Il rapporto di vita tra padre Pio e Maria era divenuto unità misteriosa, Maria era l’anima dell’esistenza di questo suo figlio prediletto: amore di sottomissione da parte di lui e amore di Lei che lo possedeva e vi effondeva il suo Gesù. Era vita indotta e accolta. Lei era l’anima dell’anima e del corpo. Diventare uno con Gesù è la vocazione del cristiano, per opera di Maria. È la parabola della vite e i tralci, nella quale Gesù si presenta come la vite, i cristiani sono i tralci e Maria le radici della vite, ed il tutto fa unità.
Il mistero di questa unità diventa “modus essendi et operandi”: l’amore fonde tutto. Ecco la vita di padre Pio. Egli è sempre nello straordinario, nel soprannaturale che diventa quotidianità, ma di tanto in tanto il soprannaturale affiora, ma quasi naturalizzato. Ecco l’esperienza che noi abbiamo vissuto nei tratti di convivenza con lui. In sintesi, appresso a lui tu eri con Maria, con Gesù, col Cielo: ma solo l’atmosfera interiore lo rivelava.
Condotto da mani misteriose o meglio dalla Provvidenza, per vie singolari, il nostro “Monaco santo” – così lo chiamavano nella sua terra – era stato condotto fuori dalla sua Pietrelcina, la sua Nazareth. Esce dalla sua vita privata, per divenire “il padre Pio di tutti”. Il 17 febbraio del 1916 cambia la sua vita, non solo di località, ma sostanzialmente. Da un tipo di vita quasi esclusivamente contemplativa si completa con la vita di azione. E così è «preferibile», come dirà un giorno del 1958, pure a me in confessione, parlandomi di equilibrio tra vita attiva e vita contemplativa.
Dopo circa sette mesi di sosta a Foggia lo troviamo a San Giovanni Rotondo, residenza definitiva, tolti alcuni brevi tratti di vita militare a Napoli, circa cento giorni di “durissima prova”, che scorrono tra convalescenze e licenze. Col marzo del 1918, definitivamente diviene “inamovibile” in quel convento del Gargano, che diverrà famoso nel mondo intero, poiché ivi “al genere umano” si è ripresentato, “in aenigmate”, “il Crocifisso del Golgota”.
Quasi subito, nel settembre del 1918, le stimmate lo espongono progressivamente ad “una clientela mondiale”, come ha detto Paolo VI, e lo immergono nel vortice della sua “vita pubblica”. Ormai è divenuto segno ed immagine di Cristo. Non solo icona, ma da Colei che lo “possedeva” era stato prescelto a riprodurre, misticamente, ma realmente, per cinquant’anni la vita del Figlio, in questo nostro secolo, il «peggiore secolo», come lo qualificava proprio lui. È una espressione sua, rivolta ai suoi figli negli anni dei nostri incontri: «Non potevate vivere in un secolo peggiore di questo».
Come da Nazareth a Cafarnao
Se volessimo ora enucleare la formula del suo apostolato, della sua vita pastorale, sino all’ultimo giorno, si arriverebbe a vedere ricopiato in lui, passo dopo passo, lo schema ed il metodo di Gesù. Infatti, come da Nazareth Gesù passa a Cafarnao, che diviene centro di irradiazione e di movimento per la sua evangelizzazione, la quale inizia con la scelta dei suoi più cari seguaci e collaboratori, gli Apostoli, che stringe attorno a Sé, plasmandoli, con un paziente lavoro di formazione, e gli offrono, modestamente ma pienamente, la loro cooperazione nella sua attività evangelizzatrice delle folle, così padre Pio a San Giovanni Rotondo esordisce lo svolgimento della sua missione sul medesimo schema. Fin da principio egli coltiva un nucleo di anime, mediante contatti personali, con un intenso lavoro di corrispondenza. Il suo ministero specifico esordisce con un grappolo di terziarie francescane, che coltiva con un rapporto spirituale intenso: istruzione, confessione ed incontri personali. Il maestro dapprima le istruiva sui principi fondamentali della vita spirituale e poi esigeva la verifica negli incontri della Confessione sacramentale sul loro comportamento.
Nel contempo, e fino al 1923, il Padre coltivava una ricca schiera di figli e figlie spirituali, che risiedevano lontano, mediante corrispondenza epistolare.
Con il mondo spirituale dei suoi figli spirituali si formava un certo “corpo mistico”: istruiva, correggeva, incoraggiava, stimolava, rimproverava, e soprattutto amava. «Santificati e santifica», sono le parole che Gesù gli diceva nel cuore, nel tempo della sua fanciullezza; la sua vita sacerdotale era tesa nell’amore a Dio ed alle anime, che amava più di se stesso, per fare dei veri figli di Dio.
Dal principio alla fine noi troveremo padre Pio attorniato da un gruppo di anime che faranno corpo con lui, collaboratori intimi e ad alti livelli di santità, i suoi apostoli, dei quali egli dispone nel mistero della sua missione. Queste anime lo coadiuvano con la loro virtù. Non era solo davanti alle folle che lo cercavano. Egli contava sulle risorse del loro potenziale interiore.
