ALLA SCUOLA DI PADRE PIO
Sì, Padre Pio era bello
dal Numero 37 del 21 settembre 2014
di Raimondo Giuliani

Come omaggio alla singolare personalità di San Pio, nell’anniversario della sua morte, vogliamo penetrare nel mistero del suo fascino soprannaturale. Il Cristianesimo è infatti portatore di un nuovo concetto di bellezza incentrata soprattutto nella Passione di Cristo.

Leggendo uno dei tanti libri che trattano di San Pio da Pietrelcina e il mistero della sua dolorosa Messa, ci imbattiamo in un testo eccezionale. Si tratta di una noticina nascosta a piè di pagina ma che, trovata, resta il gioiello più brillante dell’intero volume. Forse perché si tratta di parole dette da Gesù in persona, che rivelano la vera identità di Padre Pio a una sua figlia spirituale, Eleonora Foresti.
La famosa e corposa nota n. 15 dice testualmente: «Eleonora Foresti (1873-1953) conobbe Padre Pio nel 1919 e su consiglio del Padre fondò la Congregazione delle Francescane Clarisse Adoratrici. Anima mistica, Eleonora è stata favorita da Dio in doni straordinari, tra i quali la percezione costante che Gesù Eucaristia restava in lei, sotto le specie sacramentali, da una comunione all’altra. Inoltre Gesù le parlava rivelandole qualcosa sul mistero di Padre Pio che lei ha riportato in versi liberi nel suo Diario: “L’anima di Padre Pio è fortezza inespugnabile; / è cella vinaria in cui mi inebrio a mio piacere, / è un favo di miele! / È il rifugio nelle ingratitudini degli uomini; / è il cielo terso in cui gli angeli / rispecchiano il loro volto stupendosi; / è lo specchio della mia anima in cui rifletto / come un purissimo raggio di sole, attraverso il più puro cristallo. / La mia voce è in lui come l’eco tra due monti. / Il suo linguaggio è dolce, tagliente, franco, / misterioso, come il mio: abbatte, atterra, suscita, / con lo stesso imperio, perché io, Gesù, vivo in lui. / Il suo spirito è diffuso come un fluido. / Opera con la parola non meno che con lo spirito: / un gesto, una parola, uno sguardo di Padre Pio / operano più del profondo eloquio di un oratore. / Egli è vita nel corpo e nello spirito. / Io do valore a tutto ciò che emana da lui. / Il tuo Padre Pio è il capolavoro della mia misericordia, / a lui ho conferito tutti i doni del mio spirito / come a nessun altro. / È il mio perfetto imitatore, il mio altare, / il mio sacrificio, la mia ostia. / È la mia compiacenza, la mia gloria. / Io sono in Padre Pio e lui è in me. / Chi vede Padre Pio, vede me”».
Non si arriva al termine che subito si prende a scorrere daccapo il ritratto che il Divino Maestro ha tracciato del suo amato discepolo, perché pare impossibile che un povero essere umano possa riunire in sé tanta grazia e virtù dinanzi agli occhi di Dio.
«Chi vede Padre Pio, vede me», conclude il Signore, ed anche Padre Pio disse lo stesso, in modo speculare: «Chi vede me, vede Gesù». Successe il giorno in cui una sua figlia spirituale, Cleonice Morcaldi, gli chiese con insistenza: «Padre mio, quanto desidero conoscere il volto di Gesù. Fammelo vedere in sogno. Pregherei meglio». Allora il Padre rispose con tutta la spirituale confidenza che poteva prendersi con anime che ben lo seguivano nelle sue ascensioni mistiche: «E guardami... Chi vede me, vede Gesù».
Queste due espressioni bastano per entrare nel mistero che vorremmo considerare: la bellezza di Padre Pio. Sì, Padre Pio era bello. Sono numerosi gli aneddoti narrati dai figli spirituali a proposito della sua bellezza. Un giorno, tra la calca di gente che gli sbarrava il passaggio, s’alzò la voce: «Padre, come siete bello!», e lui con la sua solita garbata ironia: «E famolo passà sto bell’omo»!
Padre Pio aveva un innegabile fascino che attirava. Non era fascino o simpatia umana, anzi egli era nemico della bellezza e della simpatia umana, al punto da sembrare burbero. In lui allora cosa attirava?

