Figlio spirituale di san Pio, grande apostolo della Madonna di Fatima, vittima di una lunga persecuzione, don Attilio Negrisolo è stato un sacerdote che ha convertito tante anime, soprattutto con la Confessione, rimanendo sempre in perfetta umiltà.

È impressionante constatare come, dopo più di vent’anni, la fama di santità di don Attilio Negrisolo († 2003) non sia diminuita ma sia ancora diffusa in quasi tutta Italia. In questo ventennio, generalmente caratterizzato dalla perdita della fede e dall’apostasia galoppante, non sono pochi coloro che ringraziano la Madonna per aver conosciuto – personalmente o per fama – la coerenza e la santità di vita di questo santo sacerdote, così intimo a san Pio da Pietrelcina. «Ti voglio in Alto con me in Paradiso!», gli aveva detto il Santo del Gargano e, oggi, noi possiamo dire che i cattolici lo vogliono sugli altari, accanto a san Pio... Tale riconoscimento sarebbe più che meritato, anche in riparazione alla lunga e atroce persecuzione che don Attilio dovette subire come sacerdote fedele alla verità e difensore di san Pio.
Le umiliazioni, le sanzioni, le pene e le condanne furono continue, come un torchio che lo schiacciava senza interruzione. Il culmine di tale persecuzione avvenne con il divieto di celebrare la Santa Messa e perfino di portare l’abito talare-sacerdotale. Fu inoltre picchiato, minacciato di morte con la pistola e fatto passare per “matto” nell’intento di rinchiuderlo in un manicomio. Quei lunghi anni di martirio coincidono con una sofferenza vicaria e riparativa che si affiancava agli eventi storici della Chiesa stessa, dove, soprattutto dagli anni ’60 in poi, moltissimi consacrati, sacerdoti e claustrali lasciavano la loro vocazione, il proprio abito.
Don Attilio conosceva molto bene il messaggio di Fatima e forse è stato uno dei più grandi apostoli della Madonna Pellegrina di Fatima per tutta l’Italia. Lui stesso diceva spesso che il segreto dato ai tre bambini riguardava proprio la tragedia degli eventi nella Chiesa fino ai nostri giorni. Le vicende tremende vissute da don Attilio sembrano tutte cose del passato, ma rimane il fatto che don Attilio, per la sua fedeltà alla verità e a san Pio, ha pagato un altissimo prezzo, morendo condannato come il Santo di Pietrelcina. Moltissime persone che hanno fatto esperienza diretta della santità di vita di don Attilio – soprattutto attraverso la Confessione sacramentale – hanno cambiato vita radicalmente e sono diventati ferventi cattolici, formando famiglie cattoliche in grado di resistere all’attuale ondata di apostasia generale. Ecco che don Attilio aveva proprio questo dono dello Spirito Santo, sostenuto dalla sua terribile offerta personale e quotidiana: il dono di cambiare la vita con una sola Confessione, quale inizio determinato verso la conversione e decisione di santificarsi. Se ci pensiamo bene, non è una piccola cosa; i miracoli più grandi, infatti, avvengono proprio nell’anima e sono incalcolabili le anime convertite per l’intercessione di questo umile (e umiliato) sacerdote di Padova. Confessava uomini e donne che non si accostavano ai sacramenti da venti o trent’anni con una Confessione generale e dettagliatissima – conferendo all’anima del penitente la grazia di percepire la gravità del peccato, la mostruosità di vivere lontano e contro Dio. Il barista, il portinaio, la cameriera, il taxista... tutti, incontrati magari per la prima volta, diventavano improvvisamente suoi “figli spirituali”, docili come agnelli al suo invito improvviso alla Confessione.
C’è un bell’episodio, riportato ancora all’inizio della biografia di don Attilio, che ci sembra possa essere considerato come la “fotografia” della trasparenza della sua anima santa. A riportare il fatto è la sorella suor Veronica, monaca visitandina ancora vivente; dice, infatti, che quando era bambina, nell’arrampicarsi su un albero era caduta, avendo messo male il piede, ma non si era fatta nulla, aveva preso solo un grosso spavento. Una volta rientrata in casa e raccontando l’accaduto al fratello Attilio (poco più che adolescente), lui le rispose a sorpresa: «“Peccato che non sei morta. Come sarebbe stato bello! Ora saresti in paradiso con Gesù!”. Al che la piccola rispose: “Ma la mamma avrebbe pianto tanto, pensa come avrebbe pianto nel trovarmi là, morta”. E lui: “Ma proprio non ti dispiace di non essere morta? Dovresti almeno provarne dolore. Non avresti nemmeno conosciuto il male. Saresti andata subito in paradiso. Pensa, con gli Angeli, Gesù e la Madonna...pensa, pensa la gioia lassù. E non provi il dolore di non essere morta? Dì almeno che ti dispiace!”. Suor Veronica dichiara che don Attilio insisteva su questo argomento tanto che lei, dopo un poco, ripensandoci, cominciò a provare veramente dolore di non essere morta riconoscendo che “mi aveva descritto il Cielo così bello che era un peccato non andarci subito”».
Per chi ha conosciuto personalmente don Attilio questo episodio ci lascia intuire “il piano superiore” dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti e, di conseguenza, della sua capacità di soffrire per amore delle anime. Chi scrive lo attesta, pur avendolo conosciuto solo negli ultimi suoi anni di vita, poco prima della malattia. L’umiltà indimenticabile di don Attilio, il suo saper nascondere la grandezza della santità della sua anima rimane ancora indelebile nella memoria e questo articolo vuole unirsi al coro di tanti figli e “nipoti” di san Pio da Pietrelcina che vogliono il riconoscimento della santità di don Attilio, accanto a san Pio, a beneficio e intercessione di una Chiesa provata come non mai e soprattutto nella santità dei suoi sacerdoti.