SANTO NATALE
La luce vera del Natale
dal Numero 46 del 18 dicembre 2022
di Fabio Trevisan

Con poche e oneste parole, da bravo artigiano e da buon padre di famiglia, Giovannino Guareschi ci offre l’essenza del Santo Natale e della famiglia cristiana, fatta di cura, rispetto e di tutte quelle virtù naturali e cristiane che dovrebbero caratterizzare la ricorrenza del mistero della Natività.

Vigilia di Natale 1946: inizia la bellissima saga di Mondo piccolo, ovvero la conosciuta ed apprezzata storia di “Don Camillo e Peppone”, interpretata magistralmente da Fernandel e Gino Cervi. Molti però non sanno che l’autore di quei straordinari racconti ha scritto molto e bene anche su temi quali la famiglia e il Natale, al punto da vergare testi come La favola di Natale, Il corrierino delle famiglie, Lo Zibaldino, Vita con Giò e numerosi altri articoli apparsi su riviste e sul Candido, inimitabile e umoristico settimanale dove apparivano rubrichette e rimandi ai temi legati alla famiglia e al Natale. Come ha ben condensato in un libro (Le lampade e la luce, Edizioni Rizzoli) uno dei più grandi studiosi di Giovannino Guareschi (1908-1968), Giovanni Lugaresi, «per Guareschi la famiglia è qualcosa di sacro: l’attaccamento del cuore, la tenerezza del cuore e la comunione spirituale [...]. Giovannino Guareschi crede vivamente nel matrimonio-sacramento: un impegno assoluto, preso davanti all’altare di Dio, fra un uomo e una donna che si amano, decidono di condividere tutto, e così consacrano il loro amore, per la vita». 
Che cos’era la famiglia per lo scrittore emiliano? Quale significato assumeva la Natività nella sua vita quotidiana? Facendoci sorridere, con umiltà e sano umorismo, ma anche con sincera commozione, Guareschi ci ammaestra con le sue stesse poetiche e vibranti parole, considerazioni di un uomo in un campo di concentramento dove era stato imprigionato per ben due anni, lontano dai suoi affetti familiari. Ecco cosa scriveva in Diario clandestino: «Signora, di una sola cosa ti prego: che la sera della Vigilia di Natale tu imbandisca la tavola nel modo più lieto possibile. Fa’ schiodare la cassa delle stoviglie e quella della cristalleria; scegli la tovaglia migliore, quella nuovissima piena di ricami; accendi tutte le lampade. E prepara un grosso albero di Natale con tante candeline, e prepara con cura il Presepe vicino alla finestra, come l’anno scorso. Signora, io ho bisogno che tu faccia questo. Il mio pensiero ogni notte varca il reticolato [...]. Signora, bisogna che, almeno la notte di Natale, il mio pensiero, fuggendo dal recinto, possa trovare un angolo tiepido e luminoso in cui sostare. Voglio tanta luce: voglio rivedere il vostro volto, voglio rivedere il volto dell’antica serenità». E con un pizzico di ironia di colui che non vuole prendersi troppo sul serio, nemmeno lì, in quel campo di prigionia, concludeva la lettera che smorzava i toni troppo tristi, poco guareschiani, con un incredibile: «Altrimenti che gusto c’è a fare il prigioniero?». 
Un Guareschi poco conosciuto ma che andrebbe letto ed apprezzato anche in famiglia ed anche a Natale. Del Natale lo scrittore parmense aveva colto il significato della vera luce in un mondo che aveva perduto l’uomo, schiacciato dalle ideologie totalitaristiche. “Voglio tanta luce, voglio rivedere il volto dell’antica serenità”: parole che rivelano l’autentico desiderio del cuore dell’uomo che non può essere spento da chi vorrebbe esiliare il Bambino-Dio dal mondo; da chi vorrebbe, novello Erode, distruggere la pienezza di luce e di vita di quell’Infante. 
Anche Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) avrebbe approvato quelle parole in riferimento alla vera Luce, alla vivida luce del Natale, la sola in cui sia possibile realizzare un regno di amore, un regno di autentica pace. Ecco come riassunse, con parole che toccano il cuore e la mente, l’essenza della storia cristiana in uno scritto del 1936, pochi mesi prima della morte: «Tutta la storia cristiana ebbe inizio da quel grande avvenimento mondano in cui Erode e Pilato si strinsero la mano. Fino a quel giorno i due non si parlavano quasi neppure. Qualcosa li indusse a cercare un reciproco appoggio, la vaga sensazione di una crisi [...]. I due capi si riconciliarono precisamente il giorno in cui uno di quei condannati fu crocefisso. Ecco ciò che molti intendono con la parola “pace”: la sostituzione di un regno d’amore con uno di odio».
Sul significato della luce cristiana irradiata dal Bambinello, lo scrittore londinese la opponeva alla falsa luce del commercio per futili motivi. Al contrario del presepe, rischiarato dalle torce e dai falò dei pastori o dei Magi venuti da lontano, la città moderna si illuminava per banali motivi: «Tutta la città è illuminata, ma non per nobili motivi. Solamente per insistere sull’importanza enorme di realtà materiali e futili, decorata per motivi del tutto mercenari. Il significato di quelle luci e di quei colori [del presepe cristiano] è stato quindi totalmente ucciso».
La luce vera del Natale illuminava la vita, la vita della Sacra Famiglia.
A Natale, rammentava Chesterton, vi era rappresentata la Sacra Famiglia, Gesù, Giuseppe e Maria.
In quel ritratto eterno di autentica vita familiare trova compimento il desiderio di salvezza dell’uomo. Con le parole dello scrittore di Beaconsfield si può così proiettare, come in un grande schermo, l’immagine della Sacra Famiglia: «L’antica trinità fu quella del padre, della madre e del figlio e si chiama l’umana famiglia; la nuova trinità è quella del Figlio, della Madre e del Padre, e si chiama Sacra Famiglia. È mutata solo in quanto rovesciata; come il mondo che ne fu trasformato non è differente da quello di prima se non in quanto è capovolto».
Parole che fanno riflettere e fanno ravvivare nei nostri cuori il calore sacro del Natale.
Con poche ed oneste parole, da bravo artigiano che sa far bene il proprio lavoro e da giusto padre di famiglia, anche Giovannino Guareschi ci consegna a tutto tondo l’essenza del Santo Natale e della famiglia cristiana, fatta di cura, rispetto e di tutte quelle virtù umane, naturali e cristiane, che dovrebbero caratterizzare la ricorrenza e la festa del mistero della Natività. Scriveva ancora Guareschi nel 1965: «Per noi della vecchia generazione, pure disincantati da guerre e relativi dopoguerra, il traguardo sentimentale d’ogni anno rimane il Natale. Natale è per noi la tappa annuale del lungo e duro cammino [...], ci fermiamo un istante per raccogliere le nostre idee, i nostri ricordi, e per guardarci indietro. E sono assieme a noi i nostri cari: i vivi e i morti. E nel nostro Presepino di Natale rinasce, col Bambinello, la speranza in un mondo migliore». 
Un fervido augurio che sia così per tutti noi e per le nostre famiglie; possa rinascere davvero, col Bambinello, la speranza in un mondo migliore.  

Casa Mariana Editrice
Sede Legale
Via dell'Immacolata, 4
83040 Frigento (AV)
Proprietario: Associazione CME Il Settimanale di Padre Pio. Tutti i diritti sono riservati. Credits