SPIRITUALITÀ
“Adorazione”. Intervista a Padre Serafino Tognetti
dal Numero 22 del 6 giugno 2021
a cura di Nicodemo Piccoli

“Nell’adorazione il soggetto è Dio, non l’uomo. È Dio che si comunica all’anima, ma l’uomo deve accoglierlo, e per accoglierlo deve fare spazio. Dio è il soggetto, io l’oggetto del suo amore. L’adorazione non è staticità, ma un venire di Dio”.

È appena uscito un libro di padre Serafino Tognetti, dal titolo “Adorazione”. Un testo, come si può facilmente intuire, che tratta dell’adorazione eucaristica. Padre Tognetti è un monaco, membro della Comunità monastica fondata da don Divo Barsotti, un uomo quindi abituato alla vita contemplativa e all’adorazione eucaristica. Il testo presenta diversi spunti piuttosto singolari. Abbiamo quindi raggiunto padre Serafino per intervistarlo sul tema, ponendogli alcune domande.

Padre, lei ha scritto diversi testi di spiritualità, sui Sacramenti, sui santi, sulla Vergine Maria. Il suo ultimo lavoro è sull’adorazione eucaristica, un tema oggi un po’... fuori moda. Ci vuole spiegare le motivazioni della sua scelta?
La Chiesa di Cristo non conosce mode. Gli orientamenti variabili fanno parte del mondo e dello spirito del mondo. San Paolo stesso sente il bisogno di precisare ai suoi discepoli di avere trasmesso loro quello che a sua volta aveva ricevuto. Si tratta quindi di un “depositum fidei” che viene trasmesso di generazione in generazione nella Chiesa, come blocco unitario, e che non è soggetto a variazioni. Nel deposito vi è anche l’atteggiamento dell’uomo davanti a Dio, che è quello dell’adorazione. Ho voluto quindi vedere questo atto fondamentale della vita del battezzato nella sua accezione più profonda, in particolare con gli approfondimenti e insegnamenti di don Divo Barsotti.

Don Barsotti ha portato o detto qualcosa di nuovo su questo aspetto della vita spirituale?
Per don Barsotti l’adorazione eucaristica era un tutt’uno con la celebrazione dell’Eucaristia, quasi come un suo prolungamento nel tempo, nella giornata. La Messa è la partecipazione all’atto di morte e risurrezione del Cristo; una volta ricevuto il Signore nel Sacramento, l’uomo torna alle sue abituali occupazioni, ma non svanisce in lui la divina presenza del Signore Risorto (se l’uomo non pecca, si capisce). Tutta la giornata allora diventa attenzione alla divina presenza di Cristo in noi, adorazione intima e silenziosa nel nostro cuore, ravvivata di tanto in tanto da preghiere vocali, che non fanno altro che manifestare quella vita nuova in Cristo che abbiamo ricevuto nei Sacramenti. Per altro, poi, nella nostra giornata di monaci vi è anche un’ora al giorno nella quale in chiesa facciamo adorazione silenziosa davanti al Santissimo Sacramento.

Come vivete questa ora di preghiera silenziosa?
La risposta è insita nella domanda: stiamo in silenzio. Nell’adorazione il soggetto è Dio, non l’uomo. È Dio che si comunica all’anima, ma l’uomo deve accoglierlo, e per accoglierlo deve fare spazio. Dio è il soggetto, io l’oggetto del suo amore. Naturalmente non sento parole come quelle che si odono quando una persona mi parla. Non sento niente, faccio solo spazio, entro nel silenzio. L’adorazione indica e riconosce la presenza del Signore dentro di noi e al tempo stesso la nostra umiliazione. Adorare vuol dire essere salvati da Dio, sopraffatti da Lui e salvati. L’adorazione non è staticità, ma un venire di Dio. Sembra tutto fermo, in chiesa, davanti all’ostensorio immoto; ma non è così. Egli viene. Ed io sono contento. Guardo il Signore sprofondando nel mio nulla; i miei pensieri, le mie presunte grandezze non esistono più. Semplicemente lo guardo, contento che Dio mi abbia già salvato. Diceva don Barsotti: «Sono contento che Dio sia Dio». Può sembrare un’espressione strana... Forse noi vorremmo qualcosa di più. No, mi basta che Dio sia Dio, perché se Dio è Dio, significa che è il mio Salvatore. Io contemplo la sua azione: ecco perché la dichiarazione «Tu sei Dio» è la più elevata che possiamo fare.

