RECENSIONI
Padre Pio Santo Eremita. L’incontro con Dio sulle orme dei padri del deserto
dal Numero 20 del 21 maggio 2017
di Carlo Codega

di Alessandro Gnocchi & Padre Serafino Tognetti

(Fede & Cultura, Verona 2017, pp. 172, € 17)

Innumerevoli sono i libri e gli articoli pubblicati ogni anno su San Pio da Pietrelcina, segno di un interesse sempre desto per la figura di questo Santo che non ha sicuramente esaurito la sua funzione profetica e anzi sembra essere veramente il Santo del Terzo Millennio.
Tra le ricostruzioni della travagliata biografia e i tentativi di sintesi della sua esperienza spirituale, la bibliografia sul Santo cappuccino annovera contributi di grande spessore e attendibilità – insieme ad alcuni testi più discutibili – che sempre tentano di cogliere qualche novità nella vita e nella spiritualità di San Pio.
L’agile testo in questione, scritto da Padre Serafino Tognetti CFD e da Alessandro Gnocchi, si propone ex professo invece di non ricercare alcuna novità nella vita e nella spiritualità del Santo stigmatizzato, bensì di inserire la sua figura all’interno dell’agiografia e della spiritualità cattolica più classica e tradizionale: quella dei Padri del deserto. Mentre il mondo contemporaneo – che ha sostituito la ricerca della verità con il culto della novità – spesso profana anche l’agiografia dei Santi con il prurito della novità (cf. p. 129), cercando di farli in qualsiasi modo dei «testimoni delle novità più capricciose» o dei profeti di qualche presunto “rinnovamento” conciliare della Chiesa, gli Autori si prefiggono come scopo quello di dimostrare come la grandezza di San Pio vada colta nella sua “originalità”. Originalità non nel senso banale e “progressista” che tendiamo a dargli oggi ma nel senso più etimologico e profondo: San Pio è originale – o meglio originario – proprio perché è tornato (o forse è rimasto) alle origini della vita religiosa e spirituale, quelle origini che non sono semplicemente una delle tante vie ma l’unica via per seguire Cristo. Scrive Padre Serafino Tognetti: «Padre Pio non è contemporaneo e non è vecchio. È semplicemente originario, è situato nel principio della fede in Cristo e del tempo di Cristo e da lì parla agli uomini di ogni epoca e di ogni luogo. La cella del convento nel Gargano del XX secolo può divenire un luogo angusto, se non la si riconduce alla sua topografia spirituale, caverna dell’antica Tebaide preparata da sempre dal Signore per ospitare il suo Santo servo» (p. 7). San Pio sarebbe così «l’estremo lembo della schiatta dei Padri del deserto» (p. 149), ovvero quei seguaci di Cristo dei primi secoli che – disprezzando il mondo e le sue massime – scelsero la via della solitudine, della penitenza, della preghiera continua e del rinnegamento di sé per unirsi a Dio più intimamente e giungere alla santità, trascinando con sé tante altre anime.
Non a caso quindi nella parte centrale del libro gli Autori hanno intelligentemente organizzato una raccolta di detti di San Pio, modellandoli secondo la forma classica dei Detti e fatti dei Padri del deserto che sono vere e proprie «noci di sapienza durissime e quasi inscalfibili. Parole che si alimentano del silenzio originario di chi le enunciava e del silenzio riflesso di chi le udiva. Emissioni di grammatica spirituale così indecifrabili da nascondere chi le pronunciava» (p. 132).
