LOURDES
Viaggio a Lourdes
dal numero 7 del 11 febbraio 2024
di Paolo Risso

Una conversione straordinaria, una guarigione miracolosa, l’intervento di Maria Santissima: ecco cosa troviamo nella “valigia” di questo viaggio a Lourdes.

Viaggio a Lourdes è il titolo di un libro – un vero bestseller –, in cui l’autore Alexis Carrel, medico e scienziato miscredente, narra la sua conversione a Cristo avvenuta a Lourdes per intercessione dell’Immacolata, apparsa in quel luogo alla piccola Bernadette Soubirous l’11 febbraio 1858. 
Alexis Carrel nacque a Lione nel 1873. Qui compì gli studi liceali e si laureò brillantemente in medicina. Il XIX secolo, che volgeva ormai al tramonto, era impregnato di Positivismo, corrente di pensiero che esaltava la scienza e la realtà: tutto ciò che non rientrava nella sfera scientifica, o era nulla o era inconoscibile, quindi insignificante.


Lo scienziato positivista
Attraverso studi severi, Carrel, ancora giovanissimo, divenne un medico competente e un inventore geniale; lavorava presso la facoltà di Medicina di Lione occupandosi soprattutto di anatomia e di scienze sperimentali, e, con uguale interesse, di pedagogia. Si convinse che al di fuori del “metodo positivo” non esisteva certezza alcuna. Il Positivismo sembrava soddisfare interamente il suo spirito, ma nel fondo del suo cuore si celava una segreta sofferenza: la sensazione di soffocare in un cerchio troppo stretto il bisogno insaziabile di “certezza certa”. Si impegnò con successo nella ricerca scientifica, che era il suo orgoglio di medico e di inventore. La bellezza e l’armonia del corpo umano lo affascinavano: era questo, nella sua piccolezza e nella sua grandezza, qualcosa di unico da conoscere, da indagare, eppure il corpo umano era destinato alla corruzione. Perché? Sarebbe davvero tutto finito nella tomba? Lo scienziato che si illudeva di essere soddisfatto dalla scienza, si poneva delle domande profonde: Chi siamo? Da dove veniamo, e dove andiamo? Domande che, prima o poi, affiorano nell’anima di ogni uomo. “Domande senza senso – insegnava il positivismo –, da buttar via al più presto”. Carrel se le poneva. E non aveva risposta. Il suo orizzonte si stringeva, ed era un tormento, perché lui, in fondo, voleva spingere il suo sapere “più in là”. 
Proprio in quegli anni, Lourdes attirava gente da ogni parte d’Europa e da più lontano ancora: erano soprattutto i sofferenti nel corpo e nello spirito, che andavano alle falde dei Pirenei a parlare di sé alla “bianca Regina” apparsa in una grotta a Bernadette Soubirous nel 1858. Tra questi malati, c’era chi tornava a casa guarito e chi, pur non essendo guarito, ritornava consolato, pronto ad accettare, persino ad amare, la croce aspra della malattia e della morte.
Negli ambienti medici, si discuteva sul “fenomeno Lourdes”: c’era chi credeva al miracolo, e chi si rifiutava di credervi. Il dottor Carrel rifletté a lungo sui fatti di Lourdes. Nel 1903 decise di partecipare, in qualità di medico, a un pellegrinaggio a Lourdes. Di questa esperienza, che sarà decisiva per la sua vita, egli lasciò un resoconto oggettivo che pubblicò con il titolo Viaggio a Lourdes. Nel riportare i fatti che seguono ci riferiremo a questo libro. 


Il cerchio si rompe
Il treno era pieno di ammalati. Alcuni medici, tra i quali il dottor Carrel, prestavano loro assistenza. Nel cuore, ognuno portava una speranza: la guarigione che la Madonna avrebbe potuto concedere loro. Tutti erano certi di tornare a casa più capaci di accettare la vita con i suoi dolori. Il dottor Carrel vi si recava per un solo interesse: esaminare i malati per vedere se c’erano in loro dei reali miglioramenti dopo essere stati a Lourdes.
Un sacerdote chiamò il dottor Carrel: «Ho due malati che soffrono molto, potete far loro un’iniezione di calmante?». Nello scompartimento giaceva una giovane donna, Maria Ferrand, gravissima. Ventre gonfio, pelle lucida, costole sporgenti, addome che sembrava teso da materie solide. Una sacca di liquido occupava la regione ombelicale, aveva la febbre alta, le gambe gonfie, la tachicardia. Si trattava di peritonite tubercolare. Carrel le praticò un’iniezione, poi le domandò: «Avete ancora i vostri genitori?». Maria gli rispose: «No, sono morti di tubercolosi da alcuni anni».
Dall’età di 15 anni, Maria era tubercolotica. Ora i medici dicevano che finalmente sarebbe morta ed ella non aveva in cuore che una speranza: Lourdes. Là Maria Santissima l’avrebbe guarita; certamente le avrebbe dato la forza di morire in pace.
Ora il treno giungeva a Lourdes. Una voce cominciò a cantare l’Ave Maris Stella. Di vagone in vagone, la preghiera sgorgò da tutti i cuori. Non era un canto qualunque, ma preghiera piena di speranza. Il treno si scosse, e tra quei canti entrò lentamente nella stazione di Lourdes. Lì la “bianca Signora” di Massabielle aspettava il medico positivista per un incontro di amore.