C’è allora differenza tra pregare e adorare?
Sì, vi è una differenza sostanziale. Nelle Adorazioni eucaristiche che di solito si organizzano viene dato ampio spazio alla preghiera vocale (canti, preghiere, letture) e poco al silenzio. Il fatto è che il silenzio ci fa paura, perché non riusciamo a reggere questo rapporto così diretto tra la nostra anima e Dio, e abbiamo timore delle distrazioni. Ricordo che una volta fui invitato a guidare un’adorazione eucaristica presso una parrocchia, che sarebbe dovuta durare un’ora. Proposi un’ora di silenzio. Il parroco mi guardò sbalordito e mi disse che non sarebbe stato possibile. Chiesi allora mezz’ora di preghiera vocale e mezz’ora di silenzio. Mi rispose di no. Alla fine facemmo 55 minuti di preghiera vocale e 5 minuti di silenzio. Ma in quei 5 minuti mi accorsi che la gente era come inquieta... Erano troppo anche quei 5 minuti.
Il fatto è che quando prego, sono io che chiedo, che faccio, che dico; Dio sta in silenzio, di fronte a me. In un certo senso, non lo lascio parlare. Se invece mi metto in silenzio, allora parla Lui.

Ma in che modo il Signore parla al cuore dell’uomo, quando questi si mette in adorazione?
Mi piace qui riportare la dottrina del grande mistico san Giovanni della Croce. Quando noi facciamo l’adorazione, siamo come davanti ad un sole che si irradia. Non siamo lì per dirgli i nostri bisogni (li sa già), non siamo lì a ricordare al Signore di essere buono (lo è già, e in misura che noi non immaginiamo nemmeno), non siamo lì per ottenere un intervento (è Lui l’intervento). Per prima cosa andiamo all’adorazione per sottometterci al suo sguardo. San Giovanni della Croce scrive che Dio crea guardando. Io mi sottopongo al suo sguardo ed Egli, guardandomi, mi “crea”. In che senso? Guardandomi fa rivivere la sua presenza in me.
Quando sono davanti al Santissimo, non vedo gli occhi di Gesù, ma so che c’è. Finalmente mi metto davanti a Lui perché durante il giorno non lo guardo mai, lo sfuggo, mi distraggo, ma quando mi sottopongo a Lui, basta che mi lasci guardare ed io sono ricreato.
L’adorazione è una via privilegiata. Gesù ci chiama a questa unione con Lui perché ha fretta, ci vuole santi ora, per la sua gloria (e per il bene dei fratelli). I santi sono coloro che hanno ceduto a questa impazienza divina e, lungo il cammino della vita, si sono fatti guardare, divorare, per divenire più “pieni” di Dio. Poi, quando sono stati maturi per il Cielo, sono morti.

Dunque l’adorazione rettamente intesa è più un atto passivo che attivo...
In realtà adorare è la massima attività. San Paolo ci dice che dobbiamo fare tutto per la gloria di Dio, ma come potremo fare questo, se non è Dio stesso che vive in noi? Come potremo amare i nemici, se non vi è in noi la carità di Cristo? La carità è virtù teologale, e anche l’amore del prossimo è concepito nel Cristianesimo come atto dell’uomo che esercita ed esprime la carità divina che è in lui. Ecco perché l’adorazione è come un impregnarsi di questo Cuore di Cristo che desidera effondersi. Gesù ci attende proprio per questo dono che intende farci, e tale trasferimento di proprietà, che si realizza ontologicamente nel Sacramento, lo rendiamo efficace proprio quando adoriamo in silenzio, a prescindere da quello che avvertiamo. Poi, una volta riempiti di Lui, agiremo di conseguenza. Per questo motivo don Divo Barsotti diceva che «l’atto più alto della carità è l’adorazione». E precisava: «Ossia Dio che, unico, vive nel nulla della sua creatura».

