SANTO NATALE
Il Bambino divino nella notte serena
dal Numero 46 del 14 dicembre 2025
di Antonio Farina
Secondo gli autori sacri, la notte in cui nacque Gesù il cielo era limpido e sereno, senza neve, come spesso si rappresenta nei presepi. E nei nostri cuori? C’è forse la neve fredda e gelida? Confidiamo ardentemente che vi sia invece il fuoco dell’amore a riscaldare il divin Bambinello...
Al termine del Tempo di Avvento tutto il mondo cristiano festeggia il Santo Natale di Nostro Signore Gesù Cristo. Lo spirito, la mente, rievocano la nascita del Salvatore nell’umile grotta di Betlemme: la sua povertà estrema, la vicinanza amorosa di Maria Santissima e di San Giuseppe, gli angeli festosi e i pastori adoranti. La sacra rappresentazione del presepe che ci mostra una grotta o una spoglia capanna sommersa dalla neve e illuminata da un piccolo fuoco, muove i nostri cuori all’adorazione del Bambin Gesù che giace in una mangiatoia, la sua culla. Con la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo si dà compimento al grande mistero dell’Incarnazione cominciato a Nazareth con l’Annunciazione dell’Angelo a Maria Santissima. Gesù viene alla luce e porta la “luce” nella Creazione. Ciò che è avvenuto nel segreto, nell’immacolato grembo della Madonna, dopo nove mesi diventa visibile, tangibile, adorabile: è Gesù Bambino. Spiega Sant’Agostino: «La Vergine Maria partorì credendo quel che concepì credendo... Essa era piena di fede, concependo Cristo prima nel cuore che nel grembo». Che grande mistero: l’Onnipotente, il tre volte Santo, Colui che regge l’universo diventa... un Bambinello, un “Bimbetto” piangente bisognoso di tutto fra le braccia d’una tenerissima Madre. Il Redentore tremava per il freddo a malapena confortato dal calore emanato dal bue e dall’asinello e dai pannicelli caldi in cui la Santissima Madre lo aveva avvolto strettamente. C’era la neve come rappresentata in molti presepi? La notte era limpida e serena: tutti gli autori sacri aggiungono il particolare non secondario che il cielo doveva essere sereno e (forse di lontano) già solcato dalla stella cometa. Così scrive don Dolindo Ruotolo: «Venne la notte. Era algida ma serena, e brillavano gli astri nel cielo. Un silenzio grande circondava quel luogo, ed una solennità più grande vi regnava, perché l’invisibile corte celeste già veniva in terra a corteggiare il Re divino, e rifulgeva nella sua placida luce spirituale, fatta tutta di conoscenza e di amore. Gli uomini e le cose dormivano, e lontano lontano si vedeva solo qualche bagliore dei fuochi dei pastori che vigilavano il gregge». Si resta affascinati dal connubio tra l’atmosfera bianchissima che avvolgeva tutte le cose e la Vergine Immacolata purissima e serenissima; Immacolata come la coltre bianca e serena come il cielo stellato! «Maria era tutta un fulgore di contemplazione e di estasi. Bella nella sua innocenza purissima, circondata da un tenue nembo di luce che la delineava nella notte come placida luna nel firmamento, genuflessa, con le mani congiunte e lo sguardo al Cielo, era l’immagine del seno del Padre, e rifletteva da sé qualche barlume dell’eterno mistero [che Ella] contemplava». Anche Sant’Alfonso M. de’ Liguori, nella sua celebre canzoncina Quanno nascette Ninno, canta: «Quando nacque il Bimbo a Betlemme/ Era notte ma sembrava mezzogiorno/ Mai furono viste le stelle così luminose e belle./ E la più splendente andò ad oriente a chiamare i Magi». La mistica e venerabile Maria d’Agreda svela il momento dell’attesa della nascita di Gesù e perché Gesù nasce in una grotta di notte: «Il palazzo, che il supremo Re dei re e Signore dei signori teneva pronto per alloggiare nel mondo il suo eterno Figlio incarnato per gli uomini, era la più povera ed umile grotta, dove