RELIGIONE
La scala della perfezione morale
dal Numero 44 del 12 novembre 2017
di Suor M. Gabriella Iannelli, FI

La Veritatis splendor, nel 1° capitolo, assume il brano evangelico del giovane ricco come punto di partenza per ripercorrere tutta la morale biblica. Gesù stesso dimostra che i Comandamenti non sono da intendere come un limite minimo da non oltrepassare, ma come una strada aperta per un cammino di perfezione morale e spirituale.

Il papa Giovanni Paolo II, partendo dalla riflessione sul dialogo tra il giovane ricco e Gesù, spiega che l’interrogativo su ciò che è bene e ciò che è male, la “domanda morale”, si può rivolgere unicamente al Signore Gesù perché Lui solo è «la via, la verità e la vita». Prima di riportare il discorso sul passo evangelico in questione egli fa delle premesse: al n. 12 ribadisce che «solo Dio può rispondere alla domanda sul bene, perché Egli è il Bene. Ma Dio – egli aggiunge – ha già dato una risposta a questa domanda: lo ha fatto creando l’uomo e ordinandolo con sapienza e amore al suo fine, mediante la legge inscritta nel suo cuore (cf. Rm 2,15), la “legge naturale”. Questa “altro non è che la luce dell’intelligenza infusa da Dio in noi. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce e questa legge Dio l’ha donata nella creazione” (San Tommaso d’Aquino)». La legge naturale, dunque, è quella legge intima inscritta in ciascun uomo creato «a immagine e somiglianza di Dio» (Gen 1,26), e legata alla natura razionale della persona umana. Essa è la base della capacità morale di ogni uomo, ma non può essere sempre percepita chiaramente e deve essere integrata da una legge positiva che esplicita e rende più concreto il dettato della verità morale. Quale è questa legge? Ce lo svela Gesù nel suo dialogo con il giovane ricco: «“Maestro che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? [...] “Se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti”» (Mt 19,16). «Viene in tal modo enunciato – commenta il Papa – uno stretto legame tra la vita eterna e l’obbedienza ai comandamenti di Dio: sono i comandamenti di Dio che indicano all’uomo la via della vita e ad essa conducono. Dalla bocca stessa di Gesù, nuovo Mosè, vengono ridonati agli uomini i comandamenti del Decalogo; egli stesso li conferma definitivamente e li propone a noi come via e condizione di salvezza» (n. 12). Essi «sono la prima tappa necessaria nel cammino verso la libertà, il suo inizio: “La prima libertà – scrive sant’Agostino – consiste nell’essere esenti da crimini... come sarebbero l’omicidio, l’adulterio, la fornicazione, il furto, la frode, il sacrilegio e così via. Quando uno comincia a non avere questi crimini (e nessun cristiano deve averli), comincia a levare il capo verso la libertà, ma questo non è che l’inizio della libertà, non la libertà perfetta...”» (n. 13).
Il Decalogo, infatti, trova un ulteriore compimento nella morale evangelica che Gesù è venuto a donarci: «Cristo è la chiave delle Scritture [...] è il centro dell’economia della salvezza, la ricapitolazione dell’Antico e del Nuovo Testamento, delle promesse della Legge e del loro compimento nel Vangelo [...]. Gesù porta a compimento i comandamenti di Dio, in particolare il comandamento dell’amore del prossimo, interiorizzando e radicalizzando le sue esigenze: l’amore del prossimo scaturisce da un cuore che ama, e che proprio perché ama, è disposto a vivere le esigenze più alte. Gesù mostra che i comandamenti non devono essere intesi come un limite minimo da non oltrepassare, ma piuttosto come una strada aperta per un cammino morale e spirituale di perfezione, la cui anima è l’amore» (n. 15).
Continuando nel commento del passo evangelico del giovane ricco Gesù mostra che si può arrivare ad una perfezione superiore a quella dell’osservanza dei Comandamenti: «Gesù disse: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ed egli chiese: “Quali?”. Gesù rispose: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso”. Il giovane gli disse: “Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?”. Gli disse Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi” (Mt 19,18-21)». La risposta sui Comandamenti non soddisfa il giovane ricco; egli sembra aspirare a qualcosa di più. Il “maestro buono”, allora, lo invita ad entrare nella strada della perfezione e indica chiaramente che questa perfezione consiste nel seguirlo, che la perfezione dell’amore è Lui stesso: “Vieni e seguimi!”. È una logica nuova, quindi, una logica superiore, la logica del Vangelo e delle Beatitudini: «Le beatitudini non hanno propriamente come oggetto delle norme particolari di comportamento, ma parlano di atteggiamenti e di disposizioni di fondo dell’esistenza e quindi non coincidono esattamente con i comandamenti. D’altra parte non c’è separazione o estraneità tra le beatitudini e i comandamenti: ambedue si riferiscono al bene, alla vita eterna. Il Discorso della Montagna inizia con l’annuncio delle beatitudini, ma contiene anche il riferimento ai comandamenti (cf. Mt 5,20-48). Nello stesso tempo, tale Discorso mostra l’apertura e l’orientamento dei comandamenti alla prospettiva della perfezione che è propria delle beatitudini. Queste sono, anzitutto, promesse, da cui derivano in forma indiretta anche indicazioni normative per la vita morale. Nella loro profondità originale sono una specie di autoritratto di Cristo e, proprio per questo, sono inviti alla sua sequela, alla comunione di vita con Lui» (n. 16).
La sequela di Cristo, la comunione di vita con Lui, la conformità a Lui sono il termine ultimo, il traguardo del cammino morale. In Cristo, in ciò che Lui ha insegnato e in ciò che Lui ha fatto, c’è il termine di paragone di ogni azione morale.
Dove attingere dunque, in sintesi conclusiva, la verità morale? Il Papa ci ha presentato la scala della perfezione morale: la legge naturale, la legge positiva dei Comandamenti, gli insegnamenti di Cristo nel Vangelo nello spirito delle Beatitudini, la sequela e la conformità a Cristo stesso, modello e vertice della perfezione dell’uomo.

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