SPIRITUALITÀ
San Francesco tutto evangelico
dal Numero 40 del 12 ottobre 2014
di Suor M. Grazia Pia Palma, FI

Il Serafino d’Assisi aveva una gran devozione per la Parola di Dio, e lo stesso voleva da parte dei suoi frati. La divina Parola è un dono ineffabile, in quanto rende Dio stesso a noi presente, il cui unico contraccambio è il dispensarla alle anime perché “anch’esse credano”.

Se il Verbo è la Parola vivente del Padre, non meraviglia che il Serafino d’Assisi riservasse alla Parola di Dio una speciale venerazione. Quando ascoltava la Parola di Dio, particolarmente le parole della Consacrazione eucaristica, san Francesco si raccoglieva nell’adorazione interiore di Dio presente sotto le specie sacramentali. Esigeva anche dagli altri un particolare rispetto per le parole del Signore che consacrano il suo Corpo e il suo Sangue e voleva che, qualora i frati le trovassero in luoghi spregevoli, le collocassero in posti dignitosi, giacché – affermava – «non ci può essere il corpo, se prima non è santificato dalla parola», poiché «in virtù delle parole di Cristo si compie il sacramento dell’altare».
Ai Custodi, responsabili delle Fraternità, raccomandava di supplicare umilmente i chierici affinché venerassero «sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo».
La Leggenda perugina rende noto che se i ministri non lo avessero pregato di non vincolare i frati con disposizioni minuziose, avrebbe imposto tale obbligo nella Regola affinché il Signore fosse onorato anche nelle parole da Lui pronunciate. Non avendo potuto far di tutto ciò una prescrizione normativa, rese noto ai frati questa sua volontà in altri suoi scritti.
La raccomandazione di porre l’Eucaristia in luoghi dignitosi era quasi sempre accompagnata dall’esortazione a collocare i libri liturgici in luoghi puliti e decorosi. Nella Lettera a tutti i chierici, avente come tema la riverenza del Corpo del Signore, scrive: «I nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate con i piedi, perché “l’uomo animale non comprende le cose di Dio”», e al monito: «Dovunque il Santissimo Corpo del Signore nostro Gesù Cristo sarà stato collocato e abbandonato in modo illecito, sia rimosso da quel luogo e posto e custodito in un luogo prezioso», segue la raccomandazione che «dovunque i nomi e le parole scritte del Signore siano trovate in luoghi immondi, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso». I medesimi concetti si riscontrano nel Testamento. Il Santo ammoniva i frati a non essere superficiali nel divino servizio: «Per radicare in noi l’altezza del nostro Creatore e in lui la nostra sottomissione, dobbiamo custodire i vasi sacri e gli altri strumenti liturgici, che contengono le sue sante parole».
La venerazione di san Francesco per le Parole divine scritte o proferite deriva da una profonda visione teologica: egli riconosce che in esse e per mezzo di esse Dio si rende presente tra gli uomini e parla loro mostrando la sua Volontà. Esse diventano, pertanto, strumento della sua azione di salvezza nel mondo. In tal senso va intesa l’affermazione categorica della Lettera ai fedeli secondo cui «nessuno può essere salvato se non per mezzo delle sante parole e del sangue del Signore nostro Gesù Cristo». Questa Parola salvifica è un dono del Padre al Figlio e da questi partecipato ai suoi discepoli di tutti i tempi. Come ogni dono divino, essa deve essere accolta con fede perché produca il frutto spirituale prestabilito nei disegni divini, ossia l’accrescimento della stessa fede e la santificazione dell’anima. Tale insegnamento san Francesco lo attinge – come sempre – dal Vangelo, citando quanto Gesù stesso disse nella sua preghiera sacerdotale: «Padre santo, [...] le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e [...] hanno creduto [...]. Consacrali nella verità. La tua parola è verità » (Gv 17,8.17). Ogni discepolo del Signore, però, deve, a sua volta, donare la Parola ai suoi fratelli affinché anch’essi credano «mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,20-21). Far conoscere a tutti gli uomini la Parola che è fonte di salvezza costituisce il più vero contraccambio al dono generoso che il Padre fa alla creatura umana nel Verbo fatto carne perché tutti «abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Il dovere irrinunciabile di condurre ogni anima a Cristo trova espressione in una beatitudine, che emerge tra le molte Ammonizioni, in cui il Santo proclama beato quel religioso che ripone la sua gioia esclusivamente nelle santissime parole e opere del Signore e, mediante queste, conduce gli uomini all’amore di Dio.
L’amore per la Parola di Dio si congiunge con quello dovuto a coloro che ne sono gli “amministratori”, ossia i teologi, i quali vanno onorati e venerati quali dispensatori del nutrimento spirituale che essi traggono dalla Parola di Dio a beneficio proprio e di tutti i fedeli.  

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