SPIRITUALITÀ
“Si compie OGGI”
dal Numero 01 del 2 gennaio 2022
di Paolo Risso

Gesù legge la Sacra Scrittura nella sinagoga di Nazareth, riavvolge il rotolo del profeta Isaia e dà un solo commento: “Oggi si è compiuta questa Scrittura”. “Oggi”. Questa parola esplosiva che allora scandalizzò i Suoi compaesani, è ancora sommamente attuale: ci coinvolge e ci rende Suoi contemporanei.

Colui che mi fu Padre spirituale per tanti anni, l’indimenticabile don Angelo Fasolio (1915-1995), a noi insegnanti cattolici, spiegando l’Anno liturgico, diceva che il tempo natalizio, con la venuta del Figlio di Dio incarnato nella nostra umanità, la sua manifestazione ai pastori e ai Magi, con l’inizio della sua vita familiare a Nazareth, offre una prima presentazione dello straordinario Personaggio – Gesù il Cristo – a noi assetati e bisognosi di Lui. Questa presentazione si prolunga nel mese di gennaio con il Battesimo di Gesù dove si fa ancora più evidente il suo ritratto e la sua missione, con i Vangeli delle prime domeniche del Tempo Ordinario un tempo detto “dopo l’Epifania”: Gesù alle nozze di Cana; Gesù che chiama i primi discepoli; Gesù nella sinagoga di Nazareth...

 

L’Inviato, il Messia

Quest’anno 2022 leggiamo il Vangelo di Luca. Dopo i primi due capitoli che abbiamo letto e ascoltato nel tempo natalizio, l’Evangelista al capitolo IV narra la prima attività di Gesù che ritorna in Galilea, dove «Egli insegnava nelle sinagoghe e la sua fama si diffuse in tutta la regione». Incredibile a dirsi, perché la Galilea, pur abitata da ebrei credenti in Jahvè e in attesa del suo Inviato, il Messia, era in maggioranza pagana, crocevia di Cananei, Fenici, Greci e Romani stabili o di passaggio. Eppure lì Gesù si fa una grande fama, diffonde un avvincente fascino di se stesso, della sua dottrina, del suo stile di vita. 

Viene presto al “dunque”, Luca, continuando la sua narrazione: nel suo limpido greco della “Koiné”: «Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere [la Sacra Scrittura, l’Antico Testamento]. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia, aprì il rotolo e trovò il passaggio dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”» (Lc 4,16-19). 

È questo il ritratto del Messia, profetizzato da Isaia 700 anni prima. Gli ascoltatori di Gesù lo sapevano, e in quegli anni, erano in fervida attesa del Messia (cf. Lc 3,15). Il beato padre Giuseppe Girotti (1905-1945), il grande biblista domenicano e martire della carità a Dachau, nel suo magistrale Commento a Isaia (LICE, Torino 1942, pp. 596ss) a proposito scrive: «Il cap. 61 [qui letto e poi illustrato da Gesù], racchiude quello che molto opportunamente fu chiamato il “quinto canto del Servo di Jahvè”, nel quale la sua missione è messa in rapporto con i dolori della vita. Non può riguardare solo la fine dell’esilio del popolo d’Israele a Babilonia, ma tocca l’orizzonte propriamente spirituale, sul cui piano si svolge il programma divino della salvezza e della redenzione per opera di Gesù Cristo». «Se il profeta fa parlare uno che si dichiara Inviato da Dio per compiere quell’opera di Redenzione, non vi può essere alcun dubbio circa la Persona di cui si tratta: è Gesù Cristo stesso». 

 

Come un’esplosione

Il bello viene ora. Continua a narrare l’evangelista Luca: «Gesù riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di Lui» (Lc 4,20). L’attesa che Gesù parli è palpabile. Ecco, Gesù parla e... scoppia “la bomba”: «Allora Gesù cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”» (Lc 4,21).

Sguardi stupiti, quasi sgomenti nell’assemblea dei nazaretani. Brusio. “Ma com’è possibile?... Questo Gesù, figlio di Maria, che pretende di essere l’Inviato di Dio, il Messia, che compie la profezia di Isaia? Non è lui il falegname? Ma chi crede di essere questo Gesù cresciuto sotto i nostri occhi?”.

La risposta di Gesù non cambia di una virgola: «Oggi si è compiuta questa Scrittura». Il suo commento consiste in una sola parola: “Oggi”. Supponiamo degli uomini che vivono nell’ossessione di una esplosione atomica che deve annientare la loro città. Un giorno si presenta ad essi un messaggero che dice semplicemente: “È fatta”. È facile immaginare il loro stupore e la loro incredulità, il loro sgomento.

L’“oggi” di Gesù provocò un effetto analogo. Tutta la loro speranza-attesa messianica approderebbe in questo Uomo – il falegname di Nazareth –, loro concittadino. “Oggi” è una parola chiave in Luca: «Oggi vi è nato un Salvatore» (Lc 2,11) cantano gli angeli appena dopo la sua nascita. Dio Padre, nel Battesimo di Gesù, dichiara: «Oggi io ti ho generato» (Lc 3,22). «Oggi questa casa ha ricevuto la salvezza» (Lc 19,5-9), dice Gesù, entrando a casa di ZaccheoAl ladrone in croce, Gesù morente assicura: «Oggi sarai con me in Paradiso» (Lc 23,43).

