CATECHESI
Castità per il Regno dei cieli
dal Numero 1 del 1 gennaio 2023
di Diana Rubino

Parlare di castità oggi risulta un tabù. Essa invece è un gran bene ed è una virtù necessaria a tutti, non solo a chi sceglie di donarsi a Dio. Per questo vogliamo parlarne e scoprire questa perla che fuggono le anime vili.

“Castità”, “purezza”, “verginità”: termini ormai in disuso in questo mondo e in questi tempi ove i cuori sono divenuti «pascoli di Asmodeo e dei suoi» (così la Santa Vergine nelle apparizioni a La Salette, 1846).
Sappiamo che il Battesimo, il sacramento che ci è solitamente somministrato in tenerissima età (felici i tempi in cui i bambini giungevano al fonte battesimale entro le 24 ore dalla nascita naturale per nascere subito al Cielo!) e ci rende figli di Dio e partecipi della natura divina, non elimina in noi la concupiscenza, ossia quella inclinazione naturale al male, al peccato – eredità della caduta dei nostri Progenitori – che ci provoca al continuo combattimento spirituale (cf CCC 405). Questa concupiscenza ci conduce a preferire non ciò che effettivamente – in ordine al fine ultimo – è “meglio” per noi e per gli altri, ma ciò “che piace di più”, e che spesso si rivela essere il male per l’anima.
Non si può negare che la rivoluzione Sessantottina abbia dato il via libera a tanta immoralità attraverso i mezzi di comunicazione sociale: cinema e televisione, musica, stampa, pubblicità. Un ininterrotto bombardamento contro la castità, la dolce virtù che già portiamo «in vasi di creta» (2Cor 4,7). 
Talvolta si sentono commenti di quanti, rendendosi conto dell’odierno disastro morale, biasimano le nuove generazioni (i nostri figli, i nostri nipoti) che padre Pio già a suo tempo chiamava “senza cuore e senza cervello”; tuttavia vogliamo credere che i nostri giovani non sono più cattivi o più maliziosi dei giovani di altri tempi: è l’effetto dell’instancabile opera di quanti da sempre si dimostrano «più scaltri dei figli della luce» (Lc 16,18). Ma è sufficiente per questo “gettare la spugna”?
Un tempo la sessualità era un tabù; oggi invece se ne parla liberamente, senza freni e senza pudore. Il mondo vuole piuttosto che siano le cose che Dio ci ha detto sulla sessualità a rimanere un tabù. La verità è che il mondo ha paura di fare su questo argomento un discorso intero; il mondo fa tacere la Chiesa perché teme che riveli quelle verità ad esso tanto scomode. 
Su questo punto abbiamo un po’ tutti preconcetti errati. La Chiesa non condanna la sessualità; quindi non la condanna neanche Dio, il quale parla e agisce attraverso la sua Santa Chiesa. 
Il Signore (e, se vogliamo, la stessa legge naturale insita nell’uomo) insegna che la sessualità è un bene. È un bene perché è un dono di Dio. Se però il sesso è un bene, ciò non significa che ogni uso di esso pure sia un bene. Non solo Dio, ma la stessa ragione ci dice, per esempio, che la prostituzione non è un uso corretto di questa facoltà; neanche l’adulterio né la pedofilia; e, diciamolo senza mezzi termini, neanche l’omosessualità. Queste sono miserie dell’uomo che fa del suo libero arbitrio la propria condanna. 
Se siamo persone mature, capaci e disposte a conoscere la verità senza criticarla a priori (tipico di chi teme confrontarsi con ciò che sa essere incapace di affrontare), allora ascoltiamo gli insegnamenti della Chiesa, gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo. Ascoltiamo ciò che il mondo non dice: i pregi della castità, virtù altissima e necessaria per il Regno dei cieli.


Chi è chiamato alla castità?
Nonostante l’impudicizia imperante, bisogna ammettere che tutti, anche i più impudichi, non rimangono del tutto indifferenti dinanzi a un religioso, a una suora, a un sacerdote di quelli che non temono mostrarsi tali. La loro scelta di una vita casta lascia una forte impressione; perché, che cosa spinge loro a privarsi di un bene che oggi sembra così necessario e quasi essenziale? Eppure appaiono così sereni, sicuri, felici... più felici di tanti, tantissimi. Emana da loro, anzi propriamente dalla loro castità, una virilità, una fortezza che assoggetta. La castità dei consacrati dimostra che, sotto diversi aspetti, questa virtù perfeziona e nobilita l’amore: un amore che diventa purissimo e spiritualmente molto fecondo, capace di abbracciare creature tanto lontane e umanamente estranee, per amarle in modo disinteressato sotto ogni punto di vista. La castità purifica l’amore, che diventa per essa privo di egoismo; al contrario della lussuria che è egoismo puro privo di amore. 
Ma la castità è un gran bene e una vocazione per tutti, non solo per chi si consacra esclusivamente a Dio. Per i religiosi si tratta di castità perfetta e perpetua. Tuttavia, chi ha basi anche minime di catechismo sa bene che tutti i cristiani devono vivere la castità prematrimoniale, così come anche gli sposi devono vivere la castità matrimoniale, che nel loro caso non significa astenersi dall’unione intima coniugale, ma saper usare bene della sessualità anche all’interno del matrimonio. Anche a questo serve il poco gradito (e spesso disertato) corso prematrimoniale. 


La castità è la virtù dei forti
Il mondo ha deciso che la castità è una virtù inutile, superata, insignificante, impossibile. Se tutte queste espressioni sono da biasimare, su una siamo d’accordo ma bisogna aggiungere qualcosa: si ha ragione a crederla “impossibile”. Sì, la castità è impossibile... ai vili, ai deboli. La castità è per tutti, ma solo i forti riescono a praticarla. Una volta sentimmo un uomo – che poverino con la moglie non andava più d’accordo – giustificare il suo adulterio con queste parole: “Cosa dovevo fare? Avevo bisogno di sentirmi ancora uomo...”. Non si rendeva conto invece che quel gesto lo aveva reso meno uomo, meno umano, meno virile. Invece di essere padrone di sé, si dimostrava schiavo delle sue vili passioni.
Ma lasciamo parlare il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La castità richiede l’acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana. L’alternativa è evidente: o l’uomo comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice (cf Sir 1,22)» (CCC 2339). La castità richiede dominio, e «il dominio di sé è un’opera di lungo respiro» (CCC 2342). Insomma: la castità richiede un coraggio da leoni, coraggio che oggi hanno ben pochi. 
Ma, se volessimo scoprire i tesori della castità, la grazia di Dio non ci verrebbe meno per l’acquisto di un bene tanto prezioso quanto ricco di gioie arcane...

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