Il 29 settembre la Chiesa festeggia il grande San Michele Arcangelo, mentre il 4 ottobre è la festa di San Francesco, l’amato patrono d’Italia. Le Fonti ci narrano che una profonda venerazione legava il Poverello d’Assisi al fiero Combattente celeste.

I «santi dell’Altissimo» (Dn 7,27), che la Chiesa innalza agli onori dell’altare con i processi di beatificazione e canonizzazione, sono venerati dal popolo dei fedeli quali eroici modelli di perfezione cristiana e potenti intercessori presso il trono di Dio. Come noi, anche i Santi, che ora guidano e proteggono i devoti che a loro ricorrono, hanno avuto su questa terra i loro modelli di santità e dei potenti intercessori per ottenere le grazie da Dio. Tra questi giganti di santità consumata, che hanno nutrito una speciale devozione per gli Angeli e i Santi, primeggia il serafico patrono d’Italia, San Francesco d’Assisi, Fondatore dei tre celebri Ordini Francescani.
Dalle fonti antiche che hanno trattato della sua ammirabile vita, è noto, infatti, che il mistico stigmatizzato della Verna (il primo ad essere riconosciuto ufficialmente tale dalla Chiesa) coltivava una devozione tutta particolare e speciale per la Santissima Madre di Dio, per gli Angeli e per i Santi, dei quali onorava più di ogni altro i Santi Pietro e Paolo apostoli. Tra gli Angeli, il santo Padre serafico prediligeva l’arcangelo San Michele per il ruolo speciale che Dio gli ha affidato. Il Beato Tommaso da Celano, uno tra i più celebri biografi del Santo assisano, nella sua Vita seconda scrive di lui che «venerava con il più grande affetto gli angeli, che sono con noi sul campo di battaglia e con noi “camminano in mezzo all’ombra della morte”
(Sal 22,4)», insegnando vigorosamente che noi tutti «dobbiamo venerare questi compagni che ci seguono ovunque e allo stesso modo invocarli come custodi», e che perciò «non si deve offendere il loro sguardo, né osare alla loro presenza ciò che non si farebbe “davanti agli uomini” (Rm 12,17)», cioè astenendoci dal peccare.
A questa cura per il culto verso i nostri angelici custodi, il santo Patriarca esalta quello rivolto al “Principe delle schiere celesti”, «il gran principe» (Dn 12,1), il santo «arcangelo Michele» (Gd 1,9), del quale il Celano scrive che San Francesco «ripeteva spesso che si deve onorare in modo più solenne il beato Michele, perché ha il compito di presentare le anime a Dio», riprendendo l’insegnamento che la Chiesa riporta nell’ufficio liturgico del 29 settembre e nella Messa dei defunti. Per questo motivo ricorreva alla sua efficacissima intercessione in alcune sue preghiere, che ancora oggi conserviamo, quali l’Esortazione alla lode di Dio, ove il Santo scrive: «San Michele arcangelo, difendici nel combattimento»; e la famosa antifona mariana del suo Ufficio della Passione del Signore, in cui si rivolge a «Santa Maria Vergine» affinché preghi «per noi con san Michele arcangelo [...] presso il tuo santissimo diletto Figlio».
Inoltre, alla protezione a alla guida di questo potente Arcangelo il serafico Patriarca sottopone ogni Capitolo provinciale, ordinando, come si legge al capitolo XVIII della Regola non bollata, che «ogni anno ciascun ministro possa riunirsi con i suoi frati, ovunque piaccia a loro, nella festa di san Michele arcangelo, per trattare delle cose che riguardano Dio». Similmente, così narra la Leggenda dei tre compagni circa la piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli, ove «il beato Francesco stabilì che vi si celebrasse il capitolo due volte l’anno: a Pentecoste e nella festa della dedicazione di san Michele».
La devozione speciale del serafico stimmatizzato per il Principe delle legioni angeliche raggiunge il vertice nella quaresima che indisse in suo onore e che ci viene attestata da diverse fonti storico-biografiche. Il Celano, nell’opera sopracitata, scrive che «a onore di san Michele, tra la festa dell’Assunzione e la sua, digiunava con la massima devozione per quaranta giorni. E diceva: “Ciascuno a onore di così glorioso principe dovrebbe offrire a Dio un omaggio di lode o qualche altro dono particolare”». Il settimo Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, San Bonaventura da Bagnoregio, nella sua Leggenda minore precisa che «Francesco, due anni prima di rendere lo spirito al cielo incominciò un digiuno di quaranta giorni in onore dell’arcangelo Michele, nel segreto di un luogo eccelso (Mt 17,1)», e la Compilazione di Assisi puntualizza che in quell’occasione «il beato Francesco salì all’eremo del monte della Verna e quel luogo così isolato gli piacque talmente che decise di passare lassù una quaresima in onore di san Michele». Infatti, anche il “Dottore serafico” San Bonaventura aveva riferito nella Leggenda maggiore che «il padre pietoso arrivò all’eremo della Verna per celebrarvi la quaresima in onore dell’arcangelo Michele» e che in questa circostanza «incominciò a sentirsi inondato con maggior abbondanza dalla dolcezza della celeste contemplazione, acceso da più viva fiamma di desideri celesti, più ricolmo del dono di celesti elargizioni».
Fu proprio in questa quaresima sul monte della Verna che il Santo “poverello di Assisi” venne trasfigurato nell’immagine vivente di Gesù Crocifisso con la mistica stigmatizzazione. Assieme a San Bonaventura, ma più minuziosamente, I fioretti di san Francesco narrano questo episodio della vita del Santo aggiungendo le parole che egli proferì ai suoi Frati prima di salire il monte: «Figliuoli miei, noi ci appressiamo alla quaresima nostra di santo Michele arcangelo: io credo fermamente che sia volontà di Dio che noi facciamo questa quaresima in sul monte della Vernia, il quale per divina dispensazione ci è stato apparecchiato acciò che a onore e gloria di Dio e della sua gloriosa vergine Maria e de’ santi agnoli noi con penitenza meritiamo da Cristo la consolazione di consacrare quel monte benedetto». Sarà proprio su questo monte che San Francesco realizzerà la massima identificazione e assimilazione a «Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1Cor 2,2).
Puntiamo anche noi a questa sublime cristificazione attraverso il modello creaturale più perfetto e a noi più vicino, l’Immacolata Vergine Maria, e sulle parole del serafico Patriarca San Francesco, “offriamo a Dio un omaggio di lode o altro dono particolare a onore di un così glorioso principe” affinché, quando ci presenterà un giorno davanti a Dio, possa intercedere e ottenere per noi di essere ammessi al «popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno» (Dn 7,27).