SPIRITUALITÀ
Una fotografia della politica
dal numero 6 del 4 febbraio 2024
di Lazzaro M. Celli

La Legge di Dio e la sua applicazione pratica a livello sociale e individuale costituiscono la base per il buon andamento di uno Stato.

È sorprendente verificare come ci siano cose che rimangono per sempre e come esse, anche a distanza di anni, decenni, non cambino. È il caso di una riflessione di don Dolindo Ruotolo che tocca il punto nevralgico del problema della politica di ogni tempo, una costante alla luce della quale si possiede un valido criterio di giudizio per valutare le decisioni dei “grandi” di ogni tempo.
Si tratta di un racconto scritto da don Dolindo prima degli anni ’70, più di cinquanta anni or sono. Lo ritroviamo nella recente riedizione di 
I fioretti di don Dolindo, edito da Casa Mariana Editrice-Apostolato Stampa. Il brano si intitola La conferenza dei pazzi. Esso, con penetrante lucidità, sembra una fotografia delle strategie della politica di oggi. 


Don Dolindo scrive di tre pazzi che si adoperano per portare la pace nella loro famiglia. Come accade anche ai nostri giorni, tuttavia, la soluzione si rivela esser peggiore del male che si vuole curare. Così, per metter fine ai dissidi che continuamente nascono, il primo pazzo propone questa soluzione: «Bisogna fare in modo che quelli di famiglia si avversino, perché così non si parlano più, e tu sentirai la pace in casa».
Verrebbe subito da chiedersi come sia possibile “sentire la pace in casa” alimentando l’avversione e quindi l’odio. Così facendo si otterrà l’effetto esattamente opposto poiché quando, prima o poi, l’odio esploderà ci saranno forti dissidi e contrasti. Notiamo subito come la pace, l’obiettivo iniziale, non è più il fine del primo matto. Esso è stato sostituito dall’assenza del conflitto, il che non equivale alla pace. Non è forse questa la condizione in cui versano alcuni Stati oggi, i quali si illudono di aver creato una situazione di stabilità?
Il secondo pazzo dice: «Facciamo una società di tutta la famiglia, però mi ci metto io a capo e, col pretesto di far loro del bene, mi prenderò tutto. Così svanirà l’oggetto dei contrasti». Anche questo modo di ragionare lo ritroviamo in molte strategie della politica moderna. Pensiamo, ad esempio, all’eutanasia che in nome di una falsa pietà istiga al suicidio. Parliamo di falsa pietà perché essa nasconde un grosso abuso: la strumentalizzazione della fragilità psicologica del malato, causata dallo stato di sofferenza che ne impedisce il pieno consenso consapevole, ammesso che esso possa ritenersi condizione per fruire dell’eutanasia. Dunque, con il pretesto di fare del bene, si perseguono fini egoistici.
Il terzo dice: «Il rimedio più semplice è questo: ammazzarli tutti, ed ecco la pace». A fronte di questa soluzione, verrebbe giustamente da pensare che lo scopo iniziale del loro progetto, quello di trovare un rimedio per portare pace in famiglia, doveva essere l’obiettivo da raggiungere per il bene dei componenti della famiglia stessa; ma se eliminiamo i beneficiari di questa pace viene meno anche l’obiettivo iniziale. 


E don Dolindo conclude la storiella affermando che nessuno aveva pensato che il rimedio potesse essere l’infondere nei familiari il santo timor di Dio e la carità cristiana: «Quante conferenze non si sono fatte a Versailles, Saint Germain, Parigi, Londra, Bruxelles... le conferenze dei pazzi. Vogliono risolvere i problemi del mondo senza Dio!». 


Purtroppo, non abbiamo ancora compreso che il successo di un governo è dato dall’accoglienza dei principi del concetto cattolico di politica, concetto che riconosce l’immutabilità del valore di leggi che l’uomo deve solo rispettare – come i dieci Comandamenti, base del vivere civile di ogni società –, e la Regalità di Cristo sui popoli, da cui ne consegue l’applicazione pratica dei suoi insegnamenti.   

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