RELIGIONE
Impegno controrivoluzionario e Trionfo del Cuore Immacolato
dal Numero 32 del 27 agosto 2023
di Fra Pietro Pio M. Pedalino

In che modo contribuire al Trionfo del Cuore Immacolato? Anzitutto con la nostra personale conversione. Dobbiamo poi diventare “strumenti attivi” nella milizia dell’Immacolata, secondo le possibilità e capacità personali e le opportunità offerteci dalla provvidenza.

Per contribuire ad affrettare il Trionfo del Cuore Immacolato di Maria abbiamo bisogno di convertirci. La conversione, che ci apre a una vita nuova veramente cristiana e ci rende fedeli a Dio, cristiani tutti d’un pezzo, deve convogliare verso una qualche forma di testimonianza e azione esterna? In qualche modo sì... Alla santificazione individuale, i cristiani, nell’attuale contesto di sfacelo generale, possono e devono aggiungere, per preparare l’avvento del Trionfo, anche la loro personale e comune “azione controrivoluzionaria” nel mondo. Azione che però, in senso stretto, non può essere attuata da ogni singolo con forme di impegno politico, sociale e culturale che impegnino “vis-à-vis” contro le forze rivoluzionarie operanti. Bisogna essere realisti.
Se è vero che «siamo chiamati tutti ai nostri doveri di stato, non tutti sono tenuti (sempre e comunque) alla lotta politica e culturale contro il Nemico [...]. Non tutti i cattolici sono tenuti all’apostolato diretto e alla lotta contro la Rivoluzione» perché, per esempio, «una madre di famiglia, casalinga con prole numerosa, non è tenuta all’apostolato diretto e non tutti hanno il tempo, le capacità, i mezzi e la cultura per agire in prima persona contro le tendenze tossiche della modernità» [1]. Ma chi può operare anche in questi ambiti deve certamente dare il suo contributo, sempre accertando previamente di essere in grado di evitare le occasioni gravi di peccato che gli si potranno presentare in un dato contesto e il compromesso con le forze nemiche, altrimenti bisognerà evitare quelle situazioni che possono mettere a repentaglio la propria salute spirituale e magari anche quella altrui a causa degli scandali che ne potrebbero derivare. È, questo, un calcolo da fare, un esame più che doveroso, come insegna la Sapienza incarnata: «Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?» (Lc 14,31). 
Per cui, nel caso di impossibilità dovuta da questi o altri ragionevoli motivi, sarà lecita anche la “fuga mundi” quale forma estrema di testimonianza profetica, oltre che come mezzo necessario di protezione spirituale. Essa, «oggigiorno non dovrebbe neppure riservarsi agli eremiti sui monti, ma sarebbe da praticarsi, almeno tendenzialmente, anche da parte del cattolico laico che, abitante delle secolarizzate metropoli d’Occidente, non voglia mettersi nelle occasioni prossime di peccato» [2]. Anche se non tutti possono attivamente trasfondere le proprie energie in un’azione controrivoluzionaria esterna-diretta, tutti però devono sentirsi animati da uno spirito di vera militanza cattolica, perché non vi è dubbio che «lo spirito militante assolutamente necessario non è quello politico-pubblico ma quello, più radicale e più universale, della lotta contro i vizi e per le virtù: da questo in effetti nessuno può esimersi» [3].
Fatte queste doverose premesse propongo, a questo punto, un discorso di principio generale. In linea di massima, il cristiano deve sentirsi coinvolto nello sforzo di cambiare la realtà in meglio, di opporsi, contrastare e combattere – anche esternamente e pubblicamente – le svariate forme storiche e culturali attraverso cui il regno del male si afferma sempre più decisamente nel mondo e nella stessa Chiesa di Cristo. È viva, oggi più che mai, la tentazione di “escatologismo”, dovuta per la maggior parte a concezioni eterodosse della fede, per cui si pensa: se ormai tutto è perduto, se siamo ormai vicini all’apostasia che preluderà all’avvento del Regno di Maria che sistemerà tutto dischiudendo un nuovo tempo di giustizia e di pace, perché mai impegnarsi e sacrificarsi nella lotta apostolica? Non è forse meglio limitarsi a pregare e a far penitenza, abbandonando la società al suo destino e ritirandosi nelle proprie case o sacrestie o conventi, nella prospettiva di uscirne solo quando i “mala tempora” siano passati? In questo consiste la tentazione cosiddetta “catacombalista”.
