invitanti e piacevoli, che però non portano che a un pietismo sentimentale, se non addirittura all’errore dottrinale e al peccato. Non è forse vero che, soprattutto oggi, in nome dell’infinita misericordia di Dio non si osservano più i Comandamenti, non ci si confessa più e le chiese sono vuote? E che dire dei santi? Con il pretesto di combattere quella tendenza agiografica volta a proporre dei santi nati tali e per riscoprire nel santo l’uomo, si è perso di vista il santo. Per questo si parla di un san Francesco pacifista, amante della natura e degli animali, ecologista e molto altro ancora [1]; o di una santa Teresina tutta “rose e fiori”, in cui la pratica della virtù è priva di rinuncia. Il “nuovo” volto della santità non è più «l’abneget semetipsum» (Mt 16,24) per amore di Cristo, ma “il fai ciò che vuoi”... tanto “Dio è buono”.
Dobbiamo riscoprire nei santi quel volto di guerrieri per riprodurre in noi, come loro, il Volto dell’unico Capitano, Gesù Cristo, perché «senza lotta – scrive san Massimiliano M. Kolbe – sarebbe impossibile la vittoria e senza la vittoria non ci può essere la corona, non ci può essere la ricompensa (cf 1Cor 9,25)» (SK 149).
In occasione della festa che ricorre il 1° ottobre, vogliamo ritrovare i veri tratti caratteristici della più “piccola” Santa della Francia: santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. 
Non è nata santa...
Maria-Teresa Francesca Martin, questo il suo nome di Battesimo, nasce il 2 gennaio 1873 ad Alençon, ultima di cinque sorelle [2], in una Francia già viziata dalle ideologie atee della Rivoluzione francese. Eppure il “Buon Dio” – appellativo carissimo alla Santa – ha preservato questo suo «fiorellino bianco» [3], piantandolo prima in una famiglia profondamente cristiana (i genitori, i coniugi Martin, sono entrambi santi), e trapiantandolo poi tra le mura sicure del Carmelo di Lisieux. Certamente è stata un’anima prediletta dalla grazia, ma non per questo si deve credere che non avesse difetti da correggere, come lei stessa scrive: «C’era un altro difetto che avevo [...]: era un grande amor proprio. Un giorno la mamma mi disse: “Teresina mia, se baci la terra ti darò un soldo”. Un soldo era per me tutta una ricchezza. Per guadagnarmelo non avevo bisogno di abbassare la mia grandezza, perché la mia piccola statura non poneva grande distanza tra me e la terra; ma il mio orgoglio si ribellò al pensiero di baciare la terra, e tenendomi ben dritta dissi alla mamma: “Oh no, mammina mia, preferisco non avere il soldo!...”». Chiara è anche la descrizione che ci lascia la mamma: «È di un’intelligenza superiore a Celina, ma molto meno dolce e soprattutto di un’ostinazione quasi invincibile: quando dice “no”, niente può farla cedere; la mettessimo pure una giornata in cantina, lei ci dormirebbe piuttosto che dire “sì” [...]. Però ha un cuore d’oro, è affettuosissima e molto schietta». Tuttavia, «quanto al piccolo furetto [Teresa], non si sa troppo come sarà», conclude la mamma. Se questo non bastasse, Teresa aggiunge che «era lontana da essere una bambina senza difetti! Di me non si poteva nemmeno dire “che ero buona quando dormivo”», però «non appena ho incominciato a ragionare seriamente (cosa che ho fatto già da molto piccola), bastava che mi dicessero che una cosa non era bene, perché io non avessi voglia di farmelo ripetere due volte...». 
“Piccolo”: questa è la parola-chiave dell’anima di Teresa; da “piccola” ha iniziato la sua «buona battaglia» (2Tm 4,7) e, come vedremo, “piccoli” i mezzi per vincerla. 
Più spine che rose...