San Giovanni della Croce scriveva che «un minimo moto di amore puro è più utile alla Chiesa che non tutte le altre opere messe insieme». Facciamo pure le opere, ma se accolgo Gesù con un moto di amore puro durante l’adorazione, questo sarà più utile di tutte le altre opere, perché Dio è amore, e quando amo Dio metto in moto la sua potenza.

Lei dedica un intero capitolo del suo libro all’adorazione degli angeli. È così importante sapere cosa fanno gli angeli? Questo riguarda anche noi uomini?
Sappiamo che gli angeli «vedono sempre il volto di Dio» (Mt 18,10). Essi sono dei veri professionisti dell’adorazione. Vedendolo, lo adorano. Essi conoscono Dio assai meglio di me e in questa conoscenza sprofondano nell’adorazione. Leggete l’Apocalisse: si parla in continuazione di miriadi di angeli che si prostrano, che cantano, che adorano, e se «la nostra Patria è nei cieli» (Fil 3,20) essi ci insegnano che cosa si fa quando saremo lassù. Ma in questa Patria ci siamo già ora! Gli angeli ci insegnano la sovranità assoluta di Dio, il suo primato di amore. Durante l’adorazione eucaristica occorre chiamarli, invocarli, perché ci insegnino a fare quello che essi vivono meglio e più di noi. Potrò essere anche in chiesa da solo, ma in realtà sono con miriadi di angeli che adorano, e mi sento perfettamente in compagnia.

Lei sostiene che non si debba pregare durante l’adorazione?

Non dico questo. Durante l’adorazione eucaristica io stesso sovente ricordo al Signore gli amici per i quali intendo pregare. I due momenti si possono alternare: prima sto in silenzio per accogliere il Signore Gesù che si effonde, che ravviva, che mi guarda, mi ricrea, mi ama, poi dopo un po’ gli dico qualcosa io, in genere supplicando e pregando per gli altri, per il loro bene, la loro purificazione, per la loro salvezza eterna, o altre grazie. Ma questa è una conseguenza dell’atto di adorazione.

Vi siete mai chiesti, infatti, come mai Dio abbia disposto che l’Eucaristia sia conservata nelle chiese, come Sacramento, anche dopo la Messa? Proprio per questo prolungamento e questa comunicazione, che Egli desidera per noi, per essere vita della nostra vita. Gesù ci chiama lì, al tabernacolo, ed è come ci dicesse: “Tu stai qui, rimani qui con me. Alle tue cose poi ci penso io”. Ho sperimentato più volte come realmente poi le cose le metta a posto Lui.

Ultima domanda: perché secondo lei l’adorazione a Dio è così poco sentita nella vita della Chiesa oggi?
Perché si vive una grave crisi di fede in Dio. A forza di sentir dire che l’attività della Chiesa deve essere l’aiuto alle necessità materiali della gente, fermare la corsa agli armamenti, non inquinare l’aria, procurare lavoro e casa agli indigenti, eccetera, abbiamo perso il senso di Dio, del peccato e della grazia. Si possono compiere atti di solidarietà anche a prescindere da Dio e dalla Chiesa. Il vero problema dell’uomo invece è la Vita eterna, quindi la salvezza, la grazia, la lotta al peccato. Senza Cristo non possiamo fare nulla, dice il Vangelo di Giovanni, ma poi in realtà facciamo tante cose senza di Lui.

Ecco perché l’adorazione è anche un atto esorcistico: caccia il demonio, dal momento che adorando io riconosco la sovranità assoluta di Dio, piegando il ginocchio davanti a Lui e accogliendo il suo amore infinito.

Sono contento perché ultimamente sta crescendo nel popolo di Dio, nei piccoli, la sensibilità all’adorazione eucaristica, e so che in varie parti sorgono cappelle di Adorazione eucaristica perpetua, giorno e notte. Questa è l’opera, oggi, assolutamente più necessaria nella Chiesa, oltre che essere la più bella e consolante.

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