SPIRITUALITÀ
30 minuti con se stessi | La preghiera: quando le parole non sono chiacchiere
dal Numero 23 del 19 giugno 2022
di Don Mario Proietti

La vera preghiera ha il potere di cambiare la vita del cristiano. E d’altra parte, il conformare la propria vita alla fede che esprimiamo nella preghiera è il primo presupposto per pregare veramente.

Anima cristiana, tu non diventare come quelle anime che credono si “possa convincere Dio a forza di parole” (cf. Mt 6,7). La vera preghiera non è questione di “parole”. Ricordi che anche i discepoli restarono smarriti dinanzi ai discorsi di Gesù! Le sue parole sconvolgevano le usuali relazioni che, da buoni ebrei, avevano con il loro Dio.

Credi forse che gli apostoli non pregavano solo perché chiedevano a Gesù d’insegnar loro a pregare? Essi, come tutti gli ebrei, avevano le loro tradizioni, frequentavano la sinagoga assiduamente, erano soliti salmodiare ed elevare ringraziamenti a Dio. Cosa mancava a questa preghiera? Non mancava la formalità, ma percepivano, da ciò che ascoltavano dal Signore, che stava cambiando il rapporto con il Dio che conoscevano, gli appariva in una novità che era a loro inimmaginabile. Anche il riferirsi ai discepoli di Giovanni è importante, essi intuirono che anche la predicazione del Precursore si discostava dall’immagine di quel Dio che erano soliti adorare nella preghiera della Sinagoga e nel Tempio di Gerusalemme.

Si accorgono che era un “Dio parziale e incompleto”, non lo conoscevano veramente. Il Dio predicato da Gesù non corrispondeva più alle loro abitudini ed anche la preghiera non li soddisfaceva più, il Dio della sinagoga sembrava che non appartenesse più a loro! Da qui la richiesta di potersi relazionare con il Dio di Gesù: «Insegnaci a pregare».

Nella richiesta degli Apostoli non c’è solo una richiesta ma un profondo anelito della loro anima resa affascinata dall’insegnamento di Gesù. Sembra che dicano: Gesù noi vogliamo amare il Dio che ci sveli, come si prega questo Dio, cosa gli dobbiamo dire, come ci possiamo fare ascoltare! Anche Giovanni ha insegnato un modo nuovo di rivolgersi a Dio, qual è il tuo modo? Insegnacelo e saremo felici!

Considera anche, cara anima santificata dal Sangue di Gesù, che molto influirono anche i grandi tempi che Gesù riservava alla preghiera. Gli Apostoli vivevano con Lui, lo osservavano attentamente e nel loro cuore si saranno chiesti più volte: quali parole rivolgerà a Dio? Come riempirà quelle ore continue, spesso intere notti, in cui, in disparte, resta solitario con quel Dio che chiama Padre? Ecco da dove nasce la richiesta, anima che ti rivolgi a me, e Gesù non lasciò cadere il loro appello, ma subito volle insegnare ciò che sarebbe stato più vitale per la riuscita della sua opera: restare uniti al Padre.

Vedi come introduce la preghiera? «Quando pregate dite...». Fermati a considerare questo verbo utilizzato da Gesù: il verbo “dire”. Questo verbo va inteso nell’opera di Dio, Lui tutto ciò che dice lo fa! Rammenta come Dio pronuncia la sua Parola potente: “E Dio disse: sia la terra! E la terra fu!” (cf. Gen 1).

L’insegnamento che ti dà il Signore nel suo preludio alla preghiera, è di considerare che ciò che dirai a Dio sia sempre conforme alla tua volontà e al tuo agire, altrimenti il tuo parlare è un continuo abbondare di vuote parole che non piace al Signore. Al discepolo non deve sfuggire che ciò che deve dire è ciò che è chiamato a fare adottando lo stesso carattere che fu di Gesù.

La preghiera dell’anima cristiana deve muoversi sulle orme del Cristo che invita ad una preghiera che viva di tre qualità: la confidenza di un amico, l’insistenza di un povero e la fiducia di un figlio.

Gesù ti chiede di avere la confidenza di un amico, cioè non devi mai pensare che un amico possa non ascoltarti, altrimenti non è più amico. L’amico ti conosce, vuole il tuo bene, con lui sai condividere il tuo cuore, gli manifesti ciò che è più segreto, vivi la tua relazione più intima e sciolta da qualunque vincolo d’interesse. Sull’amico puoi contare perché non ti abbandonerà nella difficoltà, ti soccorrerà nel bisogno e ti difenderà ogni volta che sarai attaccato. Con lui puoi piangere senza sentirti giudicato, puoi ridere senza temere di essere ridicolizzato, puoi confidarti senza essere svelato. Non ci sono etichette tra amici, non c’è fila da fare e non c’è orario da rispettare ma anche di notte, come dice il Vangelo di Luca (11,5-8), puoi rivolgerti a lui sapendo che non disturberai mai. Avere con Dio la confidenza di un amico è stare nella certezza che sarai sempre stimato e apprezzato.

