SPIRITUALITÀ
«Tutto il Paradiso è nell’anima tua...»: l’incontro tra san Pio e don Dolindo
dal Numero 42 del 13 novembre 2022
di Aurora De Victoria

Nella ricorrenza del dies natalis (19 novembre) del sacerdote napoletano Dolindo Ruotolo, del quale Casa Mariana Editrice cura gli scritti, ricordiamo il primo incontro che il Servo di Dio ebbe con il Santo del Gargano: incontro ricco di grazia e di speranze. 

Il servo di Dio Dolindo Ruotolo è un nome ormai noto in Italia come all’estero. Sacerdote napoletano di provata virtù e sapienza, non poteva non conquistare l’affetto e la stima di san Pio da Pietrelcina, suo contemporaneo. 
Nel periodo in cui la virtù di don Dolindo fu pigiata nel torchio di una dura prova purificante che affrontò con commovente eroismo, le sue figlie spirituali si recarono a San Giovanni Rotondo, per chiedere preghiere al Santo del Gargano, il quale le aveva assicurate sulla santità dell’opera apostolica avviata da don Dolindo, cui esse prestavano il loro umile e devoto servizio. 
È probabile, ma non certo, che i due abbiano avuto qualche scambio epistolare in precedenza, ma il loro primo incontro accertato avvenne il 16 ottobre del 1953. Il vescovo di Campagna, mons. Giuseppe M. Palatucci, era malato di polinevrite e artrosi in stadio avanzato, ed era ricoverato nell’ospedale di San Gennaro extra Moenia a Napoli. Don Dolindo andava spesso a trovarlo, e in una di queste visite i due parlarono di padre Pio. In questa conversazione don Dolindo espresse il suo desiderio di incontrarlo, ma la cosa risultava molto difficile: la distanza era considerevole, e lui aveva quotidianamente un impegno fisso dovendo svolgere una predica ogni pomeriggio alle ore 18.00. Volendo realizzare questo pio e santo desiderio, il vescovo propose di organizzare egli stesso il viaggio per don Dolindo, assicurandogli che sarebbe stato accompagnato in auto per tornare a casa in giornata, così da poter espletare il suo impegno giornaliero.
Lieto dell’invito, cosa fece l’umilissimo don Dolindo? Ritenendosi indegno di trovarsi di fronte ad un santo, cominciò a prepararsi all’atteso incontro con preghiere e penitenze speciali, sottraendo il tempo al già parco sonno che si concedeva, di solito reso anche meno piacevole dal freddo che volontariamente si procurava, lasciando le finestre aperte anche d’inverno, per offrire un “piccolo” fioretto a “Gesù buono”. 
Cosa avrebbe detto don Dolindo a padre Pio? Cosa gli avrebbe chiesto? Era per lui un grande onore trovarsi di fronte ad un santo della portata di san Pio, un uomo completamente trasfigurato nel Crocifisso del Calvario, vero sacerdote di Cristo in pienezza. Ai piedi di questo “alter Christus” don Dolindo voleva gettare la sofferenza che da più di sedici anni lo provava nell’intimo, causatagli dalla stessa Chiesa. Voleva chiedere allo Stigmatizzato se questo suo dolore sofferto e offerto, continuando ad amare quella Madre Chiesa che lo percuoteva ignara dell’innocenza del Servo di Dio, era gradito al Signore, oppure egli lo aveva offeso e tutto questo non era che il giusto castigo divino. 
Ma lasciamo che sia lo stesso don Dolindo a raccontare il suo viaggio e incontro con il Santo del Gargano.
«Desideravo conoscerlo di persona, non per una vana curiosità, ma per attingere da lui almeno qualche raggio di quella luce che splendeva nell’anima sua. Egli pure mi aveva più volte fatto esprimere il desiderio di conoscermi di persona. Perché? Mi sapeva tribolato e voleva confortarmi? Non so dirlo, ma lo intuivo. Certo, sono tanto misero e nulla, che non potevo suscitare in lui il desiderio di conoscermi. Mi si dette intanto l’occasione d’incontrarlo, poiché monsignor Palatucci, vescovo di Campagna, mi invitò ad accompagnarlo dal padre Pio che egli voleva visitare. Per me quell’invito fu una gioia, pur avendo a Napoli impegni di predicazione che mi rendevano difficile allontanarmi dalla città. Sua Eccellenza dispose così le cose da rendermi possibile il ritorno a Napoli per l’ora nella quale dovevo predicare. Stabilì di partire alle 4 del mattino. Vi andai con due precisi desideri, dei quali non parlai a nessuno: domandargli luce sul mio cammino sacerdotale e sulle conseguenti tribolazioni nelle quali ero passato, e domandargli qualche cosa benedetta da lui, per gl’infermi che io confortavo. Per me volevo luce nel mio cammino per assicurarmi se ero stato o ero un illuso o un sognatore date le penose contraddizioni che avevo subito e che subivo nel mio apostolato e nelle opere che pubblicai con le debite approvazioni, per il bene delle anime. Allora infieriva il modernismo come infierisce forse di più oggi, nonostante la precisa condanna del santo papa Pio X, e nonostante le accorate proteste del papa Paolo VI.