Questa parola ci introduce in una concezione personalissima che Luca ha della storia della salvezza. Per Matteo e Marco, questa si suddivide in due tempi: prima del Cristo, il tempo della preparazione; con il Cristo, quello della realizzazione, della Chiesa. Gesù è come un punto all’incrocio dei tempi. In Luca questo “punto” si distende e assume un valore originale: tra il tempo della preparazione e quello della Chiesa, c’è “il tempo di mezzo”, quello di Gesù.

Questo tempo, Gesù, citando Isaia, lo definisce come “l’anno di grazia del Signore”, l’occasione offerta al popolo che l’attende (e poi non lo riconosce): «Dio – diceva il testo di Isaia – mi ha inviato a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Is 61,2). Ciò che è grazia offerta: offerta ai poveri, ai quali Egli è venuto a proclamare la Buona Notizia della loro salvezza dal peccato e dalla morte eterna. I poveri sono gli infelici, anche chi, pur essendo ricco di beni materiali, aspira più in alto, al Dio infinito ed eterno. Anche chi ha un’anima di povero e di cui Maria è il modello. La loro liberazione: non è quella cercata da Spartaco a Roma, qualche decennio addietro, con l’insurrezione degli schiavi, né quella della cosiddetta “teologia della liberazione” nei nostri tempi. La sola vera schiavitù è quella che ci sottomette al peccato, a Satana e alla perdizione eterna. Anno di grazia offerta ai ciechi, anzitutto ai veri ciechi: coloro che non credono (cf. Is 29,16-19; 35,5-6).

Ma i concittadini di Gesù, già chiusi nel cuore o poco aperti all’irruzione della “vera novità” che è l’uomo-Dio nella loro storia, sanno solo essere sgomenti: proprio quel Gesù della loro terra sarebbe il Messia? Ma no, non può essere. Non gli credono. Presto lo rifiuteranno.

 

Da Nazareth alla Croce

Si comprende come davanti a questo annuncio straordinario, i suoi compatrioti rimangano “stupiti”: parola ambigua che si usa ora per dire ammirazione, ora scandalo. Gesù rimprovera i suoi ascoltatori di non credere in Lui. Questa esigenza di fede è enorme. Gesù, proprio nella sua patria quale è Nazareth, esige un’adesione alla sua persona per se stessa, perché basta Lui per testimoniare di sé, tanto è nuovo, il Nuovo assoluto.

Lo farà anche più tardi: «A questa generazione non sarà dato altro segno che quello di Giona» (Lc 11,29-32) e il solo segno che Giona abbia dato agli abitanti di Ninive fu di ascoltarlo predicare. Si deve credere a Gesù a causa dei suoi miracoli, ma ancora di più a causa della sua persona e del suo insegnamento! Gesù continua il suo discorso: per illustrare il detto “Nessun profeta è accolto bene nella sua patria”, ricorda due fatti dell’Antico Testamento: il profeta Elia, rifiutato dai suoi e accolto da una poverissima vedova di Sarepta in Fenicia; Eliseo, pure profeta, che guarisce dalla lebbra l’ufficiale Naaman il Siro e non i lebbrosi d’Israele... e pensare che entrambi sono pagani e uno è nemico di Israele! (cf. Lc 4,24-27).

Durante la sua vita Gesù sembra essersi limitato ai Giudei, ma Luca, discepolo degli Ellenisti e di Paolo di Tarso, sa bene che Gesù è venuto per la salvezza di tutti gli uomini, dei pagani come dei Giudei. Gesù doveva predicare prima di tutto ai Giudei perché essi erano il popolo preparato da Dio per accoglierlo. Ma già allora Egli pensava agli altri. Nel discorso-programma di Gesù a Nazareth, i due fatti-miracoli che Egli cita a esempio, sono compiuti entrambi in favore di pagani, la vedova di Sarepta e il nemico Naaman il Siro.

Gli israeliti di Nazareth davanti a questa prospettiva si impennano: trascinano fuori Gesù per lapidarlo, lo spingono sull’orlo del precipizio per buttarlo dentro e farlo morire. A Nazareth della sua fanciullezza e della sua prima giovinezza, quel sabato, tra la sinagoga e il precipizio, già si intravede il Calvario, la Croce. Gesù ne è consapevole e affronta il suo destino, che è il suo progetto, la volontà del Padre. «Egli, passando in mezzo a loro, se ne andava» (Lc 4,32). “Se ne andava”, alla lettera “saliva”. Dove? Verso Gerusalemme, dove l’attendeva il suo “oggi” definitivo, la Redenzione del mondo.

Allora, con l’uomo-Dio che è nostro contemporaneo, contemporaneo di ogni uomo e di ogni tempo, di ogni luogo, “oggi”, proprio “oggi”, si compie la nostra salvezza dal peccato e dalla morte: se lo accogli, se ti lasci salvare, se inserisci il tuo breve “oggi” di uomo nell’oggi eterno del Cristo. Provare per credere, la potenza e la gioia del Cristo, che è sempre la massima esplosione della Verità, dell’Amore, della Vita.

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