Il Santuario della Verna, nell’Appennino toscano, circondato da un’atmosfera mistica e soprannaturale, è il luogo in cui il Serafico Padre ricevette la grazia delle stimmate che lo portarono ancor di più alla somiglianza con Cristo. Chiediamo a san Francesco la grazia della contemplazione, pur rimanendo nelle nostre occupazioni quotidiane.
Tra terra e cielo, nei boschi casentinesi dell’Appennino toscano, si erge il santuario monumentale de La Verna, sull’omonimo monte, a 1283 metri dal livello del mare.
Luogo molto caro all’anima francescana, il santuario è meta di numerosissimi pellegrini che venerano qui il ricordo dell’impressione delle sacre piaghe di Gesù nelle mani, nei piedi e nel costato del Serafico Padre san Francesco. Caso unico nella storia che si ripeterà poi in sole pochissime altre anime predilette, la visibile crocifissione del Poverello nelle carni, è testimonianza viva e palpitante della sua conformità con l’Amato, nel vivere e nel soffrire, fino all’identificazione più autentica, “a sua immagine e somiglianza” (cf Gn 1,26).
Su questo monte, in cui l’umano incontra il soprannaturale che lo investe tutto e quasi lo rigenera a vita nuova, la mistica francescana più alta trova la sua specifica dimora, ove natura, silenzio e preghiera spingono ed elevano “alle cose di lassù” (cf Col 3,2), e non più a quelle di questa terra.
Attraversato il Parco Nazionale del Casentino, si apre alla vista del visitatore un grande complesso di strutture collegate tra loro e che abbracciano quello che era stato il luogo per eccellenza delle alte contemplazioni del Serafico Padre, nonché suo rifugio nascosto, ove poter ritirarsi per riposare le membra e lo spirito. Come la colomba sceglie le incrinature delle rocce per farvisi il nido, a richiamo dell’anima che anela a nascondersi in Cristo, san Francesco sceglieva proprio il monte La Verna per chiudersi nelle piaghe e nel costato di Gesù Crocifisso e ivi sostare.
Fu il conte Orlando di Chiusi in Casentino a donare il monte a san Francesco nel 1213, colpito dalla sua predicazione. Dopo poco, il Santo vi eresse una prima cappellina a titolo di Santa Maria degli Angeli, Colei che in sogno gliene aveva indicato luogo e dimensioni.
Come sua consuetudine, una volta, nel settembre del 1224, il Serafino d’Assisi volle ritirarsi tra le fenditure di questo monte, nella maestà dei suoi dirupi e negli scenari mozzafiato che si spalancavano impetuosi alla vista e all’anima disposta ai voli dell’orazione più alta. L’occasione fu la Quaresima dedicata a san Michele Arcangelo, che il Serafino d’Assisi preferiva festeggiare con digiuni e preghiere tutte particolari. In questa occasione, gli apparve una figura in forma di serafino, con sei ali e le mani e i piedi confitti in Croce, come un Crocifisso. Nella sua contemplazione, san Francesco fu, a sua volta, trasformato in un Crocifisso, avendo mani, piedi e costato traforati da quei raggi di luce che, uscendo dal Serafino, gli si erano impressi e nel corpo e nello spirito, lasciando le ferite aperte.
In questa esperienza di amore e di dolore indescrivibili, san Francesco incarnò in sé l’ideale di “Francescano” per eccellenza, tutto trasfigurato e trasformato in Gesù Crocifisso, nella “piena statura” decantata dall’apostolo Paolo, alle vette della santificazione dell’anima.
Questi sono solo alcuni dei mirabili misteri che il monte de La Verna racchiude in sé, in un’aura di soprannaturale, di silenzio e di pace divina, che è impossibile non venga avvertita da chiunque vi si reca.
Il grande santuario, iniziato nel 1348 e ultimato soltanto nel 1509, a causa di una grave pestilenza che ne aveva bloccato i lavori, oggi dispone di alcune reliquie del Santo, come il suo abito poverissimo e tutto logoro, e non solo.
L’altare maggiore, dono della carità di alcuni benefattori del 1722, è posto sotto lo sguardo dell’Immacolata che vi troneggia bellissima e nobilissima, quale Patrona dell’Ordine Serafico.
Molto particolari risultano, poi, le opere in stucco smaltato, blu e bianco dell’artista Andrea della Robbia, sparse in vari punti cardine del sacro luogo, e subito riconoscibili per la loro fama e peculiarità. Si ricordano, ad esempio, quelle dell’Annunciazione nella chiesa e quelle nella Cappella delle Stimmate.
Il complesso francescano, in gran parte avvolto dal verde di una foresta sempre rigogliosa, pare far parte della roccia stessa in cui si incastona e che, in un movimento quasi ascensionale, sembra portarlo su, in alto, insieme alle sue cime, nell’azzurro limpido del cielo.
Parlare del Santuario della Verna equivale allo stesso parlare della contemplazione, del silenzio, delle rocce che simboleggiano Cristo; di quel Sasso Spicco in cui san Francesco aveva posto il suo duro giaciglio di pietra; dello spirito francescano, che dalla natura sale al Creatore di tutto; di quella roccia spaccata che, dalla morte di Gesù, si era aperta ad abbracciare quasi il suo figlio prediletto san Francesco, che poi vi avrebbe dimorato.
Si comprende bene, dunque, quanto difficile sarà, poi, “discendere in terra”, staccarsi da quel luogo di pura ascensione verso il divino e tornare alle povere occupazioni di ogni giorno.
Salga accorata, allora, la nostra supplica e possa il Serafico Padre portare anche noi sulle “vette della contemplazione” che riesce a scorgere il volto dell’Amato anche nelle comuni attività di ogni giorno.