RELIGIONE
Una nuvoletta che cambia il mondo
dal Numero 34 del 30 agosto 2015
di Antonio Farina

Nel volgere di un breve istante l’intero Popolo di Israele abbandona gli idoli e torna a credere nell’Unico Vero Dio. Ciò si deve alla fede, alla perseveranza e all’audacia del profeta Elia, il solo rimasto fedele al Signore. Da allora la benedizione ritorna sul Popolo eletto e il Carmelo diventa un Monte Santo.

La Sacra Scrittura è disseminata di simboli, allegorie, prefigurazioni, metafore di realtà spirituali che corrispondono, in modo analogico, a dei semplici oggetti materiali.
Una nuvoletta. Cosa può significare, spiritualmente parlando, una nuvoletta, un batuffolo di umidità che si aggira solitario ed unico nel cielo azzurro di un caldo meriggio? Normalmente, agli occhi distratti degli uomini, essa è assolutamente anonima, poco appariscente anzi del tutto usuale e inavvertita, ma nella Mente del Signore anche quest’umile presenza può tramutarsi sorprendentemente nel simbolo di qualcosa di straordinario, elevato e superiore.
Prendiamo il caso di quanto accadde nel regno di Israele circa 850 anni prima della nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, al tempo del perverso re Acab e del grande profeta Elia, il Tisbita, un uomo che, come vedremo, ha letteralmente salvato il suo popolo dall’ira di Dio. I fatti, alquanto drammatici, sono riportati nei capitoli 17 e 18 del Primo Libro dei Re.

L’apostasia d’Israele

La Bibbia dice che Acab era un re malvagio, depravato, perfido ed anche empio: «Non gli bastò imitare il peccato di Geroboamo figlio di Nebàt; ma prese anche in moglie Gezabele figlia di Et-Bàal, re di quelli di Sidone, e si mise a servire Baal e a prostrarsi davanti a lui. Eresse un altare a Baal nel tempio di Baal, che egli aveva costruito in Samaria. Acab eresse anche un palo sacro e compì ancora altre cose irritando il Signore Dio di Israele, più di tutti i re di Israele suoi predecessori» (1Re 16,31).
Ecco, le premesse ci sono tutte: un re scellerato ed idolatra, una regina che proveniva da una famiglia pagana, pervertita e spietata (peggio del marito: infatti il nome Gezabele letteralmente significa “cumulo di immondizia”...). Il popolo, come accade di solito, segue l’esempio e il modello di chi lo comanda ed era diventato anch’esso una moltitudine di corrotti, apostati e adoratori di satana... Quello che una volta era stato il Popolo israelita prediletto dal Signore e oggetto di una Santa Alleanza con Lui, si era trasformato, nel giro di un paio di generazioni, in un’autentica massa di miscredenti ed infedeli. C’erano perfino 450 ministri del culto alla spietata e sanguinaria divinità Baal mentre dei profeti rimasti fedeli al Dio di Israele era rimasto solo Elia. Tutti gli altri erano stati sterminati da Gezabele, detta la “cacciatrice” dei Profeti. Fu così che si entrò in un tempo di grande sciagura e di calamità: guerre, distruzioni, divisioni interne laceravano dolorosamente il Regno. Ma non bastava, gli avvisi e i castighi di Dio venivano sistematicamente ignorati e tutti, a partire dal Re fino all’ultimo suddito, procedevano dritti, inesorabili, cocciuti ed ostinati sulla via del male. Allora Dio mandò Elia. Lo fece in modo secco e perentorio: lo inviò direttamente al Re sfidando il pericolo di farlo catture e uccidere da Gezabele.

