SPIRITUALITÀ
L’Incarnazione nella mia vita
dal Numero 12 del 22 marzo 2020
di Padre Louis-Marie de Blignières

Il Fiat mariano che salva il mondo fa eco al Fiat divino che lo ha creato. Anch’io sono chiamato a entrare liberamente in questo Fiat perché “Dio che mi ha creato senza di me non mi salverà senza di me”.

La pienezza del tempo

Come riuscire a non perdere tempo, questa successione di momenti «dove tutto è vanità e afflizione di spirito» (Qo 1,14)? Mettendolo in rapporto con il centro della storia, la «pienezza del tempo» (Gal 4,4), quando la forza dell’Altissimo copre con la sua ombra (cf. Lc 1,35) la debolezza di una Vergine di Nazareth. Sì, in questo istante sublime in cui il Verbo prende carne nel seno dell’Immacolata, tutti gli altri istanti del tempo sono come sospesi. L’esistenza del mondo e lo scorrere dei secoli sono ordinati al compimento del numero degli eletti. Dio mi ha predestinato all’adozione dei figli attraverso Gesù Cristo (cf. Ef 1,5), ed è per comunicare “l’adozione dei figli” a me, che Egli ha inviato suo Figlio, formato da una donna (cf. Gal 4,4). È a causa della salvezza degli uomini, per salvarli attraverso la sua Passione, che Dio ha deciso che un punto del tempo avrebbe toccato l’eternità: l’istante unico in cui il Figlio di Dio diventa il figlio di Maria. L’essere santo che nasce da Lei (cf. Lc 1,35) dà un senso a tutte le cose che il Verbo Incarnato ricapitola e riunisce in Lui come sotto un unico capo (cf. Ef 1,10).

Per contemplare la scena mi rendo presente, in spirito, in una borgata della Galilea. In una rustica dimora sul fianco della collina di Nazareth, vedo una vergine di 15 anni in preghiera. Che cosa sta meditando? Il racconto della caduta nel primo libro della Torah, quel passaggio commovente che i Padri hanno chiamato Protovangelo, in cui sono stabilite le inimicizie divine ed è preannunciata la vittoria della Donna sul serpente (cf. Gen 3,15)? Oppure la profezia di Isaia sulla “almah”: «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14)? Maria conosce le Sacre Scritture e sa che i tempi sono vicini. Lei desidera ardentemente la liberazione del suo popolo attraverso la venuta del Messia promesso.

Improvvisamente, un essere fatto di luce si fa presente accanto a Lei. È un Angelo inviato da Dio. “Salve o piena di grazia. Tu sei benedetta tra tutte le donne”. “Che significa?” [...].

Gabriele la rassicura: se Dio la dice Immacolata è perché Lui l’ha fatta tale, in vista della divina Maternità. La sua profezia riprende le stesse parole di Isaia ed essa continua, sontuosa e piena di reminiscenze degli annunci del Regno eterno di un Figlio di David (cf. 2Sam 7,12-16; Is 9,6; Mi 4,7): «Non temere, Maria, perché tu hai trovato grazia presso Dio. Ecco, tu concepirai nel tuo seno e darai alla luce un figlio, a cui porrai nome Gesù; egli sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Iddio gli darà il trono di Davide, suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,30-33).


La trasparenza di Maria nella luce

Come reagirà Maria davanti a tali promesse? Generare il Re dei secoli! Diventare Madre di Dio! Aprire le porte del tempo all’Eterno, che uscirà dal suo seno «come uno sposo dalla sua tenda nuziale» (Sal 18,6)! Come non immaginare le preoccupazioni della più bella delle creature? La sento dire all’Angelo il voto segreto del suo cuore: “Come accadrà tutto ciò? Non ho fatto, di comune accordo con il mio promesso sposo Giuseppe, il solenne voto di conservare per Dio la mia verginità?”.

Oh, grandezza della promessa! Di fronte alla maestà del Creatore si erge l’umiltà di una creatura. Dio la vuole per madre, ma Lei gli presenta la nobile libertà del suo profondo desiderio. La risposta divina è sorprendente: un concepimento verginale sarà il suggello della Maternità divina. «Lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra: per questo il bambino che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35).

Il timore reverenziale che prova davanti al mistero, Maria lo racchiude nello scrigno della sua umiltà: “Dio mi ha creata, io sono sua, tutta rivolta alla sua volontà”. Raccogliendosi nel più intimo dell’anima per preparare il suo Fiat, Ella presenta a Dio uno specchio così limpido della sua purezza che riesce ad attirarlo verso la creazione. Tutta trasparente è così perfettamente dimentica di se stessa che non lascia trasparire agli occhi del suo Creatore se non la propria lucentezza. Lei è quella “verità che esce dalla terra”: non solo “la giustizia la guarda dal cielo” (cf. Sal 84,12), ma il Sole di giustizia verrà ad abitare in Lei.

