FEDE E CULTURA
800 anni del Cantico delle creature
dal Numero 36 del 28 settembre 2025
di Francesco de Sanctis
Nell’800° anniversario del Cantico delle creature, inno di lode a Dio scaturito dal cuore del grande San Francesco, proponiamo ai lettori un approfondimento spirituale di tale Cantico che ci aiuta a ben conoscerlo, contro tutte le false interpretazioni che vogliono farci vedere San Francesco come “ecologista e sostenitore del movimento green”.
Il Cantico delle creature compie 800 anni. Un anniversario importante, che ci fa tornare indietro nel tempo fino al 1225, anno in cui il Serafico Padre, dopo l’esperienza de La Verna, trascorse un periodo di cinquanta giorni presso il Monastero di San Damiano. Durante quel soggiorno a San Damiano, dopo una notte travagliata dai dolori delle sue malattie, ricevendo però dal Signore la certezza del suo amore e della salvezza, il Santo compose quell’inno di lode e di ringraziamento a Dio che tutti conosciamo. Un capolavoro sotto tutti gli aspetti: spirituale innanzitutto, ma anche letterario. Nel testo della Vita Prima del Beato Tommaso da Celano, l’origine del Cantico delle creature viene fatta risalire alla gioia che San Francesco provava contemplando la Creazione. Il Santo, secondo il biografo, nutriva un ineffabile amore verso le creature di Dio e contemplava in esse la sapienza, la potenza e la bontà del Creatore. L’animo del Santo, quando mirava il sole, la luna, le stelle del firmamento, si inondava di profonda gioia. Quando il Santo vedeva un agnello, non poteva fare a meno di pensare a Gesù, Agnello innocente morto in Croce per noi, e così per ogni elemento della natura: egli trovava sempre un collegamento diretto al Creatore. Il Cantico, composto in volgare umbro del XII secolo affinché fosse comprensibile a tutti, rappresenta il primo testo letterario in volgare italiano di cui si conosca l’autore. La lingua presenta tratti tipici di questo volgare, come le desinenze in “-u”, e include anche latinismi grafici e latinismi veri e propri. Un’opera che è prima di tutto una preghiera scaturita dal cuore di un grande Santo, ma che è anche poesia che unisce la lode al Creatore a quella alle creature per comprendere ed amare di più Dio. Il capolavoro di San Francesco rispecchia la visione del mondo dell’uomo medievale, un “microcosmo”, il quale rappresenta la sintesi dell’intero creato. Così infatti ben riassunse San Gregorio Magno: l’uomo «condivide l’esistenza con le pietre, il vivere con gli alberi, la sensibilità con gli animali e l’intelligenza cogli angeli». L’intera Creazione è un’armonia, una scala che ci ricongiunge a Cristo e per mezzo di essa possiamo avvicinarci maggiormente a Lui. I modelli di riferimento del Cantico sono il Salmo 148 e il Cantico dei tre fanciulli nella fornace (Dn 3,51-89). La discendenza da queste fonti coinvolge non solo i contenuti ma anche la struttura formale del Cantico. Entrambi i testi della Bibbia si dividono in varie parti: cominciano sempre con una lode a Dio e si concludono con un’esortazione. L’attenzione ai numeri interpretati in chiave simbolica, tipica del Medioevo, è confermata dal fatto che i versi totali dell’opera del Santo sono 33, numero significativo in quanto multiplo di 3 che simboleggia la Trinità divina e numero cristologico per eccellenza (gli anni di Cristo sulla terra). San Francesco apre il Cantico con il riferimento a tre nomi divini (“Altissimu, onnipotente, bon Signore”), avendo lui la consapevolezza di essere un nulla di fronte a Dio. Questa è la giusta disposizione dell’anima nel mettersi in preghiera. La lode al Signore inizia con l’ammirazione degli astri, dei quali sono sottolineate la bellezza l’utilità: al sole è dedicata maggior attenzione, anche perché porta in modo particolare “significatione” di Dio. Il Santo quindi passa a lodare i quattro elementi fondamentali: il vento, l’acqua, il fuoco e la terra. L’acqua, in particolare, è vista come “utile” e “pretiosa”; la sua “umiltà” e “castità”, inoltre, la caratterizzano come mezzo di purificazione nei sacramenti del Battesimo e della Confessione. Il fuoco, come elemento, è riferibile allo Spirito Santo, richiamando la Pentecoste. La terra, infine, è la madre che nutre le sue creature: come non pensare alla terra che ha accolto il corpo morto di Gesù e dalla quale il Risorto è tornato? Gli elementi materiali della natura sono interpretati alla luce della salvezza e dei sacramenti. Dopo la lode alla terra, il tono del Cantico cambia: ora il Santo si incentra sull’uomo: coloro che perdoneranno, sosterranno malattie e difficoltà, saranno premiati dal Signore. Chiude il Cantico la lode alla morte, chiamata “sorella”. Nessuno la può evitare e, per l’uomo in grazia, anch’essa sarà positiva perché passaggio alla vera vita con Dio; in particolare è interessante l’espressione “morte secunda”, che si può riferire al fatto che il giusto, nel giorno del Giudizio, non dovrà temere la seconda morte, definitiva, dell’anima. Nella conclusione, San Francesco invita agli uomini a benedire Dio servendolo con umiltà. Significativa è infatti quest’ultima parola con cui si chiude il Cantico: indica l’atteggiamento che deve avere l’uomo verso Dio, soprattutto nel considerare i grandi doni da Lui ricevuti, nel contemplare la grandezza della Creazione. Solo con l’umiltà si può arrivare alla santità e solo con l’umiltà si può assomigliare a Cristo e a Maria Santissima. Il Cantico delle creature è questo, ma molto altro. È la preghiera di un’anima mistica che in tutto vedeva la mano di Dio. È la lode verso la Creazione che trabocca da un cuore innamorato di Dio. Allora, di fronte alle interpretazioni distorte che vedono in San Francesco l’iniziatore del “movimento green”, dell’“difendiamo la terra, perché la nostra casa va in fiamme”, cosa possiamo rispondere? Quando San Francesco parlò con il lupo di Gubbio disse: «Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, ed hai fatto grandissimi malefici, gustando e uccidendo le creature di Dio senza sua licenza. E non solo hai uccise e divorate le bestie, ma hai avuto l’ardimento d’uccidere e guastare gli uomini fatti alla immagine di Dio». La concezione della natura del Santo era una concezione sapienziale. La natura, per il Santo, non era un idolo al quale sacrificare ogni cosa – anche l’uomo, come pretende invece l’ecologismo –, ma un elemento che manifesta la divina grandezza del Signore e uno strumento donato all’uomo per la sua salvezza eterna. Con questi occhi dobbiamo leggere e meditare il Cantico del nostro Santo. Innalziamo, allora, anche noi a Dio il nostro cantico di lode. Iniziamo qui sulla terra per continuarlo poi un giorno in Paradiso, dove godremo, con i Santi, della visione beatifica di Dio. Tanti auguri Cantico delle creature! E che la voce del Serafino d’Assisi possa continuare a risuonare ancora nel silenzio del nostro mondo per infrangere l’abisso di ateismo ed illuminare i cuori dei più confusi.
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