I FIORETTI
Contatti con l’Aldilà...
dal Numero 40 del 30 ottobre 2022

Un giorno chiesero a padre Pio: “Ma voi avete mai incontrato lo spirito di qualche defunto?”. Lui rispose: “Eh, sì. Tante volte!”. E poi ci raccontava quello che aveva visto». Queste sono le parole di padre Alberto D’Apolito, che fu amico e confratello di padre Pio. Padre Alberto è scomparso nel 2003 ma avevo fatto in tempo a conoscerlo e a farmi raccontare da lui i suoi ricordi. In particolare su un aspetto molto affascinante e cioè i contatti che padre Pio aveva con l’Aldilà.
Padre Alberto era nato a San Giovanni Rotondo nel 1905 e negli anni Venti era stato uno dei ragazzi che vivevano nel collegio annesso al convento dei cappuccini. Aveva avuto modo quindi di frequentare padre Pio, di conoscerlo bene e di essere un testimone oculare importante per quanto riguarda quel periodo, cioè i primi anni del frate santo nel piccolo paese del Gargano. Padre Alberto lo aveva incontrato per la prima volta nel 1917, cioè praticamente un anno dopo l’arrivo di padre Pio nel convento di Santa Maria delle Grazie. Tra i due era nata una bella amicizia. Dal 1950 al 1953 e poi dal 1961 al 1964, padre Alberto ebbe l’incarico di guardiano presso il convento a Pietrelcina, il paese natale di padre Pio. Questo fatto aveva unito ancora di più i due religiosi. Parlavano spesso: padre Alberto chiedeva a padre Pio consigli su come comportarsi coi pietrelcinesi e padre Pio si teneva informato sui suoi compaesani.
«Una volta, padre Pio mi fece questo racconto – mi disse padre Alberto –. Mi spiegò che una sera d’inverno si era trovato solo nella sala della ricreazione del convento e che stava accanto al fuoco del camino per scaldarsi, dato che faceva molto freddo. Il tempo passava. A notte fonda, tutti gli altri frati si erano ormai ritirati nelle loro celle. “Improvvisamente vidi accanto a me quattro frati che non avevo mai visto prima – mi disse padre Pio –. Si sedettero vicino al fuoco, con il cappuccio in testa. Rivolsi loro il saluto: Sia lodato Gesù Cristo. Ma nessuno mi rispose. Meravigliato, li guardai attentamente per vedere se riuscivo a riconoscerli, ma davvero non sapevo chi fossero. Però, ad osservarli bene, mi pareva che soffrissero. Allora ripetei il saluto e ancora una volta loro restarono in silenzio. Lasciai la stanza, salii al primo piano e andai nella cella del padre guardiano per sapere se quella sera fossero arrivati dei frati forestieri. Il guardiano mi rispose: ‘Ma padre Pio! Ma chi si azzarda a venire quassù con questo tempaccio!’. Io allora gli spiegai che di sotto c’erano quattro frati davanti al camino, quattro religiosi incappucciati che non conoscevo e che non avevano risposto al mio saluto. Il padre guardiano si incuriosì. Non capiva come poteva essere possibile che qualcuno fosse entrato nel convento a sua insaputa. Scendemmo insieme ma nella stanza del camino non c’era più nessuno. In quel momento, compresi che quei quattro frati erano religiosi defunti e che forse chiedevano aiuto. Mi trattenni allora tutta la notte in preghiera”.