Bello perché crocifisso
Secondo le parole di Gesù sopra riportate, il Padre aveva il Suo stesso fascino.
Nella Liturgia della Quaresima la Chiesa pone in Cristo la realizzazione dell’elogio espresso nel Salmo 44: «Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia», per sostituirlo poi nella Settimana Santa con Isaia: «Non ha bellezza né apparenza; l’abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore» (53,2). Paradossalmente, il “più bello” tra i figli degli uomini è esposto al pubblico disprezzo quale figura priva d’ogni attrattiva! Nel Salmo, la grazia diffusa sulle labbra del re sta ad indicare l’intima bellezza della sua parola – e quindi della verità – non semplicemente il fascino esteriore. Proprio in Gesù sofferente l’umanità apprende che la bellezza della verità non esclude l’oltraggio, il dolore e persino la morte.
Nella contemplazione della Passione di Gesù Crocifisso – che è specchio di suprema Bellezza per ogni cristiano – l’estetica del mondo classico antico viene completamente superata, perché unita allo scandalo di un corpo sfigurato. L’elogio alla bellezza del Salmo, quindi, abbinato alla drammatica descrizione del Servo sofferente di Jahvé riconosce in Cristo un nuovo concetto di bellezza.
È questo concetto di bellezza trasfigurata nel dolore che investe la persona di Padre Pio.
Come rappresentante stampato delle stigmate di Gesù, egli si inserisce in maniera speciale nel solco dei crocifissi, di coloro che saranno accostati nei secoli al Signore, termine massimo di confronto per ogni bellezza.
Egli riceve per la prima volta la partecipazione alle piaghe della Passione nel 1910, quando non era ancora stato ordinato sacerdote. Il dono di Dio lo riempie di vergogna, al punto da indurlo a chiedere d’esser liberato dai segni visibili all’esterno. Sarà esaudito per alcuni anni, fino a che il 20 settembre 1918, viene stimmatizzato visibilmente e definitivamente. Padre Pio spesso chiederà al Signore di allontanare da lui «non lo strazio, non il dolore», poiché sentiva di volersi «inebriare di dolore», ma quei «segni esterni» che gli erano di «una confusione e di una umiliazione indescrivibile e insostenibile» (Epistolario I, p. 1094).
Tuttavia la stimmatizzazione rappresenta solo la punta del complesso mondo di sofferenza impresso nella persona del Padre. Vi sono, oltre ai patimenti fisici, anche quelli morali che egli sostiene al di là di ogni umana possibilità. Oltre a questi, poi, si aggiungono le sofferenze mistiche, che cerca di tenere nascoste come “gioielli del re”: «Sono crocifisso d’amore», confessa candidamente solo al suo direttore spirituale, mentre riferisce del bacio e del tocco spirituale che il Padre Celeste ha impresso nell’anima sua: «Me ne stavo in chiesa a farmene il rendimento di grazie per la Messa, quando tutto ad un tratto mi sentii ferire il cuore da un dardo di fuoco sì vivo e sì ardente che credetti morirne... Mio Dio che fuoco! Quale dolcezza!... Oh, che bella cosa essere vittima d’amore» (Epistolario I, p. 300).
Padre Pio si è lasciato colpire dalla freccia della bellezza sofferente di Gesù e ne è diventato partecipe e simbolo. Lui che pure il giorno di Pasqua meditava la Passione del Signore ed esclamava: “Gesù Risorto è bello, ma crocifisso è più bello!”.
La visibilità del suo dolore unito alla dolcezza dell’amore con cui vi corrispondeva traspariva dalla sua persona ed era eloquente più di mille prediche, esercitava un’attrattiva potente, muoveva le masse, convertiva i cuori. In Padre Pio risplendeva qualcosa della bellezza del Cristianesimo, perché era Cristo vissuto.
In tempi come i nostri in cui il valore delle cose e delle persone si misura con il superficiale apparire, c’è bisogno di cristiani che vivano fino in fondo il loro essere di Cristo, per mostrare al mondo in cerca di bellezza, la vera Bellezza che promana anzitutto dalla Verità di Gesù. Non basta conoscere Gesù semplicemente a parole. Bisogna lasciarsi colpire dal dardo della sua bellezza paradossale: che è la sofferenza trasformata in amore.

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