CATECHESI
Castità, vero amore
dal Numero 2 del 8 gennaio 2023
di Diana Rubino /2

La castità, ben intesa, non è una virtù opzionale, per pochi, ma per tutti. Essa ci eleva dalla nostra “terrenità” portandoci ad amare Dio, Amore per essenza, e il prossimo in Dio.

L’abbiamo detto: senza castità non c’è nemmeno carità. La lussuria è egoismo allo stato puro, il solo e (im)puro desiderio del piacere in se stesso. La castità invece apre le porte alla carità più pura, limpida, all’amore del prossimo (e anche di se stessi) del tutto disinteressato.
Allora si comprende come sia necessario far rinascere la stima, l’amore, il desiderio della castità, con la consapevolezza che ciò non toglierà nulla di bello alla vita, tutt’altro: schiuderà dinanzi all’anima i vasti orizzonti di una bellezza mai pensata. Del resto, continuando sulla scia della lussuria senza limiti, dove mai si finirà? Nello sfacelo dei singoli, delle famiglie, della società... chi ci salverà da questo edonismo infernale e, cosa più importante e consequenziale, dal «fuoco eterno» (Mt 18,8) che ci prepariamo sotto i nostri piedi?


Uno sguardo alla verginità
Come abbiamo accennato, quando si parla di “verginità” si intende qualcosa di diverso dalla castità, o forse qualcosa in più e che non riguarda tutti. 
In senso più largo per verginità si intende quella integrità fisica naturale di chi non ha conosciuto ancora la sessualità; è una verginità che ci riguarda tutti in questo senso, e che deve essere serbata sempre prima del matrimonio. 
Ma, ahimè... quanti oggi ancora possono affermare di giungere o esser giunti vergini al matrimonio? Oggi si sceglie di rifiutare Dio e la sua divina Legge, per andare avanti con la “fede” cieca nei propri istinti. Qualcuno dice che non si può parlare di vero amore anche tra fidanzati se non si è sperimentato tutto; che questa “verifica” garantisce solidità al venturo matrimonio. Eppure le ricerche più serie dimostrano che le coppie caste durante il fidanzamento sono infinitamente più felici nella vita matrimoniale di quelle che non hanno saputo e voluto resistere alla tentazione dei sensi. 
Certo: umanamente (ma anche soprannaturalmente) parlando, come può dare garanzie di amore sinceramente disinteressato, chi non sa resistere alla propria sete di piacere? Capita talvolta che ci sia una delle due parti che desideri serbare questa splendida perla fino al matrimonio, ma non si riscontra la disponibile rinuncia dall’altra parte; come ci si può affidare una vita intera a chi non sa rinunciare a qualcosa di molto meschino per breve tempo? 
Soprattutto, poi, guardando il lato puramente soprannaturale, se la vita matrimoniale è evidentemente una vita di sacrifici e stenti, pur donando anche grandi gioie, e difficilmente sa superare gli ostacoli senza la grazia di Dio, cosa sperare se a priori rigettiamo tale grazia divina, rifiutando di riconoscerne tutta l’importanza e l’autorità su tale rapporto, mostrando di poterne ben fare a meno (anche se alla fine ci si sposa), credendo di poter vivere effettivamente come marito e moglie in tutti i sensi anche senza il sacramento, riservandolo poi alla fine quale mero ornamento?
Ma torniamo alla verginità. Oltre a questo stato pre-matrimoniale in cui si serba questa integrità fisica che chiamiamo verginità, in senso stretto per “verginità” intendiamo più spesso quella consacrata. Si tratta di uno stato di vita al quale la persona chiamata da Dio vincola se stessa definitivamente «per il Regno dei cieli» (Mt 19,12). Fa di sé un dono totale a Dio, irrevocabile (come dovrebbe e deve essere il matrimonio), che sarebbe umanamente impossibile se la grazia divina non sostenesse la persona a fare e a perseverare in una scelta tanto radicale che sa veramente di Cielo.
Con la mentalità odierna, simili creature somigliano ad alieni, non si è neanche capaci di credere all’autenticità di una simile scelta. Invece esistono, esistono e come creature che somigliano più ad angeli in carne che a persone come noi, che fanno una scelta così radicale sul serio e la vivono fino in fondo. Saranno pure “alieni” per noi, ma il fascino sublime di tale scelta è forte, impossibile negarlo del tutto...
Questi «fedeli di Cristo», infatti – come li chiama il Catechismo –, «si propongono, sotto la mozione dello Spirito Santo, di seguire Cristo più da vicino, di donarsi a Dio amato sopra ogni cosa e, tendendo alla perfezione della carità a servizio del Regno, di significare e annunziare nella Chiesa la gloria futura [cf CJC 573]» (CCC 916). Come abbiamo bisogno, allora, di questi esempi veramente mirabili e tanto salutari, che ci ricordano le realtà eterne, in vista delle quali essi hanno lasciato tutto, rinunciato a tanto, per avere poi «cento volte tanto» (Mt 19,29)!


