SANTO NATALE
Il “Dio-Bambino” scende dalle stelle
dal Numero 46 del 14 dicembre 2025
di Suor Ostia del Cuore Immacolato
Il bel canto popolare “Tu scendi dalle stelle” ci presenta la realtà dell’Incarnazione di Dio nella forma di un dolcissimo Bambino, affinché Egli sia accolto nei nostri cuori non per paura, ma per amore.
Il canto popolare Tu scendi dalle stelle è uno tra i canti natalizi più attesi da tutti, perfino da quelli che entrano in chiesa solo a Natale. Sant’Alfonso M. de’ Liguori, quando lo scrisse e lo musicò, fu veramente ispirato, lasciandoci una “preghiera” profondissima, ricca di meditazione per il densissimo significato teologico del testo. Le prime parole del canto ci presentano Gesù Bambino che “scende dalle stelle”, Lui che è il Re del cielo. Sì, il Re del cielo, il Creatore del cielo e della terra, si manifesta in una tenerezza senza precedenti, attirando il cuore degli uomini nella forma di un grazioso bambino. L’Incarnazione del Verbo, la più grande Opera della Santissima Trinità nel suo agire ad extra (come direbbe il Beato Duns Scoto), non atterrisce gli animi umani per la sua grandiosità esteriore ma vuole essere compresa attraverso la semplicità e l’umiltà del cuore. Il Bambino divino è l’astro che dà luce a tutte le stelle, non solo a quelle del cielo ma anche a quelle della terra, alle nostre anime. Vediamo subito come la Sacra Scrittura, per annunciare la nascita del Dio Bambino in una grotta umida e fredda, presenta ai pastori un angelo con delle parole precise: «Troverete un bambino avvolto in fasce, a giacere in una mangiatoia» (Lc 2,12). L’onnipotenza di Dio non poteva nascondersi maggiormente di fronte alla superbia degli uomini e, infatti, l’angelo si rivolge alla categoria più dimenticata e poco considerata: i pastori. I pastori sono anime abituate a contemplare il cielo stellato, a meditare, a pregare nel silenzio della natura, ad accontentarsi nella povertà della vita di ogni giorno e nel disprezzo delle ricchezze del mondo. Dio vuole rivelarsi a loro, come primi ambasciatori della grande notizia, ma anche come ai primi “consolati” dalla grande notizia. Quel Bimbo che trema dal freddo e vagisce in una mangiatoia è il “Re del cielo”, Colui che ha creato le stelle e – come dice il Salmo 147 – ha dato ad ognuna un nome proprio, le conosce una per una. Il divino Infante che “scende dalle stelle”, nella Notte Santa di quel tempo, sconvolge ogni prospettiva di ragionamento e non a caso ogni religione umana impallidisce davanti alla Rivelazione di questo immenso mistero. È Dio stesso che si manifesta e vuole essere accolto e compreso per amore. Sant’Agostino sottolinea come un Dio immenso si è fatto piccolo per nostro amore: «Per amore nostro sei diventato bambino», e Sant’Alfonso scrive bene, nel suo canto, che il “Re del cielo” scende dalle stelle, lasciando così il suo trono di onnipotenza per manifestarsi in una fragilità e necessità di cure che sbigottisce. I pastori erano quindi coloro che potevano meglio accogliere un mistero così nascosto e sublime. Ecco che l’eterno Padre trova le sue delizie solo in questo Bambino, nella sua innocenza e nel suo ricambio d’amore perfetto, un ricambio che supplisce all’ingratitudine di tutta l’umanità. Egli è il «santo, innocente, immacolato» (Eb 7,26), Colui che sarà la Vittima per i nostri peccati, per le nostre freddezze e durezze. Già al suo primo apparire su questa terra sceglie proprio freddezze e durezze, come il bel canto di Sant’Alfonso ci imprime nell’anima ogni volta che lo cantiamo col cuore. «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Mai come nel nostro tempo l’umanità ha bisogno di penetrare questo mistero d’amore. San Francesco piangeva torrenti di lacrime pensando a questo Bambino e al suo amore non ricambiato dagli uomini. Oggi che il Natale è quasi insopportabile per molti uomini dal cuore indurito, uniamoci al pianto amoroso del Poverello di Assisi, al suo lamento inconsolabile: «L’Amore non è amato!». Il demonio odia il Natale e – come constatiamo facilmente – fa di tutto per sradicare la devozione e la tenerezza che esso suscita. Chiediamo alla Mamma Immacolata, a Colei che sola ha saputo ricambiare degnamente tanto amore e dedizione, di infonderci in questo Natale una vera contrizione dei nostri peccati, quelle lacrime amorose del cuore che desiderano ridare amore all’“Amore non amato”, a Colui che ha lasciato il suo trono di stelle per accendere la luce della grazia nelle nostre anime, per farci “stelle” splendenti di grazia, della sua luce eterna di Bambino, di Re divino.
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