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“Sempre unito a Gesù, questo è il mio programma” Carlo Acutis e l’Eucaristia. Parla la mamma | Intervista
dal Numero 31 del 28 agosto 2022
a cura di Lazzaro M. Celli

Il beato Carlo Acutis è il giovane quindicenne dichiarato beato il 10 ottobre 2020, è l'innamorato ardente dell'Eucaristia che avrebbe voluto incendiare il mondo di questo amore. Abbiamo chiesto alla mamma, Antonia Salzano, di raccontarci come è nato questo amore in Carlo e cosa ha saputo trasmetterle.

• Gentilissima Antonia, Lei è la mamma del beato Carlo e lo ha visto crescere potremmo dire in “età, sapienza e grazia”; potrebbe raccontarci come è nato in lui quell’intenso amore per l’Eucaristia?

Carlo ha maturato molto presto la consapevolezza della Presenza reale di Dio in mezzo a noi, tant’è che gli fu concesso di fare la prima Comunione a 7 anni. Da allora tutti i giorni andava a Messa e faceva l’Adorazione eucaristica. Diceva che siamo più fortunati di chi visse 2000 anni fa accanto a Gesù perché non sempre quelle persone potevano agevolmente stabilire con Lui un contatto intimo e personale come invece possiamo fare noi oggi. Ai tempi di Gesù potevano esserci degli impedimenti per stabilire un contatto diretto. Pensiamo, ad esempio, a Zaccheo che per vederlo è costretto a salire su un albero o alla folla che attorniava Gesù. Quanti avranno desiderato parlargli, senza averlo potuto fare? Noi, contrariamente, possiamo andare nella chiesa più vicina alla nostra abitazione e ci ritroviamo faccia a faccia con Lui. Abbiamo Gerusalemme sotto casa! 

Quando fece la prima Comunione scrisse: «Essere sempre unito a Gesù, questo è il mio programma di vita». 

 

 

• Da quel giorno cosa è cambiato?

Carlo viveva la Presenza reale di Gesù non solo mentalmente, ma concretamente, nella vita di ogni giorno. Per essere testimoni credibili della Verità bisogna viverla. Non basta conoscerla. Tutto ciò che faceva era con Gesù e per Gesù. Chiamava l’Eucaristia “la mia autostrada per il Cielo”, perché era consapevole che nell’Eucaristia c’è la pienezza di Dio. 

L’Eucaristia ci trasforma. Se questo fatto fosse recepito, diceva, le chiese sarebbero talmente piene che la gente non potrebbe entrare. Tuttavia, tutto ciò non avviene. Allora, da bravo catechista – iniziò a 11 anni come aiuto catechista –, si rese conto che i miracoli eucaristici erano poco conosciuti ed organizzò una mostra per risvegliare il fervore della fede ed evitare che ci si accostasse alla Comunione con troppa superficialità. Spesso manca la piena consapevolezza del gesto che stiamo compiendo, eppure l’Eucaristia è la medicina dell’anima, il farmaco dell’immortalità come lo chiamava sant’Ignazio di Antiochia. 

Quando faccio la Comunione mi cibo dell’Amore e siccome il fine di ogni cristiano è amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo, quando mi cibo dell’Eucaristia ricevo forza per raggiungere questo fine. Dovremmo gridare su tutta la terra che abbiamo bisogno d’impostare la nostra vita sull’Oltre, sull’Infinito e non sul finito. Sull’Assoluto! L’Infinito, diceva Carlo, è la nostra patria e cibandoci dell’Eucaristia noi pregustiamo la Vita eterna. L’Infinito si piega sul finito già su questa terra e noi possiamo vivere questa unione. 

 

 

• Fino a che punto, Lei che è la mamma, ha compreso la profondità del mistero eucaristico che Carlo viveva? 

Io cito il fatto che sono cresciuta in una famiglia laica, non ostile alla fede, ma non praticante, molto lontana dai sacramenti. Ero convinta che fossero un fatto di rito, un atto simbolico. Pur se battezzata la pensavo in pratica come i protestanti. Feci la prima Comunione e quella fu la mia prima Messa; poi la Cresima e quella fu la seconda Messa; infine il Matrimonio, la mia terza Messa. Con la nascita di Carlo, ho costatato che fin da piccolo manifestava una grande vita di fede e di pietà. Correva avanti al tempo sia nella dimensione naturale della vita che in quella soprannaturale. A 3 mesi ha detto la prima parola, a 5 mesi già parlava. A 4 anni leggeva e scriveva. Mi faceva domande incalzanti sulla vita spirituale ed io mi sentivo a disagio. Ero cresciuta in una famiglia dove la cultura era una specie di idolo ma ero ignorante in materia di fede e per questo mi sembrava che la mia autorità genitoriale fosse debole. Ciò mi creava difficoltà, a questo si aggiunse la morte prematura di mio padre, allora la mia crisi si acuì e cominciai a pormi delle domande più profonde.

Mi recai a Bologna per incontrare un sacerdote che poi divenne il mio direttore spirituale fino al 2010. Mi confessò, mi disse tutti i miei peccati senza avermi mai visto e sapere chi fossi e mi disse che Carlo avrebbe avuto una grande missione per la Chiesa e altre cose che si sono avverate. Da lì cominciò il mio percorso, ma io, in più, ho avuto la grazia di avere Carlo. È stato per me come una luce che ha illuminato la mia oscurità. 

Con il mio cambiamento è come se in me si fosse aperta una finestra e ho capito il valore dei sacramenti. Sono i mezzi per ricevere la grazia e i segni della grande misericordia di Dio per noi, scaturiti dal costato ferito del Figlio. Carlo ha interceduto per me; si è sempre fatto preghiera per gli altri e naturalmente non poteva non pregare anche per la sua famiglia e per me che sono la mamma. 

Il Signore mi ha concesso questa grazia straordinaria ma ciò non significa che sono una santa. Poi ho cominciato a partecipare alla Messa quotidiana e da allora ho visto che tanti difetti che avevo, tante stupidità su cui avevo basato la mia vita non ci sono più. 

L’Eucaristia è Dio che diventa il nostro scudo perché combatte con noi le battaglie di ogni giorno. Se, dunque, non ho colto con la stessa profondità di Carlo il mistero che viveva, posso dire che mi accorgo dei cambiamenti che il mistero dell’amore di Dio opera in me.

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