Se cercassimo in questo prezioso libro uno zuccherino con cui saziare qualche nostra superficiale “voglia” spirituale o qualche aneddoto per svagarci ne resteremmo in realtà con la bocca amara: il San Pio presentatoci da Padre Serafino Tognetti e da Alessandro Gnocchi è più un pugno nello stomaco che una carezza per noi cristiani di oggi! Gli Autori non ci apparecchiano un santo ad usum delphini, modellato sui canoni della tiepidezza del cristianesimo odierno né lo sfigurano in un abile organizzatore di eventi ecclesiastici o in un filantropo commovente, bensì ne ricostruiscono i tratti di «solitario che tuona contro il peccato e che si immola per la salvezza dei peccatori, con carismi straordinari, tutto dedito alla gloria di Dio, al ristabilimento dell’ordine morale, alla mediazione universale attraverso il sacerdozio» (p. 21). San Pio fu anzitutto un uomo di Dio che – come gli antichi Padri del deserto o i più moderni starets orientali – portava sotto la rudezza delle vesti e le maniere brusche dell’asceta solitario, un «misterioso senso di Dio» (pp. 16-23), acquistato nei lunghi anni di preparazione sofferente e orante, che avvicinava le anime, le convertiva e le riconsegnava alla confidenza e alla Grazia di Dio, per tornare a sparire poi nell’umile nascondimento della sua cella, a riprendere quella lotta contro il demonio che – come per sant’Antonio il Grande– prendeva i tratti di un vero e proprio corpo a corpo. È la funzione di intercessione del vero uomo di Dio e del vero sacerdote che per essere reale mediatore tra Dio e gli uomini, deve necessariamente staccarsi dal consorzio umano, non per disprezzo verso di esso ma per amore vero e sacrificale, attinto direttamente alla sorgente dell’amore divino. Questa funzione mediatrice di San Pio – la sua vera missione sulla terra a suo dire – è ampiamente sottolineata da Padre Serafino Tognetti che individua i tre pilastri del Santo del Gargano: «il Sacrificio della Messa, la confessione dei peccati e la preghiera» (p. 22). Niente di speciale – si potrebbe dire – così come niente di speciale vi era nei Padri del deserto, se non la fedele e testuale osservanza delle esigenze del Vangelo radicalizzate dall’amore verso Dio. È la serietà e la drammaticità del Cristianesimo quella che portò il giovane sannita a conformarsi ogni mattina all’amato Crocifisso o a consumarsi nel confessionale, oppure ancora a piangere calde lacrime per i peccati commessi dagli uomini, consapevole della rovina spirituale delle anime: «I Padri del deserto non ridono, come non ride il confessionale di Padre Pio. Il motivo è semplice: c’è il peccato nel mondo» (p. 41).
È l’amore soprannaturale per le anime, la sua paternità spirituale nutrita da preghiera e ascesi ad aver attratto innumerevoli folle in quella piccola cittadina garganica che sembrava aver riprodotto in pieno XX secolo gli “affollati deserti” dei Padri: «Per quanto questo religioso avesse voluto sottrarsi alla folla per stare faccia a faccia con Dio e portare la Croce di Cristo – scrive Alessandro Gnocchi – la gente cristiana gustava in lui l’inesauribile carità e annusava istintivamente la capacità di discernere con discrezione gli spiriti» (p. 134). La sua non era un’eloquenza nutrita su libri eruditi e neppure addomesticata dai consigli della moderna pastorale, ma il suo parlare breve e incisivo «così incomprensibile al balbettare delle intelligenze moderne, nasceva da questa stessa radice, la lingua di Dio, che si manifestava nel “dire sempre la stessa cosa”» (p. 139), senza pretese d’innovazione ma con la consapevolezza che la parola di Dio porta frutto per una sua interna virtù e non per il rivestimento umano.
La figura di Padre Pio – nella penna di Padre Serafino Tognetti – si staglia proprio come uno di quei giganti spirituali dei primi secoli: «un innamorato di Cristo e degli uomini, disposto a scendere alle bocche dell’inferno per strappare le anime al demonio e ricondurle a Dio. Uomo dell’altare, della spada, della lotta contro il demonio, della croce [...] uomo che paga per tutti, che si spende fino all’ultima stilla di energia perché le persone lui affidate rimangano in Grazia di Dio e muoiano in Grazia» (p. 63).

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