RELIGIONE
D“io”
dal Numero 35 del 17 settembre 2023
di Francesco Radesi

Solo Dio è l’Essere per eccellenza, che dà l’essere ad ogni creatura; eppure spesso l’uomo vuol prevaricare e rivendicare un “io” che non gli appartiene del tutto. Bisogna scegliere: o l’“io” al prezzo di Dio, o Dio al prezzo dell’“io”; da ciò dipende il nostro vero bene.

Ogni uomo ha il proprio “io”: il proprio modo di conoscere, di vedere la realtà e di relazionarsi a soggetti e oggetti che la compongono. Questo “io” purtroppo ha le sue radici nel vecchio Adamo, ossia nell’uomo corrotto dal peccato originale, e tende perciò a volersi affermare a discapito dell’altro. È un’affermazione-prevaricazione che vuole dominare l’altro. In questo senso non c’è nulla di cui il nostro “io” debba vantarsi, è un “homo homini lupus”. Dunque, non ha alcuna ragione di volersi affermare.

Il solo che ha diritto di affermare il proprio “Io” è unicamente Dio, Colui che nella Sacra Scrittura più volte si definisce: «Ego sum qui sum [Io sono colui che sono]» (Es 3,14), «Ego sum [Sono io]» (Mt 14,27; Gv 6,20;8,12; 18,5ss). Io non posso dire “io” in pienezza, solo Dio può, perché Egli non solo ha l’essere, ma è l’Essere. L’uomo invece deve ammettere il proprio stato di creatura, poiché egli non si è dato da sé, ma ha ricevuto il proprio essere da Dio, l’Essere perfettissimo. Deve ammettere pure che non può mantenersi nell’essere; potrebbe pensare di essere capace di sovvenire alle necessità del proprio corpo, ma se Dio non conservasse la sua anima, egli più che sostenere se stesso, sovverrebbe ai bisogni di un morto, quale è il corpo senza l’anima.

Eppure questo “io” ce l’ha dato Dio, e ciò che Dio fa è buono. Il nostro “io” diventa bene nel momento in cui s’inserisce in Dio — appunto D“io” —, vive in Lui, per Lui e di Lui quando è parte di Lui, dipendente in tutto dal suo Creatore. Quando non cerca più di prevaricare l’altro, ma di farsi assorbire dall’Altro, come fu di san Francesco d’Assisi: «Cristo assorbì Francesco», scrive san Bonaventura.

Ancora. Dobbiamo mettere il nostro “io” dietro a Dio (D“io”), perché «chi si fa maestro di se stesso seguendo ciò che gli dice l’amor proprio — insegna san Bernardo — si mette all’obbedienza di un pazzo». Questa “D” davanti a “io” fa la differenza dell’uno davanti a tanti zeri, come scrive il celebre Trilussa: «Conterò poco, è vero: / – diceva l’Uno ar Zero – / ma tu che vali? Gnente: propio gnente. / Sia ne l’azzione come ner pensiero / rimani un coso vòto e inconcrudente. / Io, invece, se me metto a capofila / de cinque zeri tale e quale a te, / lo sai quanto divento? Centomila. / È questione de nummeri. A un dipresso / è quello che succede ar dittatore / che cresce de potenza e de valore / più so’ li zeri che je vanno appresso».

A prezzo del nostro “io”, quindi, il “dittatore” dietro cui dobbiamo metterci è Cristo: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso» (Mt 16,24). È chiaro: o Dio al prezzo dell’“io”, o l’“io” al prezzo di Dio. O uno o zero.

Qui sta la bontà di Dio: non ci chiede che di mettere la nostra parte, il nostro essere sue creature, il nostro nulla, i nostri zeri, che non sono i nostri peccati, ma il desiderio e lo sforzo di seguire Dio, la sua Legge, i Comandamenti, la sua volontà, le sue vie e non le nostre, perché davanti a Dio saremo sempre un nulla, ci sarà sempre l’incolmabile distanza che esiste tra l’infinito e il finito, tra l’eterno e il temporale e «quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17,10). Ma ciò che darà valore alle nostre opere buone – i nostri zeri – sarà l’uno di Dio, i meriti di Cristo e la grazia, perché siamo «giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù» (Rm 3,24). E tanti più zeri, tanti più meriti.

Come diceva santa Teresina del Bambin Gesù, alla fine di questa vita, ci presenteremo davanti a Dio, a mani vuote, con gli “zero” delle nostre opere buone, attendendo quell’uno che fa la differenza e che regolerà con giustizia ogni conto alla fine dei tempi.  

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