E il cielo fu chiuso

«Elia, il Tisbita, uno degli abitanti di Gàlaad, disse ad Acab: “Per la vita del Signore, Dio di Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo dirò io”» (1Re 17,1). Che figura ammirabile quella di Elia Profeta, che fede, che forza e che coraggio. Poteva dire di se stesso, senza peccare di superbia, qualcosa di analogo di quanto dicono di sé gli Arcangeli: «Io sto alla presenza di Dio...». Ebbene Elia chiuse il cielo! Sigillò le cateratte delle nubi e neanche una goccia di rugiada cadde sulla terra assetata che diventò un immane deserto.
Qualche volta capita che durante l’anno piova di meno: sorgono gravi problemi, le fonti d’approvvigionamento idrico diminuiscono, si prosciugano i torrenti, immediatamente si levano le proteste dei contadini ed agricoltori che vedono scemare i loro raccolti. È anche capitato (in quella zona) che in un anno non avesse piovuto quasi per niente. Va be’, si era andati avanti lo stesso con le riserve degli anni precedenti. Ma che non piovesse per tre anni e mezzo questo nessuno se lo poteva aspettare, era assolutamente anomalo e imprevedibile, in una regione feconda e fertile quale era la valle del Giordano, che non cadesse una goccia di pioggia per un periodo così lungo. Anche l’intelletto più ottuso e il cuore più indurito non poteva non capire che era proprio un castigo di Dio.
Dopo questo scioccante annuncio Elia si dileguò per non cadere tra gli artigli di Acab e Gezabele che lo avrebbero fatto fuori volentieri. Seguendo le indicazioni del Signore: «“Vattene di qui, dirigiti verso oriente; nasconditi presso il torrente Cherit, che è a oriente del Giordano. Ivi berrai al torrente e i corvi per mio comando ti porteranno il tuo cibo”. Egli eseguì l’ordine del Signore; andò a stabilirsi sul torrente Cherit, che è a oriente del Giordano. I corvi gli portavano pane al mattino e carne alla sera; egli beveva al torrente» (1Re 17,4). Così Elia si salvò dalla spada e dalla carestia rifugiandosi a Zarepta di Sidone. Quando anche il torrente si seccò, una vedova alla quale egli aveva risuscitato il figlio morto lo assisteva col poco cibo che le era rimasto.

Uno strepitoso duello

Tuttavia il culmine della vicenda non si raggiunge nei miracoli “quotidiani” compiuti da Elia a Zarepta ma in quanto accadde in seguito sul monte Carmelo, in Galilea. Qui accadde qualcosa di veramente straordinario perché Elia sfida in una sorta di “duello” a suon di prodigi i macabri sacerdoti di Baal. Testualmente: «Acab si diresse verso Elia. Appena lo vide, Acab disse a Elia: “Sei tu la rovina di Israele!”. Quegli rispose: “Io non rovino Israele, ma piuttosto tu insieme con la tua famiglia, perché avete abbandonato i comandi del Signore e tu hai seguito Baal. Su, con un ordine raduna tutto Israele presso di me sul monte Carmelo insieme con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e con i quattrocento profeti di Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele”. Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: “Fino a quando zoppicherete con i due piedi? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!”. Il popolo non gli rispose nulla. Elia aggiunse al popolo: “Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!”. Tutto il popolo rispose: “La proposta è buona!”. Elia disse ai profeti di Baal: “Sceglietevi il giovenco e cominciate voi perché siete più numerosi. Invocate il nome del vostro Dio, ma senza appiccare il fuoco”. Quelli presero il giovenco, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: “Baal, rispondici!”. Ma non si sentiva un alito, né una risposta. Quelli continuavano a saltare intorno all’altare che avevano eretto. Essendo già mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: “Gridate con voce più alta, perché egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglierà”. Gridarono a voce più forte e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliono offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna voce né una risposta né un segno di attenzione. Elia disse a tutto il popolo: “Avvicinatevi!”. Tutti si avvicinarono. Si sistemò di nuovo l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei discendenti di Giacobbe, al quale il Signore aveva detto: “Israele sarà il tuo nome”. Con le pietre eresse un altare al Signore; scavò intorno un canaletto, capace di contenere due misure di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: “Riempite quattro brocche d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!”. Ed essi lo fecero. Egli disse: “Fatelo di nuovo!”. Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: “Per la terza volta!”. Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta si avvicinò il profeta Elia e disse: “Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose per tuo comando. Rispondimi, Signore, rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore Dio e che converti il loro cuore!”. Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: “Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!”. Elia disse loro: “Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi uno!”. Li afferrarono. Elia li fece scendere nel torrente Kison, ove li scannò» (1Re 18,16ss).
Nel volgere di un breve istante l’intero Popolo di Israele abbandona gli idoli e torna con tutto il cuore a credere nell’Unico Vero Dio! Che vittoria strepitosa, che giornata memorabile, che successo strabiliante: da allora la benedizione e la consacrazione scesero su quel luogo che ancor oggi è un Monte Santo. È commovente considerare come il Signore pur di riportare il suo Popolo (completamente sbandato) alla fede si “abbassa” ad accettare una “singolar tenzone” con degli spregevoli idoli che altro non rappresentano che dei demoni.
Certamente in questa Sua decisione molto ha influito la fede, la perseveranza e la caparbietà di Elia. La sua preghiera di intercessione, il suo grido stentoreo verso il Cielo affinché tornasse sulla terra la testimonianza della Maestà di Dio sono rimasti scolpiti nella Sacra Scrittura. Comunque Elia si rende conto che c’è stata l’auspicata conversione e implora Dio con ardore di far cessare il castigo della siccità e della carestia.

