SPIRITUALITÀ
Dimenticarsi per le anime
dal Numero 34 del 10 settembre 2023
di Aurora De Victoria /14

Santa Teresina c’insegna che Gesù vuole che la salvezza delle anime dipenda dai nostri sacrifici. Zelare la loro salvezza, sacrificarsi per ottenere ad altri grazia: questo è il vero amore. 

«“Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” – chiese a Gesù un dottore della Legge –. Gli rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”» (Mt 22,36-40).

Quello della carità è il più grande comandamento. Amare Dio e amare il prossimo non sono due cose diverse, né due aspetti della carità: formano una tale unità, che non può esservi l’uno senza l’altro, e l’uno rivela e misura l’altro. «Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20), afferma san Giovanni apostolo. E difatti la vita dei santi ci insegna precisamente che chi ama Dio ama svisceratamente il prossimo, perché fatto a immagine di Dio, reso nostro fratello nel santo Battesimo, membro dello stesso Corpo mistico di cui facciamo parte, unito quindi a noi da vincoli soprannaturali, che sono molto più forti dei vincoli naturali, perché sacri: siamo fratelli nel Sangue di Cristo. E per quanto riguarda i non battezzati? Seppure non legati ancora da questi vincoli, non essendo essi figli di Dio – solo il Battesimo imprime questo carattere –, tuttavia essi sono sue creature, chiamati anch’essi ad entrare a far parte di questa famiglia sacra. Dio lo vuole e questo ci basta ad amarli intensamente, desiderando e zelando la loro adesione all’unico vero Dio, alla sua Chiesa Cattolica, perché è naturale amare tutto ciò che la Persona amata ama.

Ebbene, abbiamo già visto che “amare” ha un significato molto profondo che non può limitarsi all’operare un bene esteriore soltanto. È Gesù che ci insegna ad amare. Lui, che ha detto al dottore della legge: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mt 22,39), ai suoi discepoli, durante l’Ultima Cena, dice qualcosa di più: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). 

Come ci ha amati Gesù? Dando tutto il suo Sangue per noi, fino all’ultima stilla; bevendo il calice della Passione fino alla feccia; morendo sulla Croce, rinnegato, desolato, oltraggiato, quasi squarciato... questa è la misura dell’amore: Come Lui... e come Lei, la Madre Corredentrice, in tutto unita al Sacrificio del Figlio, dal “Fiat” dell’Annunciazione al “Fiat” della Passione e oltre. 

Perché un amore-sacrificio? Perché, se crediamo alla Vita eterna, alla realtà soprannaturale che sovrasta, permea e anima le nostre vite terrene, allora crediamo che c’è qualcosa di più del corpo e della corporeità, quindi se amare significa “volere il bene” di chi si ama, il bene supremo da cercare è quello spirituale, quello che dona la felicità eterna: la salvezza dell’anima e la santificazione. 

Ogni vero bene ci deriva dalla grazia di Dio, la quale si ottiene con la preghiera e con il sacrificio. Sono tutte realtà soprannaturali, ma assolutamente vere e iscritte nelle nostre coscienze, benché si cerchi di offuscarle. L’amore vero consiste dunque nel “dare il proprio sangue” – solitamente in senso spirituale, soprannaturale – per chi si ama: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13).

Soffrire dunque per le anime: offrire per loro le sofferenze che la vita ci offre; offrire attivamente sacrifici volontari (i cosiddetti “fioretti” o mortificazioni) per le anime; dimenticarsi per le anime.

Questo amore alle anime consola immensamente Gesù. «Sento che Gesù vuole che io ti dica questo – scrive santa Teresina alla sorella Celina – [...], la nostra missione è di dimenticarci, di annullarci... Siamo così poca cosa! E tuttavia Gesù vuole che la salvezza delle anime dipenda dai nostri sacrifici, dal nostro amore: viene da noi a mendicare anime!» (LT 96). [1] 

Quando non era ancora carmelitana, accadde alla piccola Teresa un fatto particolare: «Una domenica, guardando una immagine di Nostro Signore in Croce, fui colpita dal sangue che cadeva da una mano sua divina. Provai un dolore grande pensando che quel sangue cadeva a terra senza che alcuno si desse premura di raccoglierlo; e risolsi di tenermi in spirito a piè della Croce per ricevere la divina rugiada, comprendendo che avrei dovuto, in seguito, spargerla sulle anime... Il grido di Gesù sulla Croce mi echeggiava continuamente nel cuore: “Ho sete!”. Queste parole accendevano in me un ardore sconosciuto e vivissimo... Volli dare da bere all’Amato».

