A diciotto anni la beata Mattia di Matelica si tagliò i capelli e si spogliò dei ricchi abiti per consacrarsi a Dio. Vinte tante difficoltà, si fece clarissa e divenne ben presto santa di miracoli. Ancora oggi il suo corpo incorrotto è meta di pellegrinaggi per le numerose guarigioni da infermità fisiche e spirituali.
Il 1° marzo del 1765 venne alla luce la piccola Mattia, a Matelica (Macerata), da nobili e ricchi genitori: Guarniero Gentile e Sibilla Ottoni. La sua infanzia trascorse tranquilla e felice, vezzeggiata come unica figlia, nelle ricchezze ed agiatezze di famiglia. Ben presto, la fanciulla fu promessa sposa al giovane e ricco messer Pietro, illustre matelicese. La ragazza, però, sentiva in cuore l’attrattiva di farsi monaca e di unirsi allo Sposo celeste, Gesù Cristo. Con preghiere e lacrime supplicò la zia Fioretta, abbadessa del monastero delle Clarisse della città col nome di suor Rosa, di accoglierla tra le sue figlie Clarisse, ma questa si intimidì per una possibile reazione del padre di Mattia, rifiutando le sue istanze. Ella, però, non si arrese affatto e si recò presso un altro monastero, quello di Santa Maria Maddalena delle Donne Povere di san Francesco e santa Chiara. Poiché anche questa abbadessa non voleva accettarla, ella ben pensò di rivolgersi direttamente a Gesù, l’oggetto dei suoi più ambiti desideri, prostrandosi innanzi a un crocifisso. Nel suo fervore ed ardore giovanili, presa da un impeto d’amore generoso, si recise la bionda chioma, che offrì in sacrificio al Signore, si rivestì di un rozzo saio e pregò incessantemente, senza stancarsi, l’Amante celeste, perché risolvesse questo grande problema che le impediva di consacrarsi a Lui per sempre. Detto fatto, questo comportamento le aprì le porte del monastero, poiché il tagliarsi i capelli e lo spogliarsi dei vestiti ricchi e sontuosi di famiglia, a quei tempi, significava automaticamente consacrarsi a Dio. Nessuno aveva più alcun diritto su di lei ed ella, felice più che mai, si schierò tra le monache, all’età di diciotto anni, il 10 agosto 1271.
Durante il suo noviziato, anno preziosissimo per la formazione religiosa e per assicurare il buon andamento di tutta la vita a venire, si distinse per la pratica delle virtù in maniera esemplare e per la sua profonda pietà. Fu proprio questo spirito di orazione a conquistare tutte le sorelle, e a far nutrire per lei una certa inspiegabile simpatia. L’esercizio eroico dell’umiltà, poi, la renderà così gioiosa e piena di pace che nessun turbamento poté arrestare la sua corsa verso la santità. Anche la pratica dell’obbedienza la vide sempre pronta e sollecita, tanto da costituire un vero esempio da imitare per le sorelle, continuamente edificate dal suo comportamento. La vita in monastero la ripagava di tutte le rinunce fatte nel mondo e la riempiva talmente tanto di gioia che fu ben presto, a soli 26 anni, scelta dalle sorelle come madre abbadessa. Il monastero della beata Mattia, però, non viveva nella prosperità... Le monache soffrivano spesso la scarsità del cibo, dell’acqua; gli spazi divenivano sempre più stretti, a causa delle numerose richieste delle giovani di intraprendere la loro vita. Viveva e serpeggiava un malcontento generale che, unito alla rigidità di vita e agli sbalzi del clima – o caldissimo, o troppo rigido –, veniva fuori sempre più accorato al cospetto della nuova abadessa, che era chiamata in prima persona a dover fronteggiare la difficile situazione. Le 50 bocche da sfamare, però, videro molte volte la loro abbadessa compiere dei prodigi e mai alcuna venne meno per la fame o bevve vino guasto, che provvidenzialmente fu mutato in vino di ottima qualità per le preghiere della Beata. Il Signore assecondava l’operato della sua fedele sposa e l’aiutava nelle difficoltà che le si presentavano giorno per giorno. Di animo profondamente contemplativo, la madre attingeva forza dal bel crocifisso del XIII secolo che si trovava nel loro oratorio, e a cui nulla poteva negare. Nessun sacrificio, nessun’offerta poteva essere abbastanza per soddisfare all’amore di Gesù che si era fatto crocifiggere per nostro amore.
La beata Mattia era soprannominata, poi, “madre della carità”, poiché esercitò sempre questa virtù con tutti e in modo eroico. La sua carità, infatti, non si limitava al solo interno del monastero, ma spaziava al di fuori, abbracciando tutti i fratelli in Cristo, con le loro più svariate necessità. Il giorno prima della sua morte, avvenuta il 28 dicembre 1319, la madre avvisò le sue figlie della sua imminente dipartita, raccomandando a tutte loro specialmente l’esercizio della carità. Al momento del suo beato transito, tutto il monastero, gli oggetti, le persone, furono avvolti da una luce misteriosa, mentre il suo corpo, assunto un aspetto nobile e maestoso, emanava fragranze di Paradiso.
Molti furono i miracoli avvenuti presso le sue spoglie sante, e un unguento di umore sanguigno, dal potere taumaturgo, cominciò a venir fuori dalle sue membra. Diciotto anni dopo, durante la traslazione, il suo corpo risultò incorrotto, e ciò accrebbe di molto la stima verso la Beata. Un medico, volendola imbalsamare, provò ad inciderne le carni che subito emanarono sangue fresco e zampillante, come di persona vivente. La salma miracolosa venne dunque posta sotto l’altare del santuario di Matelica dedicato alla Santa, dove la troviamo ancora oggi, trasudante il miracoloso unguento, speranza e liberazione di molti da inguaribili mali.
Carissima beata Mattia, guarisci non solo i nostri corpi infermi, ma anche le nostre anime, affinché, seguendo il tuo esempio di virtù, possiamo anche noi giungere ai gaudi della Vita eterna, rivestiti di tutti i meriti che il Signore ha voluto donarci nella sua grande misericordia, come facesti tu.