SPIRITUALITÀ
Pio XII: “Il Papa di Gesù vivo”
dal Numero 37 del 9 ottobre 2022
di Paolo Risso

A 64 anni dalla morte del venerabile Pio XII, vogliamo ricordare la sua figura di sacerdote e di Sommo Pontefice ieratica e maestosa. Uomo veramente di Dio, sapeva trasmettere la sacralità del suo ruolo e della sua persona tutta trasfigurata nel Cristo. 

Fin da bambino, Paolo era sempre stato credente. La sua mamma e il suo papà avevano avuto di lui una cura speciale, vero privilegio da parte di Dio. Nella povera vecchia casa di campagna, era cresciuto custodito nel suo piccolo mondo antico, illuminato dal Crocifisso. A ogni capriccio, la mamma gli indicava Gesù sofferente alla parete della cucina: «Piccolo mio, Gesù è morto in Croce per noi – per te – amalo tanto».
Pur nel suo nulla, si distingueva dagli altri per la fede, per lo studio e la limpidezza della vita. Attorno agli 11-12 anni, Paolo era già un adolescente, buono senza dubbio, ma più per il sostegno dei suoi, che per scelta personale, consapevole e voluta. In mezzo a tanti pericoli di compagni e di voci stonate, aveva bisogno che la sua coscienza si svegliasse e imprimesse una svolta alla sua vita.
Il 9 ottobre 1959, un venerdì, prima della scuola, alle sette del mattino, il ragazzino andò a confessarsi dal suo parroco, don Renato, colui che lo aveva educato, insieme ai suoi genitori e alla maestra delle elementari, all’amicizia con Gesù. Al termine della Confessione, don Renato gli domandò: «Perché stamattina sei venuto a confessarti?... Perché? Puoi dirmelo?».
Paolo gli rispose: «Oggi è il primo anniversario della morte di papa Pio XII, e io sono venuto a confessarmi – e ora sentirò la Messa e farò la Comunione – per lui, per ricordarlo come merita». Don Renato rimase di stucco, quasi si commosse: «Bravissimo – gli disse –, non potevi fare cosa più grande per Pio XII. Io l’ho visto, ho partecipato alla sua Messa; si vedeva che trattava davvero con Gesù. E gli ho pure parlato. Un santo. Ebbene, non temere, Pio XII dal Paradiso ti aiuterà sempre nella vita, ti farà delle grandi grazie».
Don Renato aprì il breviario ed estrasse un’immagine bellissima di Pio XII in preghiera. «Guarda come pregava – disse consegnando l’immagine al ragazzo –, non si è messo in posa per farsi fotografare. Ma pregava così, intensamente, come se dicesse a Gesù: “A noi due”. Conserva questa immagine e prega anche tu così».
Ai vespri della domenica 25 ottobre 1959, festa di Cristo Re, don Renato intonò possente: «Te sæculorum Principem, / te Christe, Regem gentium, / te mentium, te cordium / unum fatemur arbitrum! [Te, Principe dei secoli, / te, o Cristo, Re delle genti, / te delle menti e dei cuori / riconosciamo unico Governatore]». Paolo amerà sempre la festa di Cristo Re, perché Lui deve regnare: ovunque! Era quella la prima, la più grande grazia da parte del venerabile Pio XII.

«Lui solo!»

Già, Pio XII... si chiamava Eugenio Pacelli ed era nato a Roma il 2 marzo 1876. I Padri Filippini della Chiesa che frequentava erano soliti vederlo tutti i giorni, piccolo bambino, inginocchiato davanti al tabernacolo, a colloquio con Gesù, tutto proteso come un piccolo angelo verso il suo Signore. Si entusiasmava – tutti i biografi lo dicono – ad ascoltare i racconti di vita missionaria che uno zio sacerdote, reduce dall’America latina, gli narrava, e che lui commentava così: «Anch’io voglio dare la mia vita per Gesù».
E chi può aver orientato alla consacrazione totale a Dio questo giovane patrizio romano che amava l’equitazione e la musica, che qualche bel volto femminile già guardava con ammirazione, se non un amore intenso e ardente a Gesù Cristo, l’unico capace di spingerlo ad ogni sacrificio? Abbiamo soltanto un rammarico, che non si sia, o che non sia mai stato pubblicato (se c’è), un diario che testimoni e riveli il suo straordinario rapporto con Dio, la sua “vita a due” con Gesù: a dirlo bastano però i temi svolti in classe al ginnasio-liceo Ennio Quirino Visconti.
Già avviato grazie al suo lavoro presso la Segreteria di Stato, appena dopo la sua ordinazione sacerdotale (1899), verso una “bella carriera” (se così si può dire) nella Chiesa, a chi se ne complimentava, rispondeva: «Ma io mi sono fatto prete solo per un grande ideale di preghiera!». Basta questo a dire tutto. Così viva e profonda doveva essere la sua intimità con Gesù, che persino nell’aspetto esteriore ne era trasformato, come testimoniano i singoli e le folle che l’hanno avvicinato.
Nunzio apostolico in Baviera, dopo la sua consacrazione episcopale (13 maggio 1917, mentre la Madonna appariva a Fatima), una religiosa chiese di parlargli per confidargli le pene che si portava dentro. Qualche giorno dopo la suora dirà: «Non posso esprimere quanto io sia felice. Il nunzio non mi ha mai interrotta; ascoltava e taceva, tenendo gli occhi bassi e quando sono arrivata alla fine, è rimasto un attimo in silenzio... e mi ha detto: “Cara sorella, non sarà forse che le sue sofferenze dipendono anche dal fatto che lei pensa solo a se stessa, invece di pensare a Lui, a Gesù, al quale ha consacrato tutta la sua vita?”. Quindi si è alzato, mi ha teso la mano con un sorriso, mi ha benedetta dicendomi: “Cerchi solo Lui, Gesù, cui appartiene tutto il suo essere. La sua vita diverrà, anche nella sofferenza, nella malattia e nel bisogno, un’unica gioia!».
Qualche tempo dopo, trasferito a Berlino, mons. Eugenio Pacelli era solito recarsi ogni giorno a passeggiare nel parco della città. Un giorno, un bambino, che egli aveva già altre volte notato, lo salutò con la mano, gli si avvicinò, lo osservò da capo a piedi e gli disse: «Ma tu chi sei? Sei così diverso dagli altri uomini, sei così fine, e hai degli occhi tanto belli! Sei forse il buon Dio?». A tal punto era arrivata la sua immedesimazione con Gesù: era stato “cristificato”, divinizzato, così che a chi lo guardava, appariva come una rivelazione di Dio. E ancor più, così apparve al mondo quando fu chiamato, il 2 marzo 1939, a essere il Vicario di Cristo, il Santo Padre Pio XII.