In un’altra occasione, padre Pio era sotto il pergolato – disse ancora padre Alberto –. Eravamo nel giardino del convento ed era un bellissimo pomeriggio di maggio. Intorno a lui eravamo in cinque confratelli e ricordo che c’era anche mons. Alberto Costa, vescovo di Melfi. Fu proprio il monsignore a chiedergli se avesse mai avuto l’apparizione di qualche defunto. Padre Pio gli disse di sì. Rimase un attimo in silenzio e poi: “Eravamo in piena guerra mondiale. Il convento di San Giovanni Rotondo, come tutti gli altri conventi, era spopolato di frati perché erano stati chiamati sotto le armi. Eravamo rimasti in pochi, tra cui io e padre Paolino. Nostro compito era assistere i ragazzi che studiavano. Era un pomeriggio d’inverno. Faceva freddo, era caduta molta neve. Arrivò alla foresteria del convento la signorina Assunta Di Tommaso, sorella di padre Paolino. Voleva restare a San Giovanni qualche giorno per fare visita al fratello. Prima che calasse la sera, padre Paolino le disse di scendere in paese e di andare ad alloggiare presso Rachelina Russo, una benefattrice del convento. Assunta si rifiutò di lasciare il convento perché il tempo era brutto. Aveva paura di incontrare qualche lupo oppure qualche brigante”. Padre Paolino le spiegò che nel convento c’era la clausura e che le donne non poteva entrare. Assunta rispose che si sarebbe arrangiata a dormire lì, nella foresteria. Aveva solo bisogno di una brandina. L’indomani sarebbe scesa in paese. Padre Paolino considerò l’idea e, chiamati alcuni collegiali, fece portare un letto e accendere il fuoco nel camino per riscaldare la stanza.  
“Dopo la cena, sistemati a letto i ragazzi, io e padre Paolino scendemmo a salutare Assunta  – continuò a raccontare padre Pio –. Chiacchierammo per un po’. Poi padre Paolino andò in chiesa per recitare il Rosario e la sorella andò con lui. Rimasi solo nella foresteria, seduto accanto al camino. Stavo pregando, con gli occhi socchiusi, quando la porta si aprì e vidi entrare un vecchio avvolto in un tabarro uguale a quello che portavano i contadini di San Giovanni Rotondo. Venne a sedersi vicino a me. Lo guardai, chiedendomi come avesse fatto ad entrare a quell’ora in convento. Gli chiesi: ‘Tu chi sei? Che cosa vuoi?’. Mi rispose: ‘Padre Pio, io sono Pietro Di Mauro fu Nicola, soprannominato Precocò. Sono morto in questo convento il 18 settembre 1908, nella cella numero 4, quando ancora qui vi era l’asilo del mendicante. Una sera, stando a letto, mi addormentai con il sigaro acceso, che diede fuoco al pagliericcio e morii soffocato e bruciato. Ora sono nel Purgatorio e ho bisogno di preghiere per essere liberato. Il Signore mi ha permesso di venire a chiedervi aiuto’”.
Padre Pio raccontò di aver prontamente promesso a quel vecchio le sue preghiere, assicurandogli che il giorno dopo avrebbe celebrato una Messa apposta per lui. Poi lo aveva accompagnato al portone. “La porta era sprangata – aveva detto padre Pio –. L’aprii e feci uscire quell’uomo. C’era la luna piena e illuminava il piazzale coperto di neve come se fosse giorno. All’improvviso, lì davanti ai miei occhi, il vecchio scomparve nel nulla. Allora fui preso da paura, chiusi il portone, rientrai nella foresteria e mi sentii venir meno. Padre Paolino e la sorella, terminata la recita del Rosario, ritornarono e vedendomi pallido e sbiancato, pensarono subito ad un malessere.
Data la buonanotte ad Assunta, padre Paolino mi accompagnò nella cella. Però non gli dissi nulla dell’apparizione del defunto. Aspettai qualche giorno, che la sorella fosse ripartita. E soltanto allora confessai a padre Paolino quello che avevo visto. Nei giorni successivi, lui andò all’ufficio dell’anagrafe con i dati precisi che gli avevo fornito. Consultò i registri e scoprì che tutto corrispondeva a verità. Quel Pietro di Mauro era davvero morto nel convento. Era tutto come il defunto mi aveva confidato”».  

di Roberto Allegri, Il Settimanale di Padre Pio, N. 40/2022

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