Il mondo della politica e l’opinione pubblica ricevono pressioni sempre più forti in favore dell’uso della cannabis. Da chi? E in quale modo interpretare l’impegno economico di famosi finanzieri e imprenditori che profondono milioni di dollari per liberalizzare la commercializzazione della droga?
Chi può aver interesse alla propagazione della droga? Solo i narcotrafficanti, criminali senza scrupolo, o anche alcuni dei miliardari del mondo dell’alta finanza?
Di primo acchito siamo portati a ritenere che i cattivi siano proprio loro, gli spacciatori internazionali; invece non rappresentano che un’appendice. Chi fa le cose alla grande, in modo sistematico, pianificato in larga scala, sono i finanzieri, i padroni del mondo, che con i loro dollari si adoperano per orientare il consenso dell’opinione pubblica in favore dell’uso della cannabis.
Tra i più grossi investitori in questo settore vi troviamo Peter B. Lewis, un ricchissimo finanziere, morto nel novembre del 2013. A partire dal 1980 ha impiegato tra i quaranta e i sessanta milioni di dollari, grazie ai quali, in ben venti Stati negli USA, sono state approvate leggi per la vendita di cannabis, per la coltivazione e il commercio.
Il Direttore della NORML, un’Organizzazione che lotta per promuovere il diritto alla marijuana, ha detto che tra il 1995 e il 2013 nessuno più di Lewis ha dato il suo contributo economico.
Con la sua morte non è finito il movimento antiproibizionista. Altri finanzieri stanno continuando la sua opera. Tra essi l’onnipresente George Soros, uno degli uomini più ricchi del Pianeta; George Zimmer un imprenditore del settore abiti maschili e il Presidente della Phoenix University, John Sperling.
Un esempio dell’influenza dell’Alta Finanza per regolare la commercializzazione della droga anche in Italia risale a quando i radicali organizzarono un referendum per promuoverne la legalizzazione.
Era il tempo in cui il partito era guidato da Marco Pannella. In quegli anni andò in onda un cartone animato in cui era propagandato l’antiproibizionismo. Al termine della pellicola, nei titoli di coda, c’erano i ringraziamenti al finanziatore del messaggio: la Fondazione Open Society, un ente voluto dal finanziere George Soros, il quale ha lautamente finanziato anche la Lega Internazionale Antiproibizionista. Il suo motto è: «Guerra alla Guerra alla Droga». A questo punto i lettori si chiederanno legittimamente il motivo di tale interesse da parte dell’Alta Finanza. Lo spiega Giovanni Serpelloni, ex responsabile del Dipartimento politiche antidroga, il quale ritiene che ci siano tracce sufficienti per ritenere che la legalizzazione della cannabis aprirebbe l’ingresso alle multinazionali del tabacco nel mercato della droga, in modo che, anche in Italia, affonderebbero le mani sui profitti potenzialmente altissimi. In quale altro modo si potrebbe giustificare, nota Serpelloni, l’impegno economico di famosi finanzieri e imprenditori per centinaia di milioni di dollari?
Infine, per rispondere a quanti ritengono che la legalizzazione della droga indurrebbe a sgominare il narcotraffico internazionale, possiamo rispondere con la voce di Ayda Levy, la vedova di Roberto Suárez Gómez, detto il re della cocaina, il primo tra i più grandi narcotrafficanti della storia. Ciò che egli perseguì per tutta la sua vita fu rendere legale la produzione, il traffico e l’uso di droga!
Perché? Perché da produttore illegale, insieme a tutti i suoi compari, sarebbe diventato commerciante riconosciuto a tutti gli effetti. Se questo è il mondo che ci sta consegnando chi s’inchina alle leggi del piacere e dei soldi e del peccato, piuttosto che alla Legge di Dio, c’è davvero tanto da pregare l’Immacolata.