Come tornò la grazia sul Popolo eletto

«Elia disse ad Acab: “Su, mangia e bevi, perché sento un rumore di pioggia torrenziale”. Acab andò a mangiare e a bere. Elia si recò alla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la faccia tra le proprie ginocchia. Quindi disse al suo ragazzo: “Vieni qui, guarda verso il mare”. Quegli andò, guardò e disse: “Non c’è nulla!”. Elia disse: “Tornaci ancora per sette volte”. La settima volta riferì: “Ecco, una nuvoletta, come una mano d’uomo, sale dal mare”. Elia gli disse: “Va’ a dire ad Acab: attacca i cavalli al carro e scendi perché non ti sorprenda la pioggia!”. Subito il cielo si oscurò per le nubi e per il vento; la pioggia cadde a dirotto. Acab montò sul carro e se ne andò a Izrèel. La mano del Signore fu sopra Elia che, cintosi i fianchi, corse davanti ad Acab finché giunse a Izrèel» (1Re 18,41ss). Così tornò la Grazia, la Pace e la prosperità sul Popolo eletto.
I primi Padri della Chiesa e poi l’intera Teologia unanimemente hanno intravisto in questa singolare vicenda una meravigliosa analogia mariana.
Consideriamo l’umanità decaduta dopo il peccato originale: era sbandata e senza riferimento spirituale né più né meno che i sudditi di Acab in preda all’idolatria. Satana la dominava in modo spietato, c’era impellente bisogno che la Misericordia di Dio realizzasse finalmente il meraviglioso progetto della Redenzione: la terra era assetata di Grazia così come il terreno della Palestina desiderava l’acqua dopo tre anni e mezzo di siccità. La Creazione intera gemeva aspettando quella “pienezza del tempo” (Gal 4,4) che sembrava non arrivare mai. Don Dolindo Ruotolo così commenta questa pericope biblica: «Ecco, una nuvoletta come il piede di un uomo saliva dal mare. La nuvoletta era Maria, donata al mondo dalla misericordia di Dio, dal mare, per dare alla terra l’Uomo-Dio. La nuvoletta era Maria, nella divina fecondità, che attirava sulla terra il Dio fatto uomo, perché la calcasse e la redimesse... Nella sublimità di questo simbolo, di questa figura, [Elia] intravide la misericordia del flagello che finiva... e fa cessare la siccità che aveva il mondo per il peccato... Questa piccola nube, immacolata e purissima, dette il Redentore che, per il Sacrificio del Calvario, inondò la terra di grazia, riconciliando l’uomo con Dio» (Commento alla Sacra Scrittura - Primo Libro dei Re).
Per completare il parallelismo Elia rappresenta tutti i Profeti e i Santi del Popolo di Dio che hanno invocato l’Avvento del Messia. Per questo motivo, anche se la vicenda è temporalmente collocata molto prima della nascita di Maria Santissima il Monte Carmelo è diventato Monte consacrato alla Madonna.
Nel Medioevo, grazie all’ordine Carmelitano, il monte Carmelo diventò sinonimo di luogo mariano d’elezione, e la conferma della validità di tale devozione la ottenne san Simone Stock quando ricevette dalle mani della Vergine lo Scapolare fonte di tante grazie e miracoli.
Per una singolare coincidenza anche nell’ordine fisico esiste un fenomeno che possiamo definire “Una- nuvoletta-che-cambia-il-mondo”: infatti nella scienza metereologica è assodato che, a causa della forma particolare che possiedono le equazioni matematiche che governano la termodinamica dell’atmosfera, è sufficiente una “nuvoletta” (o se si vuole “un battito d’ali di una farfalla”) per cambiare drasticamente l’andamento del tempo dall’altra parte del mondo! Il fenomeno è noto come “sensibilità” alle condizioni iniziali.
Ebbene l’Immacolata è quell’elemento umilissimo, piccolissimo, poco appariscente, quasi inavvertibile agli occhi degli uomini, che con il suo fiat ha cambiato le sorti dell’umanità intera di tutti i tempi! Potenza di Dio l’Altissimo il quale «resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia» (Gc 4,6).

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