SPIRITUALITÀ
I Magi d’Oriente: chiamata di tutti i popoli
dal numero 1 del 31 dicembre 2023
di Padre Alessandro M. Apollonio

Sebbene le circostanze nelle quali è avvenuta l’adorazione di Gesù Bambino da parte dei Magi possano essere oggetto di supposizioni, indubitabile è che in loro si è avuta la chiamata di tutti popoli alla salvezza. Non loro hanno offerto doni al Signore, ma è il divino Infante che ha colmato di beni preziosi quei re venuti dall’Oriente.

L’antifona al Benedictus, nelle Lodi dell’Epifania recita così: «Oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo, suo Sposo, accorrono i magi con doni alle nozze regali e l’acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia».


Qui sono riassunti i tre momenti principali della manifestazione di Dio agli uomini: 1) l’adorazione dei Magi venuti dall’Oriente; 2) il Battesimo di Gesù nel fiume Giordano; 3) il miracolo delle nozze di Cana. Nel primo e ultimo momento, la Vergine Maria appare direttamente coinvolta nel mistero della manifestazione di Dio agli uomini: i Magi adorano il bambino tra le braccia della Madre; i discepoli cominciano a credere in Cristo per il miracolo a Cana di Galilea, propiziato dalla Vergine Maria. Oggi, come allora, la Vergine Maria è per gli uomini la via di accesso privilegiata alla manifestazione di Dio nella loro anima, tramite la virtù della fede e i doni dello Spirito Santo. Soffermiamoci sul versetto evangelico che nel modo più essenziale racchiude il mistero dell’Epifania: «[I Magi] entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono» (Mt 2,11). Prendiamo spunto dal commento che ne fa Cornelio A Lapide.
Per il fatto che qui si parla di “casa” e non di “stalla” o di “grotta”, alcuni pensano che dopo la nascita nella stalla, san Giuseppe abbia trovato una casa disponibile più decorosa e là si sia trasferito con Maria e Gesù Bambino. Infatti, il sovraffollamento di Betlemme, dovuto al censimento decretato da Cesare Augusto, doveva gradualmente diminuire, per poi scomparire del tutto una volta che la gente venuta da fuori avesse compiuto le prescrizioni della legge imperiale. In questa casa, secondo tale ipotesi, sarebbe avvenuta l’adorazione dei Magi. Così pensano anche sant’Epifanio e altri. 


Secondo la pia tradizione, che trova la sua espressione visibile nei nostri presepi, invece, la Sacra Famiglia in quel tempo abitava ancora nella stalla, dove Gesù Bambino era nato e dove, perciò, fu adorato dai Magi. Questa tradizione è fondata sul fatto che gli ebrei chiamavano “casa” qualsiasi luogo dove uno abitava, animale o uomo che fosse. Per esempio, nel Salmo 104,17, la “casa” significa il nido della cicogna: «Sui cipressi la cicogna ha la sua casa». Poiché, infatti, il censimento indetto dai romani, che obbligava tutto il popolo, durava per settimane e mesi, a Betlemme c’era un continuo andirivieni di persone che, essendo quasi tutte più ricche di san Giuseppe, si assicuravano i posti migliori della città. Fu così che anche la Madonna e Gesù Bambino non trovarono alloggio in una casa normale, condividendo volontariamente la condizione di san Giuseppe, che era quella dei “poveri di Jahvé”. 


In questo modo i Magi, che erano abituati ai grandi fasti delle loro dimore – e, con loro, tutti i discepoli di Cristo –, cominciavano a essere istruiti sulla povertà evangelica, perché il Regno di Cristo è fondato sull’umiltà e il disprezzo delle vanità del mondo, non sulle ricchezze e sui palazzi lussuosi. Così scrivono sant’Agostino nel Sermone 204 e 204/A sull’Epifania, san Giustino nel Dialogo con Trifone, san Giovanni Crisostomo, san Gregorio di Nissa, Rabano Mauro, Eutimio, san Bernardo, san Tommaso, la venerabile Maria d’Agreda. Francesco Suárez aggiunge: «La Vergine rimase nella stalla, allattando Gesù Bambino, fino alla sua purificazione», ossia per 40 giorni dopo il Natale.
Anche san Girolamo, nella Lettera 147, è di questo parere: «In quel luogo, gli angeli annunziarono la nascita di Dio; ivi accorsero i pastori; ivi brillò la luce della stella; ivi i Magi si prostrarono adorando». 
Poiché spesso la stalla degli animali comunicava direttamente con la casa dove abitavano gli uomini, la stalla poteva essere anche detta casa, in quanto era una sua parte. Spesso, infatti, si dice la parte per il tutto e il tutto per la parte. 


Il Vangelo qui non parla di san Giuseppe. Egli certamente era presente e si adoperava per rendere calda e accogliente quell’abitazione provvidenziale. Ma san Matteo non ne parla, per far capire ancora una volta che egli non era il padre naturale di Gesù, sebbene ne avesse assunta pienamente la paternità legale. I Magi poterono intuire soprannaturalmente il mistero della divinità di quel Bambino e della sua nascita verginale da Maria. Ebbero tuttavia profonda venerazione anche per san Giuseppe, in quanto prescelto da Dio, fra tutti gli uomini, a prestare il suo servizio al Figlio suo e alla sua Santissima Madre. Poiché la Vergine Maria, in quanto Sposa dello Spirito Santo, godeva in pienezza del dono delle lingue, annunciò la buona novella ai Magi, parlando il loro stesso idioma ? o, comunque, facendosi intendere da essi ?, spiegando loro le principali verità di fede, riguardanti Dio e la sua Incarnazione. Pieni di fede e amore per quel bambino appena nato, dunque, essi lo adorarono come Dio e, allo stesso tempo, venerarono la sua Vergine e Immacolata Madre con un culto del tutto speciale. 


I Magi offrirono al neonato Re oro, incenso e mirra, ma maggiori furono i doni spirituali che essi ricevettero nelle loro anime da quel Bambino divino: illuminazioni, consolazioni e ardori celestiali. Così confortati, nacque in essi il desiderio fervente di spendere la loro vita per quel Dio fattosi bambino, di annunziarlo al loro popolo, non badando a fatiche, persecuzioni, afflizioni fino a versare il sangue per Lui. In cambio dell’oro, ricevettero il dono della carità ardente e della sapienza divina, che portò a perfezione la loro sapienza umana; in cambio dell’incenso ottennero il dono spirituale della preghiera e della devozione; in cambio della mirra, ottennero il dono della purezza e di una vita senza la corruzione del peccato.
Erasmo da Rotterdam e altri autori moderni mettono in dubbio che i Magi abbiano adorato Gesù Bambino come Dio, ma solo come Re, secondo le usanze del culto “civile” dell’epoca. La Tradizione dei Padri e dei santi, invece, dice che essi conobbero la divinità di Gesù, sia per ispirazione dello Spirito Santo sia per l’insegnamento ricevuto da Maria. Così dicono, tra gli altri, sant’Ireneo e san Leone Magno. San Fulgenzio da Ruspe, nel Sermone sull’Epifania, dice sapientemente: «Considerando i doni che essi offrirono, sappiamo ciò in cui credettero». Perciò, con termine di origine greca, la festa che celebra questo mistero si chiama “Epifania” e “Teofania”, ossia “manifestazione di Dio”, perché Cristo, in questo giorno, si è mostrato come Dio ai Magi e da essi è stato adorato. Tutto questo, per mezzo della Santissima Vergine Maria, tramite la quale Dio continua a manifestarsi agli uomini del nostro tempo, nello splendore della sua divinità e nell’umiltà della sua condizione terrena.   

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