ATTUALITÀ
Uccidere la speranza… e non solo
dal numero 1 del 31 dicembre 2023
di Lazzaro M. Celli

Casi come quello di Indi Gregory continuano a sollevare seri interrogativi sull’autorità dello Stato nel Regno Unito di decidere della vita o della morte dei cittadini inglesi, e sulle norme procedurali che impediscono alle famiglie di contestare le decisioni dei medici.

La storia di Indi Gregory contribuisce a creare divisioni ancora più profonde tra la cultura della vita e quella visione antropologica fortemente ideologizzata che rivendica il potere di vita e di morte dell’uomo sui suoi simili.  


Tutto comincia quando, di fronte alla decisione dei medici di sospendere le terapie che permettono alla bambina di rimanere in vita, il padre chiede l’applicazione di una terapia alternativa. I medici del Queen’s Medical Centre di Nottingham, non solo hanno negato la terapia alternativa, ma si sono fatti promotori di un’azione legale nei suoi confronti. Avvertito solo all’ultimo momento dell’azione avversa, il padre si è presentato in giudizio senza un avvocato perché non aveva compreso che si trattasse di un’udienza giudiziaria. 


A questo punto intervengono i genitori di Alfie Evans, un altro bambino condannato a morte dallo statalismo inglese. Dopo aver contattato il padre di Indi, gli consigliano di rivolgersi al Christian Legal Centre, uno studio legale londinese che si occupa della difesa dei bambini contro l’ideologia gender. Gli avvocati dello studio legale, tra cui figura anche Simone Pillon, hanno seguito il caso e affiancato la battaglia dei genitori di Indi. 
È stata richiesta la cartella clinica della bambina e spedita allo staff medico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma per un parere medico. Esaminato il documento di circa 400 pagine, i medici del prestigioso ospedale pediatrico italiano hanno proposto una cura alternativa e prospettato la possibilità di un piccolo intervento cardiaco con un piano di cura sperimentale.
Il nuovo programma terapeutico è stato presentato alla corte inglese, ma, incredibile a dirsi, è stato rigettato nell’esclusivo interesse superiore della bambina. 


Dal punto di vista scientifico lo staff medico dell’ospedale pediatrico romano aveva lasciato aperta qualche possibilità di sopravvivenza della piccola, per cui i genitori, di fronte alla decisione contraria dei giudici, avevano chiesto che le fosse attribuita la cittadinanza italiana nella speranza di salvare la figlia da morte certa. La richiesta è stata concessa a tempo record con una riunione straordinaria della presidenza del consiglio dei ministri. Inoltre, il console italiano in Gran Bretagna aveva nominato curatore di Indi il dottor Antonio Perno, direttore generale del Bambino Gesù. È stata anche avanzata una proposta di collaborazione dello staff medico italiano con quello inglese, ma ogni soluzione diversa da quella decisa dai giudici è stata categoricamente rifiutata. Il potere conferito loro dalla legislazione inglese attribuisce ai giudici l’autorità di “decretare” finanche sulla speranza di due genitori. Non solo! Con esso si abbatte, come una mannaia, un colpo di sfiducia nei confronti del progresso della scienza medica. Come non considerare barbara una decisione simile? Con essa è stato eretto un invalicabile muro ideologico. Siamo alla statolatria!


Il respiratore che teneva in vita la piccola è stato spento. Il cuore ha cessato di battere, poi ha ripreso e continuato autonomamente per poco tempo fino a fermarsi nuovamente per sempre. 
Ora, uno Stato che voglia considerarsi veramente civile dovrebbe riconoscere l’inviolabilità del diritto ad una terapia alternativa ad ogni essere umano che intenda richiederla, ma questo, nel Regno Unito così progressista, non è riconosciuto. 
Bisogna precisare che Indi riceveva solo un supporto vitale quindi, il suo, non si configurava come un caso di accanimento terapeutico. 


Purtroppo, anche in Italia c’è un pericolo di imbarbarimento dello Stato ad opera di una parte politica che spinge verso la cultura della morte rivendicandola come diritto. Pertanto, bisogna avere la massima vigilanza e contrastare tutte quelle azioni dimostrative e quelle iniziative politiche che violano la dignità dell’essere umano nel suo nascere.  

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