Familiarità fino alla visione

Da allora, nel suo altissimo magistero, dove non si trova neppure un cenno a se stesso, le pagine più toccanti sono quelle in cui illustra (perché lo ha sperimentato) la vita di intimità con Gesù, che sboccia, anche nel più umile cristiano, dalla grazia santificante, la vita divina, la vita della Santissima Trinità nell’anima. Difensore e custode della verità, come dev’essere il papa, egli sa che il centro di tutto è Gesù Cristo. “Jesus inhabitans”, Gesù che abita nel cuore del battezzato, sempre in crescita per mezzo della santa Eucaristia e della ricerca della perfezione della carità: Gesù in noi.
La sua “familiaritas stupenda nimis [familiarità straordinaria]” con il divino Maestro toccò il suo culmine già sulla terra, durante i giorni di malattia, la notte tra il 1° e il 2 dicembre 1954; dopo aver pregato con le invocazioni a lui assai care: «Anima Christi, sanctifica me [...]. In hora mortis meæ voca me, [...] et iube me venire ad te [Anima di Cristo, santificami [...]. Nell’ora della mia morte chiamami, [...] e fa’ che io venga a te]», ad un tratto, Gesù in persona venne a colloquiare con lui, il suo Vicario. L’indomani, il Papa apparve radioso. «Che c’è, Santità?», gli domandò suor Pascalina, portandogli la colazione. Rispose: «Lì, dove sta lei ora, poco fa c’è stato il nostro Redentore, Gesù!». Quella mattina si alzò guarito. Poté riprendere le udienze, gli incontri, le attività, la dedizione a tutta la Chiesa.
Scostante, lontano? Affatto, anzi così vicino come padre e confidente, che molti durante le udienze gli chiedevano di confessarsi da lui. Allora arrivava tardi a pranzo, felice non solo di aver tenuto splendidi discorsi, ma di aver riconciliato le anime con Dio. Spiegava: «Anch’io sono sacerdote e stamane ho fatto il confessore». Vero e attuale esempio per i preti d’oggi. Colui del quale, Von Hertling, ministro degli esteri tedesco, diceva: «Quel Pacelli vale più di un’armata!», era prima di tutto uno che “dava del tu” a Gesù (un tutoyeur de Dieu!) e viveva faccia a faccia con Lui già su questa terra, e invitava tutti a seguirlo con fedeltà eroica, come quando a giovani e ragazze consacrati a Dio (Movimento Oasi) il 23 novembre 1952, disse: «Oggi è il tempo dell’eroismo e della dedizione completa. Fate di Gesù la vostra vita; trasformatevi in Lui, fate che Egli viva nel mondo, servendosi della vostra vita». 
Morì la mattina del 9 ottobre 1958, quando avevo 11 anni. Ne soffrii come se fosse mancato il mio papà: era stato il Papa della mia fanciullezza, di lui già volevo sapere tutto e ritagliavo le sue immagini da riviste e giornali. Divenuto adulto, professore di scuola, lessi quasi tutte le sue biografie e gran parte dei suoi discorsi raccolti in venti volumi. Pio XII, oggi a 64 anni dalla sua morte, è ancora il mio maestro e il mio modello altissimo di vita, soprattutto di “vita a due” con Gesù, di “sequela Christi” e di trasfigurazione in Gesù. In una parola: “Il Papa di Gesù vivo”.  

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