La storia recente, tuttavia, dimostra che questa tentazione produce effetti devastanti, perché ha favorito il diffondersi di una mentalità velleitaria e di una strategia rinunciataria che si è andata gradualmente affermando nel mondo cattolico provocando gravi conseguenze: ripiegamento individualistico, privatizzazione della religione, disimpegno politico, rinuncia alla missione e infine resa al nemico, magari tentando di giustificarla attribuendo un valore “mistico” alle colpevoli sconfitte [4].
Il grande santo, profeta mariano e martire di Auschwitz, san Massimiliano M. Kolbe, così rifletteva un secolo fa: «È possibile che i nostri nemici debbano tanto adoperarsi sino ad avere la prevalenza e noi rimanere oziosi, al più pregare, senza però adoperarci con l’azione? Non abbiamo, forse, armi più potenti, la protezione del Cielo e della Vergine Immacolata? La “Senza Macchia”, vincitrice e debellatrice di tutte le eresie, non cederà al nemico che rialza la cervice; se troverà dei servi fedeli, docili al suo comando, riporterà nuove vittorie, maggiori di quelle che non si arrivi ad immaginare» [5]. Diventare strumenti attivi dell’azione controrivoluzionaria secondo le possibilità e capacità personali e le opportunità offerte dalla provvidenza appare, quindi, cosa necessaria. Ciò che conta davvero è che ci si lasci animare e plasmare da quello zelo che si oppone al “fatalismo” e al “rinunciatarismo” avendo chiaro – in ogni caso – che bisognerà sempre «occuparsi e non preoccuparsi» (SK 56) perché, in ultima analisi, tutto dipende da Dio.
Il miracolo della vittoria della rivoluzione sulla controrivoluzione che realizzerà il Trionfo sarà una vittoria principalmente di Dio: «Sarà non il culmine di un’inevitabile evoluzione umana immanente, bensì il risultato di un gratuito, misericordioso e miracoloso intervento della divina Provvidenza per raddrizzare le umane vicende [...]. Infatti, se è vero che “natura non facit saltus”, il soprannaturale suole invece provocare quei salti che sono le grandi conversioni (individuali e sociali) capaci di cambiare il corso della storia e di risolvere le crisi epocali. Dobbiamo quindi attenderci un nuovo e decisivo salto storico, una rottura traumatica, uno scontro cruento che finalmente interromperà quel graduale e indolore processo di avvelenamento che sta estinguendo la vita morale, religiosa e civile dei popoli cristiani e sta mettendo in pericolo la sopravvivenza della Chiesa» [6].
È anche vero, però, che l’avvento del Regno di Maria sarà, secondariamente, subordinatamente e strumentalmente, una vittoria anche di quelle forze buone che, unite a Gesù e Maria, nonostante non superino le dimensioni del «piccolo gregge» (Lc 12,32), devono azionarsi perché Dio vuole servirsi di quei «cinque pani e due pesci» (Mt 14,17) che le energie e gli strumenti umani possono offrirgli in questa condizione presente: «Il regno di Dio è un dono, e proprio per questo è grande e bello e costituisce la risposta alla speranza. E non possiamo – per usare la terminologia classica – “meritare” il Cielo con le nostre opere [con le nostre forze puramente naturali]. Esso è sempre più di quello che meritiamo [...]. Tuttavia, con tutta la nostra consapevolezza del “plusvalore” del cielo, rimane anche sempre vero che il nostro agire non è indifferente davanti a Dio e quindi non è neppure indifferente per lo svolgimento della storia. Possiamo aprire noi stessi e il mondo all’ingresso di Dio: della verità, dell’amore, del bene» [7].  

Note
1) F. Cannone, Fine del mondo o avvento del Regno di Maria? I cattolici di fronte ai segni dell’Apocalisse, in Libertà e Persona, 4 dicembre 2013.
2) Ibidem.
3) Ibidem.
4) Cf G. Vignelli, Fine del mondo? O avvento del Regno di Maria?, Fede & Cultura, Verona 2013, pp. 29-30. I pericoli di questa “scelta religiosa” furono denunciati da Pio XII nel suo memorabile radiomessaggio natalizio del 22 dicembre 1957, dedicato a Cristo restauratore dell’armonia del mondo. Purtroppo questa denuncia restò inascoltata perché proprio negli anni successivi gran parte del mondo cattolico, in nome di un malinteso “primato dello spirituale”, abbandonò il campo alle “forze emergenti della storia” con i gravi risultati che oggi constatiamo.
5) Riportato da A. Ricciardi, Beato Massimiliano Kolbe, Postulazione Generale dei Frati Minori Conventuali, Roma 1971, p. 54.
6) G. Vignelli, Fine del mondo? O avvento del Regno di Maria?, pp. 125, 151.
7) Papa Benedetto XVI, Lettera Enciclica Spe salvi, 30 novembre 2007, n. 35.

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