Se mi chiedi come puoi avere con Dio la fiducia di un amico, ti rispondo che devi guardare a Colui che ha detto “Vi ho chiamato amici” (Gv 15,15). Da Gesù apprendi l’arte di essere amico, sii amico come Lui lo è con te. Non a caso dice agli apostoli: «Amatevi come io vi ho amato».

Gesù ti dice anche di avere l’insistenza di un povero. La preghiera di un povero è quella di chi sente forte la propria inadeguatezza e la propria miseria. Il povero, quando si avvicina ad un ricco, spera sempre di ricevere il suo superfluo perché anche solo quello potrebbe dargli la gioia. Ma più di tutto considera come il povero diventa insistente. La sua insistenza è data dalla necessità che lo spinge, non si lascia sfuggire alcuna circostanza, tutto osa perché nulla ha da perdere proprio perché non ha nulla. Non si risparmia, resta confidente, fiducioso e soprattutto si accontenta di tutto quello che gli si dà. «Il grido del povero sale a Dio e Dio lo ascolta» (Sal 34,7). Il povero è umile, sa riconoscere la grandezza, comprende la dignità e tutte le sue azioni sono fatte in punta di piedi, discrezione e attenzione.

Non confondere il povero con il pezzente perché anche qualora il povero diventasse accattone, non invaderebbe mai con scostumatezza la tua vita. Il vero povero chiede senza pretendere, lavora senza stancarsi, obbedisce senza opporsi e piange senza commiserarsi. La dignità di un povero supera lo sfarzo di un ricco e non vi sono sguardi più luminosi, più teneri e più speranzosi degli sguardi di un povero.

La povertà è una condizione imposta, e tu sei povera, anima amata, perché il peccato ti ha ridotto così. Da Gesù impara ad essere povera e qualora tu debba anche possedere tutte le ricchezze del mondo, brama essere povera sull’esempio di Gesù che «da ricco che era si fece povero» (2Cor 8,9).

San Filippo Neri era solito, la sera quando andava a letto, svuotare le tasche e buttare tutto in strada. Un giorno una signora gli chiese il perché di quella stranezza e il Santo rispose che lo faceva perché non voleva che il Signore andandolo a trovare al mattino e trovandolo con qualche cosa, passasse oltre con la sua Provvidenza.

Quando preghi Dio fallo con l’insistenza di un povero e non ti mancherà nulla, ma procurati di esserlo veramente, non puoi ingannare Dio come s’ingannano gli uomini. Se la tua vita non sarà povera, neanche il tuo grido avrà la forza e non sarà credibile. Ricorda quella vedova che voleva giustizia, la sua insistenza mosse il giudice iniquo a fargli giustizia. 

Il Signore aggiunge anche che la preghiera deve respirare della fiducia di un figlio. Al figlio tutto si concede perché è carne della stessa carne. Il figlio gode il privilegio di essere già erede dei beni del padre e quindi ciò che chiede gli spetta di diritto e non è una grazia. Al figlio non si fa mancare il necessario e si elargisce abbondantemente anche il superfluo. Vive sempre in famiglia e anche quando non lavora mangia. Un figlio si educa e si corregge senza offenderlo, fuori di casa è sempre elogiato, mentre in casa gli si tirano le orecchie. È difeso oltre l’indifendibile, è scusato anche quando non è scusabile, è incoraggiato e spronato quando si avvilisce. Un figlio si ama senza merito alcuno, si coccola più del dovuto e si gloria più dell’opportuno. In lui sono riposte speranze insondabili, per lui si lavora instancabilmente e a lui si affidano le cose più preziose.

Rivolgersi a Dio con la fiducia di un figlio è stare certi che quello che sarà dato mai nocerà e mai danneggerà, e ciò che non sarà dato ad un figlio è tutto ciò che lo può far morire. Ricorda le parole di Gesù: “Quale padre tra voi... se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, tanto più il Padre a chi gliele chiederà” (cf. Lc 11,11ss). 

Vedi allora, anima cristiana, che il pregare deve diventare acquisizione di uno stile di vita? Pregando si raggiunge l’armonia tra le parole e i gesti, si colma il gran divario, di cui si fa esperienza, dei sussurri del cuore e quelli del corpo, dei desideri dello spirito e i limiti della volontà. È educare la mente all’ascolto delle parole che lo Spirito grida in noi. Insisti nel chiedermi come pregare, ora ti rispondo. Se pregare, come ti ho detto, coinvolge l’interezza della tua persona, cioè del tuo corpo, della tua anima e del tuo cuore, proverò a spiegarti nel prossimo articolo quali devono essere gli atteggiamenti che ti renderanno veramente spirituale.

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