RELIGIONE
Gesù Cristo: mito o storia? Intervista al prof. Marco Fasol
dal Numero 29 del 31 luglio 2022
a cura di Lazzaro M. Celli

Marco Fasol è laureato in filosofia all’Università Cattolica di Milano e diplomato in scienze religiose presso lo Studio Teologico San Pietro Martire di Verona. Insegna storia e filosofia da oltre quarant’anni nei licei classico e scientifico “Alle Stimate” di Verona. Autore di diversi saggi storici con taglio apologetico, affianca all’attività di docente quella di conferenziere. Ormai sono più di 300 le sue conferenze tenute in numerose città italiane, alcune delle quali pubblicate sul web. è dal 2006 che si occupa di difendere, con varie pubblicazioni, l’attendibilità dei Vangeli canonici, studiandone gli aspetti filologici e storici.

• Professore, perché una ricerca storica sui Vangeli? Non basta aver fede nei Vangeli?

Se io ho veramente fede nei Vangeli, se credo che sono Parola di Dio, allora impegno tutto me stesso per studiarli, per conoscerli, per approfondire tutta la storia che ci raccontano. Da mattina a sera voglio conoscere sempre di più e sempre meglio la “lettera” che Dio ha mandato all’umanità. Per cui proprio la ricerca storica è segno evidente di fede nei Vangeli, altrimenti non ce ne occuperemmo.  Al contrario io capovolgo la domanda: come puoi dire di avere fede nei Vangeli se non ti preoccupi di approfondirli, di studiarli, di ricercarne la verità storica? Se non fai queste ricerche, vuol dire che in fondo in fondo tu non credi che i Vangeli siano Parola di Dio. Se lo credessi davvero, non penseresti ad altro! Inoltre si deve dire che Gesù stesso ci ha comandato di andare in tutto il mondo ad annunciare il suo Vangelo, allora dobbiamo assolutamente cercare di rendere credibile, attendibile il Vangelo, perché siamo chiamati a discutere con atei, con scettici, con agnostici. Diventa quindi una premessa indispensabile una ricerca razionale, scientifica, perché la ragione laica è il terreno comune su cui credenti e non credenti possono dialogare. San Pietro è stato perentorio: «Siate sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in voi!» (1Pt 3,15). Dopo più di due secoli di Illuminismo, i giovani, soprattutto, hanno acquisito una cultura "scientifica e razionale". Per cui se non sappiamo rispondere quando ci chiedono: «È credibile quello che la Chiesa ci ha sempre insegnato su Gesù? O siamo stati imbrogliati?», diventiamo responsabili delle loro crisi di fede.

 

• Siamo sicuri che i Vangeli non abbiano subito manipolazioni o alterazioni in duemila anni? 

Fino all’invenzione della stampa nel 1400, tutti i testi dell’antichità erano copiati a mano dagli amanuensi. È il numero e l’antichità dei manoscritti di questi amanuensi che misura l’attendibilità di un testo antico. Ora, i Vangeli sono di gran lunga il testo più documentato dell’antichità per quanto riguarda il numero di manoscritti antichi. Più di 5.300 sono i manoscritti del Nuovo Testamento greco! Più di 8.000 le traduzioni latine! Mentre si pensi che per Virgilio abbiamo solo 110 manoscritti, per Platone 11, per Tacito 2! Inoltre i Vangeli hanno i manoscritti più antichi in assoluto, come il Papiro Rylands, del 125 d.C. o il Papiro Bodmer II e Bodmer XIV della seconda metà del II secolo, il Papiro Chester Beatty... Tutti manoscritti antichissimi, mentre tra gli autori pagani, il manoscritto più antico è un frammento di Virgilio, trascritto ben 350 anni dopo! 

Abbiamo anche un criterio linguistico che ci fa capire che i Vangeli sono resoconti di testimoni oculari e non sono stati manipolati. Sono stati scritti infatti in greco, ma hanno numerosi “aramaismi”, cioè modi di dire, parole, stili di comunicazione derivanti dall’aramaico, la lingua madre di Gesù. Quindi sono stati scritti da persone che parlavano la stessa lingua di Gesù, che usavano la sua fraseologia, che ci riportano quindi fedelmente il suo messaggio. Ad esempio ci sono nei vangeli 26 parole in aramaico, non tradotte in greco. Fra queste la parola “Abbà” (= Papà) la quale ci rivela che Gesù si rivolgeva al Padre chiamandolo “Papà”, con la stessa confidenza con cui un bambino si rivolge a suo papà. Ancora, almeno cinquanta volte viene ripetuta da Gesù la parola “amen”, che significa “in verità”, altra espressione tipica dell’ebraico o aramaico. Sulla Croce grida in aramaico: «Eloi, Eloi, lama sabactani». E gli esempi si potrebbero moltiplicare. Invece i vangeli apocrifi non hanno questo sottofondo aramaico. Usano un lessico ed uno stile linguistico di tipo greco, con concetti filosofici gnostici e neoplatonici che sono profondamente estranei alla cultura giudaica.

 

• Al cuore del messaggio evangelico troviamo l'incredibile evento della pasqua di Gesù. Ci sono prove della Risurrezione? 

Gli storici, soprattutto negli ultimi cinquant’anni, hanno elaborato il cosiddetto criterio di concatenazione consequenziale degli eventi che ci permette di spiegare la successione ragionevole della sequenza degli avvenimenti evangelici. Proviamo a togliere dalla catena di successione dei fatti le apparizioni del Risorto: ci troveremmo di fronte all’impossibilità di chiarire ciò che è accaduto. Uno storico, infatti, deve spiegare come sia stato possibile che la comunità dei discepoli, la sera del Venerdì Santo, fosse scoraggiata e depressa, piena di paure, rinchiusa nel Cenacolo e timorosa di uscire, per non fare la stessa fine del Maestro e poi, nel giro di pochi giorni, questa stessa comunità abbia avuto il coraggio di proclamare a Gerusalemme e in tutto il mondo antico la novità sconvolgente che il Crocifisso è il vero Dio, pur non avendo nessun potere politico, economico, militare, culturale. Addirittura molti discepoli moriranno martiri per questo annuncio. Evidentemente uno storico oggettivo deve riconoscere che tra il Venerdì Santo e la predicazione in tutto il mondo, deve essere accaduto un evento straordinario, che tutti i Vangeli riconoscono essere la Risurrezione.

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