La Commemorazione di tutti i fedeli defunti accresca in noi la carità verso le anime purganti, sottoposte alla dolorosissima pena del fuoco. Ascoltiamo l’invito della Chiesa e, con preghiere e suffragi, apriamo per loro le porte del Paradiso.

Nel mese di novembre la Chiesa invita accoratamente i fedeli a partecipare con particolare attenzione e devozione alle celebrazioni di due grandi ricorrenze liturgiche che si festeggiano rispettivamente il 1° e il 2 novembre: la solennità di “tutti i Santi” e la “commemorazione di tutti i fedeli defunti”. Come nella prima festa «la Chiesa intende celebrare Dio per tutti i Santi, anche per quelli che non sono stati ufficialmente riconosciuti tali» (dal Messale Romano), nella seconda festività la Chiesa commemora i fedeli defunti che, morti nella grazia di Dio, ora espiano le pene dovute alle colpe commesse su questa terra. Anche la Sacra Scrittura ci ricorda che la considerazione di “coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà è santa e devota” perché siano “assolti dal peccato” (cf 2Mac 12,45).
Il motivo di questa celebrazione è spiegato con chiarezza e semplicità dal Catechismo Maggiore di San Pio X: «Dopo la festa di tutti i Santi si fa dalla Chiesa la commemorazione di tutti i fedeli defunti che sono in Purgatorio, perché è conveniente che la Chiesa militante, dopo avere onorato e invocato con una festa generale e solenne il patrocinio della Chiesa trionfante, venga in soccorso della Chiesa purgante con un generale e solenne suffragio». Dunque, è bene per noi pensare in questo tempo alla condizione di sofferenza e di pena nella quale versano tante anime purganti che a noi, ancora viatori e unici ausiliatori capaci di sollevarle dalle loro sofferenze, supplicano con le parole della Scrittura: «Pietà, pietà di me, almeno voi, amici miei, perché la mano di Dio mi ha percosso!» (Gb 19,21). Il Purgatorio, luogo di purificazione e di ineffabile sofferenza, non è solo un luogo penosissimo di tormenti temporali, ma, come spiega accuratamente il Servo di Dio don Dolindo Ruotolo, è anche il luogo dove avviene un’amorosa contesa d’amore: «Dio, che ama l’anima, la purifica per amore» e «l’anima, che ama Dio e tende a Lui, è contenta di purificarsi, pur soffrendo amaramente, perché pondera tutta la gravità delle proprie macchie che le impediscono il pieno godimento nell’unirsi a Dio».
Le anime purganti sono come infermi che, aspirando alla guarigione, si sottopongono volentieri, pur lamentandosi, a dolorosissime cure, invocando l’aiuto degli unici esseri capaci, per volontà di Dio, di soccorrerle: noi fedeli viatori. Dobbiamo avere in somma considerazione e perpetua memoria la loro condizione penante, poiché anelano ardentemente l’attesissima unione con Dio che non potrà avvenire fino a quando non avranno «pagato fino all’ultimo spicciolo» (Mt 5,26). Dobbiamo impegnarci a impetrare per loro, con le nostre preghiere e i nostri suffragi, la sospiratissima liberazione da quegli strazi nei quali l’anima purgante, come spiega bene il Servo di Dio, «non è capace che di dolore, ed i suoi slanci d’amore diventano fuoco urente, pena e rammarico di amore, che fa loro considerare come una grazia il potersi purificare». Quelle pene, infatti, le sofferenze e il fuoco del Purgatorio, alimentano ansiosamente in queste anime il desiderio di unirsi a Dio, unico oggetto del loro amore, della loro eterna gioia, e poiché ormai queste anime sono impeccabili e incapaci di offendere Dio, questa dolorosa attesa di unirsi a Lui diventa amore vivacissimo e incessante. In queste pene l’anima purgante si umilia e riconosce la rettissima Giustizia di Dio che la tiene “imprigionata” in questo luogo di tormenti a motivo delle sue colpe, che, però, non considera più secondo la povera e debole misura della coscienza che aveva in vita, bensì secondo le proporzioni della santità di Dio che amplifica, con il dono della sua perfetta visione, la realtà dell’offesa recata contro Lui, tanto da raggiungere «una proporzione spaventosa che ha dell’infinito», aggiunge don Dolindo Ruotolo. In questo stato, scrive il Servo di Dio, «l’anima vede, sente, vive questa proporzione e, per questo, non si lamenta delle sue pene, ma le trova giustissime e, perché è piena di amore, canta a Dio, pur lacrimando, nel desiderio di purificarsi e di raggiungerlo». Tra queste acerbissime sofferenze purificatrici, risalta con particolare evidenza la pena del fuoco che, secondo l’insegnamento di San Leonardo da Porto Maurizio, «toltane la differenza della durata e del fine, è lo stesso che il fuoco dell’inferno»; anzi più precisamente il Santo spiega che «questo fuoco assai più scotta nel Purgatorio di quello che non scotti nell’inferno», perché «il fuoco dell’inferno tormenta sol per tormentare, e però non è sì intenso, ma il fuoco del Purgatorio tormenta anche per purificare, e però opera con più vigore». Infatti, continua il Santo, un’anima dell’inferno «brucia con un semplice ardore [...] ma un’anima nel Purgatorio brucia nel fuoco, e se ne sta tutta immersa in quelle fiamme, fiamme che la ricoprono, fiamme che le s’inviscerano, fiamme che la divorano, e la divorano non col semplice fuoco, ma con uno spirito di fuoco, con uno spirito d’ardore».
Il pensiero di queste pene, che le povere anime del Purgatorio subiranno fintanto che vi dimoreranno, ci muova a pietà, a compassione, e ci convinca del grande bisogno che esse hanno di suffragi e di preghiere al fin di attenuare i loro strazi e affrettare il loro ingresso nell’eternità beata del Paradiso. Rispondiamo agli inviti della Chiesa che ci suggeriscono come suffragare le anime del Purgatorio. Nel suo Catechismo Maggiore San Pio X scrive che «noi possiamo suffragare le anime dei fedeli defunti colle preghiere, colle limosine e con tutte le altre opere, ma soprattutto col santo sacrificio della Messa». Proponiamoci di far celebrare in loro suffragio molte Sante Messe, secondo la lezione dei Santi che dopo una sola Messa vedevano uscire dal Purgatorio numerose anime. San Leonardo da Porto Maurizio, sull’insegnamento di San Girolamo, scrisse che «quando si celebra la Messa per qualche anima purgante, quel fuoco per altro voracissimo, sospende il suo vigore, e quell’anima non soffre pena alcuna per tutto il tempo che dura la santa Messa». Di più afferma che «in ogni Messa molte [anime] escono dal Purgatorio, e se ne volano al santo Paradiso».