SPIRITUALITÀ
Padre Pio il corredentore del XX secolo
dal Numero 26 del 6 luglio 2025
di Fra Pio M. da Verona
Desiderio costante del cuore infiammato di padre Pio era quello di “divenire vittima d’amore” e di fondere il suo sangue con quello di Gesù e poter così salvare le anime dei poveri peccatori. In tutta la sua vita realizzò pienamente questo suo anelito.
Gesù sta compiendo il suo ultimo viaggio verso Gerusalemme, verso la sua Passione, Morte e Risurrezione. Egli non vuole lasciare questo mondo senza assicurare la presenza di operai che lavorino nella sua vigna, che proseguano la sua opera, e portino al mondo quella pace che è frutto della sua Passione, Morte e Risurrezione. È la pace messianica annunciata dai profeti, che è riconciliazione con Dio e vittoria sulle proprie passioni. Isaia, nella prima lettura, annuncia che Dio accorderà a Gerusalemme un «fiume» di beni spirituali e materiali che si possono riassumere appunto nella parola “pace”. La caratteristica che segnerà questa nuova era sarà l’amore materno che starà alla base delle relazioni tra Dio e il suo popolo, e l’universalità dei popoli a cui è destinata questa pace. Una pace che nasce, come ci dice San Paolo nella seconda lettura, dalla Croce di Cristo e dall’aderirvi interiormente crocifiggendo in noi il vecchio Adamo per essere nuove creature. Gesù chiama e invia settantadue discepoli, a significare che il lieto annuncio di salvezza e di pace è offerto agli uomini di tutti i tempi, fino agli estremi confini della terra. Infatti, secondo un’antica tradizione giudaica, i popoli della terra erano settantadue: le settantadue nazioni uscite dalla discendenza di Noè, di cui parla il testo della Genesi. “Li inviò due a due”: per indicare, oltre il mutuo aiuto, sostegno e collaborazione che ci deve essere tra i discepoli, il fatto che essi sono inviati ai popoli come testimoni della verità. Secondo la Bibbia, infatti, la testimonianza di due era da considerarsi una prova di veridicità e non si poteva rifiutarla senza prima averla ben ponderata. Ecco perché Gesù annuncia che il rifiuto della loro testimonianza non sarà senza castigo: “Se non vi accoglieranno scuotete la polvere dai vostri sandali… saranno trattati più duramente di Sodoma” (cf Mt 10,14-15). Il Vangelo è troppo importante e decisivo perché chi ne viene a conoscenza possa scrollarselo di dosso con disinvoltura, senza averlo preso seriamente in esame. Il dono supremo di Dio va accolto con sommo rispetto e gratitudine. L’altro aspetto importante che emerge da questo brano è l’ansia missionaria che deve animare i discepoli. La Chiesa c’è, opera ed esiste per portare la Parola del Signore, il suo Vangelo, la salvezza, la pace alle anime per mezzo della sua predicazione e l’amministrazione dei sacramenti. Mettere altre priorità dinanzi a questo significa snaturare la Chiesa così come l’ha voluta e fondata Gesù Cristo. Pertanto, tutte le altre iniziative saranno buone nella misura in cui faciliteranno, aiuteranno, corrisponderanno a questo fine principale e fondamentale: portare Gesù a tutti i cuori. E come non rattristarsi nel constatare come vi siano ancora tante anime prive della luce del Vangelo? Ciò non è certo per incuria di Dio, ma per incuria nostra e soprattutto di quelle anime che, pur essendo chiamate da Gesù a questa missione, non hanno corrisposto alla vocazione. Per questo oggi risuona l’accorato appello di Cristo: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!”. Quanti miliardi di persone, infatti, non sanno che il Figlio di Dio è sceso in mezzo a noi per illuminarci, per istruirci, per comunicarci la sua grazia? Quanti non conoscono l’amore con cui essi sono amati? Quanti non hanno la grazia di ricevere Gesù sacramentalmente nel proprio cuore con l’Eucaristia, di sperimentare il suo perdono nel sacramento della Riconciliazione, di conoscere che hanno una Mamma in Cielo, la Vergine Maria, che è tutta carità e dolcezza verso di noi? “Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada”. Le parole di Gesù richiamano alla fretta. Nulla deve far indugiare o rallentare questo annuncio, tanto che addirittura Gesù dice di non salutare nessuno lungo la strada, un po’ come quando uno va di fretta perché altrimenti perde l’ultimo autobus del giorno e ogni indugio può essere fatale. Anche l’espressione “non passate di casa in casa” vuole designare il fatto che il discepolo non deve andare cercando il luogo più comodo, ma deve accontentarsi del primo che trova. Tutto il comportamento nelle case che li ospiteranno dovrà riflettere l’urgenza dell’annuncio di pace e dell’imminenza del Regno di Dio. Compito, infatti, della Chiesa è quello di preparare l’umanità alla venuta di Cristo nel giorno nella parusia, all’incontro definitivo con Cristo alla fine dei tempi. Mentre Gesù pronuncia queste parole, naturalmente, ha dinanzi a sé non solo i settantadue, ma tutta la schiera dei missionari che lungo la storia avrebbero lasciato la loro famiglia e la loro casa per annunciare il Regno di Dio, e tutti invita a confidare in Lui e a non porre se non in Lui tutta la fiducia: “Non portate borsa, né bisaccia”. L’opera di evangelizzazione è un’opera che non si appoggia sulla forza e sul potere umano o sulle ricchezze terrene, ma sulla potenza di Dio, sulla virtù, sul bene. Il brano si conclude facendo già intravedere la sconfitta e rovinosa fine del potere di satana e l’avvento del Regno di Dio, ricordando a coloro che avranno faticato per il suo Regno, la ricompensa finale che li attende: “Rallegratevi che i vostri nomi sono scritti nei Cieli”. Interroghiamoci allora: c’è in noi quest’ansia missionaria? Desideriamo davvero che altri fratelli conoscano la verità, trovino la pace, ottengano la salvezza? Preghiamo con insistenza il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe?
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