Maria Santissima e Giuseppe si ripararono, rifiutati dagli alberghi e dalla pietà naturale degli stessi uomini. Essendo così abbandonato, la sapienza dell’eterno Padre lo riserbò ad essi, consacrandolo con gli ornamenti della nudità, della solitudine e povertà, primo tempio della luce, casa del vero sole di giustizia, che presto sarebbe nato per i retti di cuore dalla candidissima aurora Maria, nel mezzo delle tenebre della notte, simbolo di quelle del peccato, che coprivano tutto il mondo». Dunque, in quella notte solenne il Salvatore del mondo riposava sotto una coltre di fulgide stelle. Non nevicava, la notte era limpida e brulicava di astri scintillanti e con la luna alta nel cielo. I pastori pascolavano le greggi e non avrebbero mai lasciato gli ovili se tutto fosse stato coperto di una coltre nevosa, come siamo soliti rappresentare nel presepe. Non che questo fosse impossibile: “Betlemme”, che significa “casa del pane”, è una cittadina che attualmente fa parte della Cisgiordania ed è situata a circa 10 km a sud di Gerusalemme, ad un’altezza di 765 m sul livello del mare: una discreta altitudine, in quei tempi, come dicono i climatologi. Le temperature invernali possono essere molto basse e le giornate spesso sono piovose. Gennaio è certamente il mese più rigido, con temperature che oscillano tra 1-13°C. La scienza oggi ci spiega che la neve si forma nelle nuvole a basse temperature: il vapore acqueo si trasforma direttamente in cristalli di ghiaccio (per sublimazione) attorno a particelle di polvere presenti nell’aria, formando i cosiddetti “germi cristallini”. Questi cristalli crescono, accrescendosi di altre molecole d’acqua, e formano i fiocchi di neve che cadono a terra una volta che diventano troppo pesanti per essere sostenuti dalle correnti d’aria ascensionali. Ma quella del Natale non era una notte nuvolosa, era una notte fredda ma incredibilmente tersa e luminosa. Con le dovute riserve possiamo riportare ciò che afferma Maria Valtorta nel capitolo 29 della Mistica Città di Dio: La nascita di Gesù. Efficacia salvifica della divina maternità di Maria: «Vedo ancora l’interno di questo povero rifugio petroso dove hanno trovato asilo, accomunati nella sorte a degli animali, Maria e Giuseppe... Egli getta una manata di eriche fini fini e la fiamma risfavilla; vi unisce rametti più grossi, e poi ancora più grossi, perché il freddo deve esser pungente. Il freddo della notte invernale e serena che penetra da tutte le parti di quella rovina. La luce si sprigiona sempre più dal corpo di Maria, assorbe quella della luna, pare che Ella attiri in sé quella che le può venire dal Cielo. Ormai è Lei la Depositaria della Luce. Quella che deve dare questa Luce al mondo. E la luce cresce sempre più. È insostenibile all’occhio. In essa scompare, come assorbita da un velario d’incandescenza, la Vergine... e ne emerge la Madre». Fulton J. Sheen, nel suo Avvento e Natale prega così: «Gesù, Luce Divina e Vera Luce del mondo, la Tua Grazia mi aiuti a brillare in mezzo alla gente e fa’ che tutti gli uomini della terra brillino di Amore e Carità come le stelle». Il messaggio del Natale non dice che la pace giungerà come un evento automatico per il semplice fatto che Gesù è nato in Betlemme. Quel Natale è stato il preludio di una nuova nascita, quella di Gesù nei nostri cuori per mezzo della grazia, della fede e dell’amore. La neve dunque non c’era allora a Betlemme ma è presente oggi nei nostri cuori... In un mondo sempre più secolarizzato, mondanizzato e incredulo supplichiamo il buon Gesù Bambino di accendere i nostri cuori d’amore per Lui, così che possiamo accoglierlo e non lasciarlo mai più partire. Il dono più bello per Lui è il nostro amore.
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