È alquanto difficile, a questo punto, sostenere che la nostra Santa non avesse difetti; tuttavia qualcuno potrebbe ribattere affermando che in lei l’acquisto della virtù non fu faticoso, anzi fu un abito naturale conquistato senza dover ingaggiare un’aspra lotta contro se stessi. Ma Gesù è stato chiaro: «Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Lc 9,23); Gesù è Dio, e Dio non cambia, e con Lui neppure la strada che ci ha indicato: la via della croce. Questa sola è la via dei santi, e lo fu anche per la piccola Teresa, come ci rivela lei stessa narrando un episodio dell’infanzia che è il “riassunto di tutta la sua vita”. «Un giorno Leonia, pensando di essere troppo grande per giocare con la bambola, venne da noi due [Teresa e Celina] con un cestino pieno di vestitini e di pezzetti belli di stoffa per farne altri; su queste ricchezze stava distesa la sua bambola. “Prendete, sorelline mie – ci disse –, scegliete, è tutto quanto per voi”. Celina allungò la mano e prese un pacchetto di cordoncini che le piacevano. Io riflettei un attimo, poi anch’io allungai la mano e dissi: “Io scelgo tutto!”, e presi il cestino senza tanti complimenti [...]. Questo piccolo fatto della mia infanzia è il riassunto di tutta la vita mia: più avanti, quando mi è apparsa la perfezione, ho capito che per diventare una santa bisognava soffrire molto, cercare sempre il più perfetto e dimenticare se stessi; capii che ci sono molti gradi nella perfezione, e che ciascun’anima è libera di rispondere agli inviti di Nostro Signore, di far poco o molto per Lui, insomma di scegliere tra i sacrifici che Egli chiede. Allora, come ai giorni della mia prima infanzia, esclamai: “Dio mio, scelgo tutto. Non voglio essere una santa a metà, non ho paura di soffrire per te, temo una cosa sola, cioè di conservare la mia volontà: prendila, perché scelgo tutto quello che vuoi Tu!”...». 
Per essere santi bisogna “soffrire molto”, “dimenticare se stessi”, senza paura, perché si soffre per Dio, e Dio è Amore. Questo è un tema frequente, anche se spesso ignorato, nella vita della nostra Santa. Eppure, a circa un mese dalla morte, sospirando disse a suor Genoveffa (la sorella Celina): «Bisognerà dire che la “gioia e il trasporto” sono in fondo alla mia anima... Ma ciò non incoraggerebbe tanto le anime, se si credesse che non ho sofferto molto». Come quando era in vita, ancor’oggi non si conosce realmente lo spirito di questa Santa, e troppe volte la si riduce a un’anima di bambina alquanto privilegiata e perciò non imitabile, e si sorvola su elementi essenziali come furono appunto lo sforzo per praticare la virtù, la sofferenza fisica e soprattutto quella spirituale. La piccola Santa era consapevole di ciò, per questo, quando durante la sua ultima malattia le fu messo accanto un bicchiere con una bevanda limpida e allettante, fece il seguente paragone: «Lo vede quel bicchieretto? – disse santa Teresina a una consorella – Sembrerebbe pieno di un liquore squisito, e invece io non prendo niente di più amaro di quella bevanda. Ebbene essa è l’immagine della mia vita: questa agli occhi altrui è apparsa vestita dei più ridenti colori; sembrava ad essi che io bevessi un liquore squisito, e invece non era che amarezza». A madre Agnese – sua sorella Paolina – rivelò dopo molti anni: «Nessun sacrificio mi stupì, eppure lei lo sa, madre diletta, i miei primi passi hanno incontrato più spine che rose!...». 
Altro che “Santa delle rose”! Dopo tante testimonianze dovremmo a buon diritto considerarla anche la Santa delle spine. Rose e spine (amore e sacrificio) sono complementari: togli a una rosa le spine e verrà meno la sua fortezza; togli alle spine la rosa, svanirà ogni bellezza. Fuor di metafora, un amore che non sa sacrificarsi non è amore, l’amore per sua natura si dona, e oltretutto senza misura. Quindi, santa Teresina, definita appunto la Santa dell’amore e delle rose, è necessariamente anche la Santa del sacrificio, del dono di sé, totale e incondizionato a Dio. «Sì, la sofferenza – scrive santa Teresina – mi ha teso le braccia e io mi ci sono gettata con amore».

/ continua

Note
1) Per approfondimenti si veda G. Vignellli, San Francesco antimoderno. Il vero volto del Santo di Assisi, Fede&Cultura, 2002.
2) In ordine di età: Maria, Paolina, Leonia, Celina e Teresa.
3) Le citazioni sono tratte dai vari manoscritti della Santa.

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