Padre Alessio Parente, che per alcuni anni è stato accanto a P. Pio ed ha potuto constatare quanto egli fosse attaccato alla corona benedetta con cui si onora la Madre di Dio, un giorno gli chiese: «Padre, ma perché recitate sempre il rosario e non altre preghiere?».
Il Santo gli rispose con estrema chiarezza: «Perché la Madonna non mi ha mai rifiutato una grazia, chiesta attraverso la recita del rosario».
Per il Padre il rosario è dunque il mezzo più potente per ottenere le grazie, ma è anche un’arma di difesa.
Questo attributo, dato tante volte da P. Pio alla corona, è stato usato anche da altre anime sante. San Luigi Maria Grignion de Montfort, asseriva che il rosario è un’arma formidabile per la salvezza delle anime e per il riscatto del mondo. […] Dell’aiuto, che può dare la corona del rosario, nei momenti di pericolo ne ha fatto esperienza Concetta Tomasi in Nicosia di Vittoria (RG).
Con la figlia Maria Teresa, diciottenne, nel maggio del 1967 partì per S. Giovanni Rotondo col desiderio di confessarsi da P. Pio, ma durante il viaggio era molto preoccupata soprattutto per la ragazza, temendo di poter fare qualche brutto incontro. Per questo teneva sempre ben stretta nella mano una coroncina del rosario.
Giunte a destinazione, le due donne si prenotarono per la confessione, ma fu detto loro che era necessario aspettare quindici giorni, prima che arrivasse il turno.
Così si ritrovarono di nuovo in viaggio, perché non avevano i mezzi per rimanere tanto tempo in albergo. Avvertite telegraficamente, e di nuovo a S. Giovanni Rotondo, finalmente poterono parlare con P. Pio.
La mamma, dopo aver ricevuto l’assoluzione e la benedizione per tutta la famiglia, manifestò al Padre la preoccupazione che durante il viaggio di ritorno la sua figliola potesse ricevere molestie da qualche malintenzionato.
P. Pio la rassicurò: «Ma no, ma no! Tu ha sempre con te l’arma. Poi in caso di bisogno invoca l’Angelo custode e san Michele».
La buona signora si avviò serena per la via del ritorno, ma non comprese a che arma alludesse P. Pio nel confortarla. Continuava intanto a tenere sempre stretta nella mano la corona del rosario.
Mamma e figlia presero il treno a Napoli sul far della sera: trovarono un vagone quasi vuoto e si accomodarono in uno scompartimentino, per passarvi la notte. La ragazza si sdraiò e si mise a dormire; anche la mamma si appisolò. Nessuno disturbò. Al mattino si riordinarono ed aprirono la porta. Dopo poco un tizio cominciò a dar fastidio a Maria Teresa, fino a prenderle la mano chiedendo di vedere il braccialetto, un filino d’oro, che lei portava.
A quel punto, ricordandosi di quanto le aveva detto P. Pio, la mamma invocò l’Angelo custode. Dal fondo del vagone si vide arrivare un giovane alto, dall’apparenza un operaio, perché aveva gli abiti con macchie di calce o vernice.
Si avvicinò all’importuno e gli disse: «Perché molesti questa signorina?».
L’interpellato, con fare volgare ed arrogante, lo invitò a farsi i fatti propri. Ma egli mostrò un tesserino. A quel punto l’insolente si dileguò in un attimo.
Il bravo giovane, rimasto con le donne, chiese loro dove andassero.
«A Catania – risposero – per raggiungere poi Vittoria».
«Questa carrozza si ferma a Villa S. Giovanni, dove verrà staccata dal convoglio. Dovete cambiare vagone».
Aiutandole a portare i bagagli, le accompagnò, fino a trovare il posto. E salutatele si allontanò.
La mamma, quando rimasero sole, si convinse che il giovane dabbene, giunto in loro aiuto, era l’Angelo custode invocato.
Per capire poi di quale arma le aveva parlato P. Pio ci mise un po’ più di tempo. Un giorno, ascoltando “radio Maria” apprese da un figlio spirituale che il Padre chiamava ‘arma’ la corona del rosario. E le tornarono in mente tutte le parole del Santo.
P. Marcellino Iasenza Niro,
La Madonna nella vita di Padre Pio,
Edizioni Padre Pio da Pietrelcina,
San Giovanni Rotondo 2008, pp. 153-156.