Infallibile nota dell’anima profondamente cristiana, la letizia si afferma quando, pur nella prova e difficoltà, il cuore sperimenta l’abbandono a Dio, la sicurezza di una compagnia che è talmente grande e potente da assicurare una stabilità interiore che non può essere scalfita da nulla.
Cari Lettori, i pellegrini di un tempo sapevano che la mèta che cercavano di raggiungere era lì ad attenderli. E questo riempiva di senso e di animo il loro cammino. Un animo che diveniva letizia.
Infatti, non basta solamente camminare, bisogna anche farlo con letizia.
Ma cosa è la letizia? Non sempre coincide con la consolazione, cioè con quel cuore colmo di gioia che si sperimenta quando tutto va bene, quando non ci sono problemi che attanagliano l’esistere e quando la mente è sgombra da pensieri negativi.
La letizia è quando, malgrado le prove e le difficoltà, il cuore sperimenta l’abbandono a Dio, cioè la sicurezza di una compagnia che è talmente grande e potente da assicurare una stabilità che non può essere scalfita da nulla. C’è letizia quando la Speranza anima l’agire.
Dunque, bisogna camminare con letizia e inoltre la letizia deve scaturire dal cammino verso l’autentico ed unico Fine.
Oggi ci soffermiamo su due celebri citazioni di san Giovanni Bosco (1815-1888). Iniziamo dalla prima: «Tutto passa, ciò che non è eterno è niente». Si tratta, cari Lettori, dell’unica e vera sapienza che è decisiva per il nostro essere “veri” uomini.
Nel Vangelo c’è un episodio che a riguardo è importante ricordare. Gesù pensa che gli Apostoli se ne vogliano andare, ma Pietro gli dice: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!» (Gv 6,68). Nelle parole dell’Apostolo c’è ognuno di noi. Indipendentemente se si è colti o ignoranti, se si è potenti o semplici, se si è ricchi o poveri, se si è sani o malati, tutti hanno bisogno di “parole di vita eterna”. In un certo qual modo possiamo dire che questa è la vera “democrazia”: la “democrazia” del bisogno di infinito, di assoluto, di eternità.
Se non si capisce questo, si fallisce tutto. Si fallisce non solo l’esistere, ma si fallisce anche ciò che reputiamo essere la nostra fede. Cosa significa essere cristiani se non si ha piena consapevolezza di essere in cammino verso l’eternità e che tutto ciò che incontriamo in questo cammino può acquistare sapore e spessore solo nella prospettiva dell’attesa dell’Eterno?
Da qui il fallimento di un cristianesimo di stampo neo-pagano, tutto appiattito sul mondo, dimentico dell’assoluta necessità della vita di grazia e dimentico anche della verità secondo cui la catastrofe più grande non può essere la guerra, né chissà quale disastro ambientale, ma unicamente il peccato. Un solo peccato mortale è più grave di tutti i mali possibili messi insieme.
Ma don Bosco aggiunge: «Il demonio ha paura della gente allegra».
Cosa è l’allegria a cui fa riferimento il Santo? è quello stato d’animo visibile (l’allegria deve essere testimoniata) che scaturisce dalla letizia cristiana.
Qualcuno potrebbe obiettare: come faccio ad essere gioioso se la mia vita è nella sofferenza, nelle prove, nel disagio? è ciò che abbiamo detto prima: la letizia cristiana non è alternativa alla sofferenza, ma alla disperazione. I santi hanno sofferto, eccome; eppure non hanno mai perso la letizia.
La letizia scaturisce dalla Speranza teologale, cioè dalla certezza che tutto è già risolto in Cristo e che, se ancora la nostra vita non vive nella pienezza della felicità, ciò avverrà sicuramente se si rimane in Cristo come i tralci nella vite (Gv 15,1ss).
Ed ecco spiegato perché san Giovanni Bosco dice che il demonio ha paura della gente allegra. Per due motivi: primo, perché se si è allegri (anche nella sofferenza) significa che la vita è fondata sulla Speranza di Cristo; secondo, perché chi testimonia l’allegria cristiana, fa capire che solo Cristo è la soluzione del proprio esistere.