Giungemmo a San Giovanni Rotondo alle 8.00. Padre Pio era al confessionale. Celebrai la Messa e dopo il padre guardiano volle offrirmi in refettorio il caffè. Domandai quale era il posto del padre Pio nel refettorio, e detti un bacio su quella tavola che raccoglieva il profumo delle sue penitenze. Il guardiano trasse dal tiretto del padre Pio due tarallini che vi trovò e li offrì a noi. Pensai subito di farli benedire dal padre Pio per gli infermi. Il vescovo volle andare sul Gargano per visitare il Santuario di San Michele. Ritornammo verso mezzogiorno. Era impossibile in quell’ora, nella quale i frati andavano a pranzo, incontrarci col padre Pio. Ma io andai a picchiare alla sua stanza per pregarlo di ascoltarci allora, prevedendo che dopo non sarebbe stato possibile. La presenza del vescovo lo indusse ad ascoltarci allora stesso. Io attendevo fuori la stanza. Dopo si doveva andare in refettorio. M’incontrai col padre Pio, e lo supplicai di ascoltarmi. Si meravigliò di vedermi vecchio con la chioma imbiancata per l’età e mi disse scherzando: “Ti sei imbiancato, t’è caduta la neve sul capo?”. Parlava così perché mi conosceva spiritualmente nell’anima, perciò soggiunse: “Ma l’anima è sempre giovane!”... Poi alla mia domanda di confessarmi per avere luce, mi disse: “Non c’è bisogno, sei tutto benedetto!”. Alla domanda che volevo fargli sul mio cammino doloroso, provocato dai modernisti, rispose leggendo il mio pensiero: “Che ne vuoi sperare figlio mio”, e con gesto significativo della mano, soggiunse in dialetto: “Chille tènerie chélla capa... [Quelli hanno quella testa...]”. Poi mi abbracciò e mi benedisse. Dopo il refettorio, ci recammo con i frati e col padre Pio nel corridoio a modo di ricreazione. Il guardiano, scherzando, disse al padre Pio: “Vi debbo accusare il padre Dolindo, perché mi ha fatto fare un furto nel vostro tiretto”. Io infatti l’avevo pregato di prendervi un altro tarallino per farlo benedire. Dissi allora al padre Pio: “Permettete che vada io a farvi altri... furti?”. Ed egli: “Va’, e prendi quello che vi trovi!”. Soggiunsi: “Ma io voglio che me li benediciate voi”. Rispose con mirabile intuizione: “E come, non hai capito che dalle 4, ora della tua partenza da Napoli, vi ho posto tante cose per i tuoi infermi, e vi ho posto i ceci con i tarallini, perché tu potessi darne un poco a ciascuno? E ho benedetto ripetutamente tutto per fecondare il tuo desiderio”. Egli non sapeva né della partenza del vescovo e mia da Napoli, alle 4, né del viaggio che era diretto a lui, né tanto meno del mio desiderio per gl’infermi. Evidentemente parlava per luce soprannaturale, rispondendo a quello che non avevo confidato a nessuno. Dovemmo licenziarci, perché dovevo trovarmi a Napoli per la predicazione, e gli domandai la benedizione. Egli rispondendo al mio pensiero sull’Opera di Gesù, sorridendo mi disse: “Ma tu sei avido di benedizioni! Tu non ti sazi mai!”. E abbracciandomi, e stringendomi al suo cuore mi disse, rassicurandomi sul percorso passato della mia vita, sul presente e anche sul futuro, mi disse in tono enfatico, innanzi ai frati che lo circondavano: “Ascoltami bene! Tutto il Paradiso è nell’anima tua, c’è stato sempre, c’è e ci sarà per tutta l’eternità”. E mi baciò con profondo affetto che mi commosse, avanti a tutti. I frati stessi rimasero sorpresi dei gesti e del linguaggio, tanto che mi chiesero: “Ma voi avete capito che cosa vi ha detto padre Pio? È mirabile, ma che cosa ha voluto dirvi?”. Egli rispondeva allo scopo principale per il quale ero andato da lui, rassicurandomi che ciò che si era svolto nella mia povera vita travagliata, ma piena di tanti avvenimenti, era volontà divina. Non ero un illuso, dunque, il mio cammino era dato da Dio, lo era e mi portava all’eterna salvezza. Nel mio cuore non feci che umiliarmi, giacché non vedevo e non veggo in me, altro che nullità e miseria».
Questo il meraviglioso racconto di don Dolindo, l’incontro con san Pio che aveva invaso di una gioia intima e profonda il cuore del Servo di Dio, avido di luce e della pace di trovarsi nel santo volere di Dio, nel suo amore, nella sua grazia. 
È così che un santo ridonò la pace ad un altro santo. Don Dolindo proseguì con fervore e amore la sua vasta opera apostolica, con la sicurezza ormai di essere caro a Gesù, nonostante le numerose persecuzioni da parte degli uomini. Con la sua fedeltà e perseveranza, oggi abbiamo una stella in più nello sterminato cielo dei santi, nonché una splendida opera di commento alla Sacra Scrittura, che ci permette di riflettere e meditare sulla Parola divina e sulla vita di Gesù, come anche tanti altri testi di solida spiritualità da lui scritti e pubblicati con zelo molto edificante. 
Grato alla santità di padre Pio, questo fu il pensiero-ricordo lasciato da don Dolindo sul libro dei visitatori del convento di San Giovanni Rotondo: «16 ottobre 1953. Ho visitato oggi il padre Pio, e ho tanto ringraziato Gesù di avermelo fatto incontrare. Il Signore ha acceso questa grande luce nella Chiesa e il Signore la faccia risplendere, per disingannare e salvare tante anime. Grazie, Gesù. Grazie, o Mamma mia Maria! Il povero sac. Dolindo Ruotolo (sac. Dain Cohenel)».
Mentre scriveva queste parole, don Dolindo non supponeva minimamente che anche lui, con la sua vita e con il suo esempio, sarebbe stato “una grande luce nella Chiesa per salvare tante anime”, che oggi apprezzano e cercano con avidità la sua parola illuminata e vivificante. 
 

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