Gabriele immerge il suo sguardo nell’«abisso impenetrabile perfino agli occhi degli angeli» (inno Akathistos). Ne è tramortito, lui, l’incorporeo che abita presso il «vestibolo della Trinità divina» (pseudo-Dionigi Aeropagita): una donna genererà Dio! Che sbigottimento per questo spirito il contemplare un essere in carne e ossa «di cui nessun pensiero al di sotto di quello divino può misurare la grandezza» (Beato Pio IX). Ma lo scopo finale è nientemeno che la Redenzione dei peccatori, è la salvezza mia, misero uomo. E mi par di sentir mormorare: “Oh, Maria, accetta!”. E ascolto, stupefatto, la risposta: “Che sia fatto di me secondo la tua parola”. Indovino il mistero che si compie attraverso la tua fede, o Vergine: presa dalla nube che ti copre con la sua ombra, Tu sei pervasa, resa traslucida dalla luce di Dio e concepisci il Verbo. Ecco la prima grazia: la persona stessa dell’eterno Figlio è generata attraverso di Te; quel Verbo che viene per rendere testimonianza alla luce del Dio-Trinità, per salvare gli uomini decaduti in Adamo e che viene a cercare me, che ero perduto (cf. Lc 19,10).

Come deve essere stato commovente per Gabriele, che si ricordava dell’inizio dello scorrere del tempo. Presso gli angeli, rivede Lucifero, il più bello tra i portatori di luce, ebbro del suo naturale splendore, reso però opaco dopo la sua rivolta, mentre scivola nell’«abisso delle tenebre dello spirito creato» (sant’Agostino).

Presso gli uomini si ricorda bene del dramma primordiale: Eva, sedotta da una bellezza di cui si dimentica l’origine divina, che precipita dalla grazia dell’Eden alla miseria del peccato, passando così «dal primo sole del primo giardino» (Charles Péguy) ai tormenti ereditari della sofferenza e della morte.


Maria genera Gesù in me

Tu sei, o Immacolata, lo stelo su cui rifiorisce tutta la creazione. Laddove Satana disse: “No, non servirò, e metterò il mio trono al posto di quello dell’Altissimo”, laddove Eva pensò: “Possederò la bellezza del mondo come mio bene, conoscerò il bene e il male, e sarò come Dio”, Tu dichiari: “Ecco la serva del Signore. Sono una creatura, tutta la mia bellezza è di Dio e tutta la mia beatitudine sta nel servirlo”. Nel nome dell’intero genere umano, Tu dici sì. Ed ecco il grande esodo di Dio verso la terra degli uomini: Tu divieni, Maria, l’Arca nuova ove risiede la divina Beltà.

Il tuo Fiat che salverà il mondo fa eco al Fiat (cf. Gen 1,3) divino che lo ha creato. «Ma Dio, che mi ha creato senza di me, non mi salverà senza di me» (sant’Agostino). Come ha domandato l’accettazione di una semplice creatura per incarnarsi, così Dio vuole che io lavori senza sosta alla mia salvezza. È per «strapparmi all’eterna dannazione» (Canone romano) che il Cristo si è “annientato” (cf. Fil 2,7). Maria, aiutami a prendere tutto questo sul serio! Gesù non ti ha forse preavvertito: «Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti» (Mt 20,16)?

Il tuo unico Figlio, vero Dio e vero uomo, lavora con me per salvarmi. L’atto salutare di virtù che mi ispira è veramente umano e veramente divino. Come è stato concepito in Te, o Maria, senza infrangere la tua verginità, così Dio può entrare nel cuore della mia volontà senza distruggere la mia libertà e inclinare così, soavemente e fortemente, la mia anima verso il bene.

Essendo insito nella volontà creata, Dio, con la sua grazia attuale, non violenta il mio atto libero. «È Dio che opera in me il volere e il fare, secondo ciò che gli piace» (Fil 2,13). La spiritualità del Rosario sta in questo: che io dica fiat ai tocchi della grazia, che mettono il corso della mia vita in contatto con l’eternità. Ponendo l’atto di virtù che richiede l’istante presente – atto di forza, di dolcezza, di speranza, di breve elevazione dello spirito verso la bontà divina –, io ti lascio, o Maria, generare Gesù nel mio cuore. Tre volte al giorno, all’ora dell’Angelus, assisterò con meraviglia al più grande avvenimento della storia. Per riscattare il tempo, soprannaturalizzandolo, ti chiederò, o Madre di Dio, la grazia di capire l’attualità eterna dell’Incarnazione.

E la mia vita sarà profumata dal balsamo di Maria e incantata dalla sua bellezza: «Tu sei il fiore, tu sei la rosa / tu sei colei in cui ci si riposa / la dolcezza che supera ogni altra. / Tu sei colei in cui è racchiusa / la beltà che per null’altra cosa / che sia, è vinta o cancellata» (Rosarius, XIV secolo).

O Maria, «Sposa non-sposata» (inno Akathistos), Tu ricevi il Verbo nel giorno del suo sposalizio con l’umanità. Nella tua fede, “voglio farmi del tutto docile, al fine di imparare tutto da Lui” (santa Elisabetta della Trinità). «Tu sei veramente la Madre di Dio, incomparabilmente più gloriosa che i Serafini» (Liturgia bizantina), chi saprà dire il tuo mistero?  

tratto da: Il Rosario nella vita del cristiano, Casa Mariana Editrice

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