«Ho sete!»... Sono le parole pronunciate da Gesù sulla Croce, immerso in dolori e nell’agonia più atroce... Egli le rivolge anche a noi. Gesù ha sete del nostro amore, della nostra corrispondenza e dell’amore e della corrispondenza di tutte le anime, che noi dobbiamo aiutarlo a conquistare.   

A Fatima abbiamo una scuola sull’importanza e il valore del sacrificio per le anime. Prima ancora delle apparizioni della Madonna, colui che si sarebbe poi rivelato come l’Angelo del Portogallo apparso ai Pastorelli veggenti – Lucia, Francesco e Giacinta – aveva assicurato loro: «I Cuori di Gesù e di Maria stanno attenti alle vostre suppliche» (Memorie, I, p. 149), e raccomandò: «Pregate! Pregate molto! I Cuori di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia. Offrite costantemente all’Altissimo orazioni e sacrifici» (ivi, I, p. 150).

«Come dobbiamo sacrificarci?», hanno chiesto. «Di tutto quello che potete, offrite un sacrificio in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori. [...] Soprattutto, accettate e sopportate con sottomissione le sofferenze che il Signore vi manderà» (ibidem).

Nell’apparizione del 13 luglio 1917, poi, la Madonna chiese loro: «Sacrificatevi per i peccatori e dite molte volte, specialmente ogni volta che fate qualche sacrificio: O Gesù, è per amor vostro, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria» (ivi, I, p. 160). E il 13 agosto, rinnovando la raccomandazione di compiere sacrifici per i peccatori, disse loro che «molte anime vanno all’inferno, perché non c’è chi si sacrifichi e interceda per loro» (ivi, p. 165).

La risposta agli appelli della “Bianca Signora” da parte dei tre Pastorelli – che avevano, pensate bene, 10, 9 e 7 anni – fu immediata e generosa. Da allora fu, tra di loro, una “nobile emulazione” e uno sprone reciproco nell’offerta di quanti più sacrifici possibili per le anime, pronti davvero a dimenticarsi pur di ottenere grazie e scampare molte anime alla perdizione eterna.

Un giorno Giacinta, durante il pascolo, scorse dei poverelli che si aggiravano per i campi. «Diamo la nostra merenda a quei poveretti, per la conversione dei peccatori?» e senza attendere risposta, quasi volò a compiere il suo sacrificio!

Un giorno in cui avevano offerto nuovamente la loro merenda ai poveri, Lucia sorprese Giacinta a cibarsi di ghiande di querce e di olive: «Non mangiare quella roba, che è tanto amara!», la riprese Lucia. Ma Giacinta lo sapeva...: «Proprio perché è amara la mangio, per convertire i peccatori».

Decisero di regalare sempre la loro merenda. Offrivano spesso il sacrificio di non soddisfare subito la sete; presero a ridurre e privarsi dei giochi in favore della preghiera; offrivano sempre generosamente le prove cui erano sottoposti anche dalle autorità civili, incredule di fronte ai racconti delle apparizioni mariane; Giacinta si privò del piacere del ballo, per offrire un sacrificio, e, quando non le era possibile fuggire i colloqui e le domande dei molti curiosi di sapere qualcosa di più sui fenomeni soprannaturali dei quali erano protagonisti, offriva il sacrificio di ascoltare con pazienza e rispondere alle domande cui poteva.

Alla luce di questi esempi, di fronte alla maturità spirituale di tre bambini così piccoli, dovremmo chiederci: perché non posso fare anch’io lo stesso? Si tratta di sacrifici alla portata di tutti, “piccoli”, potremmo dire, eppure contengono un grande valore, perché sono in grado di procurarci una seria mortificazione, che costa non poco alla natura.

Anche su di noi i Cuori di Gesù e di Maria hanno “disegni di misericordia”: ci permettono e ci chiedono di collaborare alla loro missione redentiva di salvezza universale delle anime, utilizzando questi mezzi semplici ma altissimi, che, al contempo, hanno la proprietà di santificare la nostra stessa anima.

Come non corrispondere, al pari dei Pastorelli, “immediatamente e generosamente”?

Amiamo le anime dei peccatori e “dimentichiamoci” per esse!  

 

Nota

1) Le sigle utilizzate in questo articolo sono le seguenti. LT: Lettere, in santa Teresa di Gesù Bambino, Opere complete (LEV, 1997), seguita dal n. della lettera.

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