Che cos’è un miracolo?
Mentre sistemavano i malati, il dottor Carrel si avviò per le vie di Lourdes. Con sé aveva portato i suoi strumenti, una macchina fotografica e un taccuino per le osservazioni. Era colpito dalla serenità dei malati: molti erano dei “condannati a morte”, eppure erano sereni. Anche i barellieri, con il sorriso sulle labbra, si sottoponevano a fatiche immani. 
In quel momento, nel bar dove il medico e un suo amico credente stavano discutendo, entrò un distinto signore che teneva per mano un bimbo di 10 anni, il suo unico figlio, colpito da osteosarcoma a una gamba. Quel distinto signore era anch’egli un medico e lasciando un momento da parte il figlioletto disse: «Neanche qui è guarito! Morirà presto». «Tuttavia ti assicuro che ci sono esempi di guarigione di malati altrettanto gravi», rispose l’amico di Carrel, e prese a narrare le guarigioni che avevano fatto parlare i giornali di Francia e d’Europa. «Nessuno ha mai constatato scientificamente nulla. È la forza della soggezione intensa, dell’eccitazione nervosa», intervenne Carrel. «Tu ragioni così perché escludi a priori la possibilità del miracolo. Tuttavia Dio può ben modificare le leggi naturali dal momento che Egli stesso le ha create». «Se mi fosse concesso di vedere la guarigione improvvisa di una malattia organica, una gamba amputata che rinasce, un cancro scomparso... sacrificherei tutte le mie teorie, potrei accettare l’influenza di una potenza soprannaturale, ma non ho il minimo dubbio di arrivare a questo. Gli ammalati saranno visitati, prima e dopo... E ti assicuro tuttavia che se vedessi anche solo una piaga chiudersi all’istante sotto i miei occhi, o diventerei un credente fanatico o impazzirei». Così concluse il discorso il dottor Carrel, certo che il miracolo fosse impossibile e che Dio non esistesse. Poi aggiunse: «C’è qui una ragazza, Maria Ferrand, gravissima e in pericolo di vita. È tisica, ha una peritonite tubercolare all’ultimo stadio. È in stato pietoso. Temo che mi muoia tra le mani. Se guarisce questa ammalata, sarebbe davvero un miracolo. Io crederei a tutto e mi farei frate». Era una sfida e la Madonna accettava la sfida.


Sono guarita
Carrel si avvicinò al lettino di Maria Ferrand. Era in punto di morte. La malata chiese di essere portata alla piscina a qualunque costo. Carrel si offrì di accompagnarla: «Se costei guarisce, io crederò ai miracoli». Maria sembrava un cadavere.
Il medico positivista era giovane e forte, brillante. Davanti a lui, c’erano solo di quelli che la società chiama “disgraziati”. Quasi inavvertitamente si trovò a pregare: «Come vorrei credere con tutti questi disgraziati, che tu non sei solo un’eletta fonte creata dalle nostre menti, o Vergine Maria; Guarisci dunque questa ragazza, ha troppo sofferto. Fa’ che viva serena, fa’ che io creda!».
Alla piscina non fu possibile immergere Maria nell’acqua. Le fecero alcuni lavaggi al ventre, poi la portarono alla grotta della Madonna. Il suo aspetto era sempre cadaverico. Il dottor Carrel la seguì. Erano circa le 14.30. Il medico osservava il volto di Maria e pian piano iniziò a sembrargli meno livido, quasi normale. Volle visitarla: migliorava. Quel volto continuava a farsi più bello, dagli occhi brillanti, estasiati. C’era un miglioramento notevole, era innegabile. Carrel vide la coperta posta al livello del ventre abbassarsi a poco a poco: il gonfiore spariva. Il medico si sentì rabbrividire, impallidire. Alle 15.00, la tumefazione era scomparsa. Carrel sembrava impazzire. Si avvicinò a Maria Ferrand: «Come vi sentite?». «Benissimo! Sento che sono guarita».
Il medico non parlava più; non pensava più. Il fatto inatteso era talmente contrario alle sue previsioni, che egli credeva di sognare. Si alzò e se ne andò. Erano circa le 4.00 del pomeriggio. Quel che era accaduto era l’impossibile, la cosa inattesa, il miracolo realizzato da Dio sotto i suoi occhi. Una giovane morente era guarita.


Credo nel tuo Cristo, e in te, Maria
Alexis Carrel – e i suoi colleghi medici – visitarono accuratamente la giovane miracolata. Tutti i medici erano d’accordo nel constatare il miracolo. La Madonna aveva voluto dare una prova della sua reale esistenza, della sua opera nel mondo. 
Carrel, commosso, uscì. Si diresse alla grotta delle apparizioni dell’Immacolata... Era mezzanotte. La luna splendeva alta nel cielo gremito di stelle. Carrel andò davanti alla statua della Madonna. Restò a lungo immobile, con la testa tra le mani, finché dalla sua anima salì questa preghiera: “Vergine dolce che soccorri gli infelici, proteggimi. Io credo in te. Tu hai voluto rispondere al mio dubbio con un miracolo manifesto. Prendi Tu, il peccatore inquieto dal cuore in tempesta che si consumava dietro le chimere. Credo, voglio credere in te, o Maria, e nel tuo Cristo, vi amerò come i frati dall’anima candida”.
Si alzò. Era felice: Alexis Carrel, il medico positivista, era diventato credente e apostolo di Maria.   n

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