Egli, ogni mattina, durante la Messa, voleva intorno all’altare alcune anime, figlie e figli spirituali, e sempre quelle. Ricordiamo bene: Pietruccio, fra’ Daniele Natale, la Cleonice Morcaldi, la contessa Caterina Telfner ed alcune altre. Inoltre, noi che da lunghi anni lavoriamo nella sua vigna, immediatamente dopo la sua morte, abbiamo scoperto che in ogni città il padre si era preparato i collaboratori, attraverso i quali avrebbe irradiato la sua spiritualità nel popolo di Dio. Elementi che egli aveva “assunto” in comunione di vita, ripieni del suo spirito, per riversarlo su quanti camminavano verso di lui nei Gruppi di preghiera.
Intorno al convento lentamente era venuto a formarsi un quartiere nuovo, formato da figli spirituali che avevano lasciato la loro terra per vivere accanto e con lui la medesima vita del convento. Messa al mattino e preghiera per diverse ore in chiesa, così al pomeriggio, poi Confessione con direzione spirituale, e contatti personali. Capitava pure che, se qualcuno al mattino – ore 4 – fosse rimasto vittima del sonno, si sentiva svegliare, in vari modi e poi in Confessione non mancavano rimproveri, come questo: «Un padre che sull’altare sanguina ed il figlio che riposa beatamente».
Guida spirituale “guidata”
La dottrina di padre Pio, la chiave del mistero di questo “uomo con Cristo” sta nel “communicantes”: espressione del vecchio Canone romano della Messa, che tradotta significa “in comunione” con le anime.
È il mistero di cui ha parlato spesso papa Giovanni Paolo II: la nuova evangelizzazione, che prima di essere “Parola da evangelizzare, da annunziare, da predicare” è Persona-Cristo. E padre Pio era nuova evangelizzazione perché “viveva Cristo”, cioè comunione di anima e di parola annunciata.
Ritengo che padre Pio debba essere visto, primariamente, come guida di anime. Già il Papa polacco, nel suo incontro personale del 1949, l’ha conosciuto e sperimentato quale maestro e guida spirituale profonda ed illuminata. E nel suo discorso a San Giovanni Rotondo, il 23 maggio del 1987, ha sottolineato la presenza in lui dello «spirito di grazia e di consiglio», dono dello Spirito Santo, che «lo impegnò in particolare nella direzione spirituale, prodigandosi nell’aiutare le anime a scoprire, a valutare i doni e i carismi che Dio concede come e quando vuole». E prosegue suggerendolo come «esempio per molti sacerdoti... in ordine alla promozione della santità e delle sacre vocazioni».
Sappiamo bene che Iddio, per guidare l’umanità alla salvezza, è venuto in terra ad amare, insegnandoci che per fare del bene bisogna amare, e padre Pio era tutto amore, fino al sangue. Tutti ci si meravigliava di essere capiti al primo impatto, sì, ma egli capiva al volo perché amava tanto, convertiva perché aveva amato il peccatore, fino ad assumere su di sé i di lui peccati. Attirava, anzi calamitava le anime, perché amava con amore di fuoco: solo l’amore vince sempre.
In sintesi, non era lui che amava, ma era il Cristo vivente in lui che amava; e per amare di più, padre Pio aveva ricevuto un cuore di madre: spesso negli scritti e nelle lettere le figlie spirituali si rivolgono a lui chiamandolo “mamma... mammina”.
«Chi fa la volontà del Padre mio diventa mia madre, mio fratello e sorella» (Mc 3,35). Proprio dalla “volontà di Dio” egli aveva derivato la conformazione del cuore a quello di Maria e di Gesù. Dunque per mezzo di Lei, di quella Madre, padre Pio viveva, operava in Gesù.
In sintesi: guida spirituale guidata da Lei nel portare anime a Cristo e nell’accompagnarle lungo il cammino spirituale, verso la perfezione, verso la cristificazione.
Egli assumeva in sé le anime per espiare e donare la sua vita o meglio Cristo, vita e santità. Conseguentemente, trasmetteva dal suo essere spirituale la marianità e la sua cristificazione.
Solo partendo da questa premessa si può penetrare il mistero delle conversioni e delle ascensioni spirituali, che sono il fenomeno tipico e prevalente dei suoi cinquant’anni di ministero. Sappiamo infatti, che il suo confessionale era luogo di conversione e di guida al vero cristiano e alla santità. I convertiti, solitamente lasciavano “l’uomo vecchio” ed assumevano “l’uomo nuovo”, fatto di vita eucaristica e mariana, con sete delle cose soprannaturali, ed erano perseveranti. Quanti episodi del genere.
Il rapporto mariano diveniva importante per ognuno alla sua scuola, come possiamo rilevare dalle sue innumerevoli “epistole” al mondo dei suoi figli e figlie, che egli legava nel loro cammino spirituale, alla stabilità della Confessione, allo sviluppo ascetico delle virtù e alla intimità con Maria, come modello di ogni virtù.