Ma soffermiamoci sulla castità
La castità, invece, è per tutti, sempre, anche se sposati. Certo, i coniugi non sono più vergini, ma anche questa vita di intimità dev’essere da loro vissuta castamente. Il sacramento del matrimonio rende sacra questa unione, non è, come credono alcuni, un’abilitazione a tutto, a tutto ciò che passa per la mente, a tutti i desideri spesso egoistici e immorali. Sappiamo, per fare solo un esempio, che nel matrimonio non è lecito l’uso della contraccezione, perché i coniugi non vivono la loro sessualità fine a se stessa, il che significherebbe per il solo piacere reciproco.
È necessario elevarci dalla nostra “terrenità”, elevare il cuore verso “l’alto”; ciò non significa che dobbiamo amare solo Dio, ma anche tutte le creature su questa terra, purché le amiamo in Lui, come vuole Lui, Lui che «è amore» per essenza (1Gv 4,8), e al di fuori di Dio non c’è amore che sia veramente tale, perché solo l’Amore può insegnarci l’amore e, come sappiamo, i due più grandi Comandamenti vanno insieme: l’amore di Dio e l’amore del prossimo; impossibile separarli: tanto amo Dio e tanto amerò il prossimo, tanto amo il prossimo quanto prima amo Dio. 
«Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). Ma facciamo attenzione a vivere questa esortazione di Gesù nella sua interezza. Ancora su questa traccia si deve leggere l’espressione di Nostro Signore: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me» (Mt 10,37), e intende questo amore disordinato che supera l’amore di Cristo, che alla fine non è amore puro ma amore fittizio, sentimento morboso e idolatra. A ciascuno il proprio posto: anche a Dio il suo. Egli non ci ruberà niente... ma, collocato nella nostra vita il Signore al posto che gli spetta, Egli ci donerà tanto “in abbondanza” (cf Gv 10,10; Rm 5,15, ecc.). Provare per credere!
E quando mettiamo al primo posto il sesso, Dio dov’è? Si può mai mettere una passione tanto vile al di sopra di Dio purissimo? L’amore al sesso è l’amore al proprio corpo, a questo ammasso di fanghiglia che perisce presto e spesso senza preavviso. È vero, è ancora la concupiscenza a creare tanto disordine in noi, ma è necessario con san Paolo trattare “duramente il nostro corpo e trascinarlo in schiavitù” (cf 1Cor 9,27). Ricordiamoci: la schiavitù del corpo assoggettato all’anima è nient’altro che la vera libertà dell’uomo; la schiavitù dell’anima sottomessa alle esigenze carnali del corpo è una vera e propria prigionia, che se all’inizio sembra procurare piacere e una certa fittizia gioia, si rivelerà per quello che realmente è quando ci troveremo a fare i conti con l’eternità. Si dice: “Si muore come si vive”; niente di più vero! E si vive in eterno quel che si è meritato nel tempo...


/ continua

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