SPIRITUALITÀ
La beata morte di don Dolindo
dal Numero 43 del 17 novembre 2024
di Serafino de Virginis
Gli ultimi giorni di vita di don Dolindo furono intessuti di sofferenze fisiche e di preghiere verso le anime, la Chiesa, il Papa, i sacerdoti. Poco prima di morire don Dolindo contemplò la Madonna che sicuramente lo portò sereno in Cielo.
Don Dolindo è sempre stato un’anima sofferente, sia internamente che esternamente. Egli ha sempre sofferto, ma ha sofferto con amore. “Dolindo” significa proprio “dolore”; suo padre coniò questo nome poiché aveva il presentimento che la missione di questo suo figlio era di dover soffrire. E così fu. Anche il periodo che ha preceduto la sua morte non è stato privo di dolore. Durante gli ultimi giorni di ottobre del 1970, oltre ad essere già colpito da paralisi da ben dieci anni, egli ebbe febbre e raffreddore con una forte tosse. Il dottore consigliò ad Enzina Cervo di fargli prendere gli antibiotici. Enzina fu una delle figlie spirituali più legate a lui. Essa lo accudì in modo particolare negli ultimi anni della sua vita, prodigandogli le più materne cure. Lei dovette insistere parecchio perché don Dolindo prendesse le medicine... alla fine lui acconsentì. Tuttavia non migliorò molto, perse sempre più le forze, stentava a camminare e a muoversi. L’8 novembre, dopo aver celebrato la Santa Messa, ritornando nella stanza disse ad Enzina che lo sorreggeva: «Non reggo più, ma non temere: Gesù mi regge ancora. Diciamo un’Ave di ringraziamento alla Madonna che mi ha fatto nuovamente celebrare la Santa Messa». Nonostante la sua spossatezza, egli non dava alcun sollievo alle sue membra. Continuava a scrivere lettere e a ricevere quanti chiedevano di poter parlare con lui. Continuava a pregare anche di notte. Era solito alzarsi verso le tre del mattino per pregare, ma una notte non vi riuscì... si alzò alle cinque... per pregare fino alle sette. Egli riuscì a celebrare la Santa Messa durante i suoi ultimi giorni di vita, e solo verso la fine dovette celebrare stando seduto. Chi assisteva alla sua Messa vedeva in lui il Crocifisso, tanto soffriva. La tosse degenerò in broncopolmonite a focolai diffusi e una mattina don Dolindo implorò che Enzina lo aiutasse a scendere dal letto per potersi preparare alla celebrazione della Messa. Enzina gli disse: «Padre mio, proprio non potete: avete febbre alta e polmonite». Egli tentò lo stesso, ma quando notò che non si reggeva nemmeno in piedi, si abbandonò amorevolmente alla volontà di Dio e ricevette la Comunione a letto. Negli ultimi giorni della sua vita egli viveva più in Cielo che in terra. Pregava sempre, pregava per la Chiesa, per il Papa, per i sacerdoti, per le anime, pregava per tutti. Quando Enzina voleva che egli si riposasse un poco, dicendo: «Padre, cercate di riposare un poco», egli rispondeva prontamente: «Figlia mia, preghiamo; la vita eterna non è uno scherzo». Il 18 novembre don Dolindo non mangiò quasi niente. Verso sera non riuscì nemmeno a ingoiare dell’acqua, nonostante egli soffrisse molto la sete. Era sempre sereno, non si lamentava mai e offriva tutto con amore a Dio solo. All’alba del giorno 19 novembre don Dolindo intonò la Salve Regina. Era presente solo Enzina che ad un tratto lo vide con gli occhi verso l’alto e lo sentì esclamare: «Madonna mia, quanto sei bella!». Poi intonò nuovamente la Salve Regina che cantarono insieme. Enzina vedeva sul suo viso l’espressione di una dolcezza arcana, divina, tutta angelica. Prima di sospirare ebbe in dono da Gesù di poter anche lui assaporare il fiele! Infatti gli diedero una capsula di antibiotico che si spezzò in bocca ed egli ne sentì tutto l’amaro. Giunse padre Giovanni Galasso con Gesù Sacramentato. Venne avvertito che don Dolindo non ingoiava più, ma egli domandò a don Dolindo se voleva ricevere Gesù Ostia e dopo avergli dato l’assoluzione lo comunicò. Don Dolindo si raccolse in profonda unione con Gesù presente nel suo cuore, in quel cuore che era vissuto solo e tutto per Lui. La stanzetta si riempì mirabilmente di un profumo di gigli... Morì nel suo lettuccio alle ore 17:13, dopo essersi improvvisamente alzato nel letto con le braccia sollevate, lo sguardo in alto esclamando con meraviglia: «Oh». Il suo cuore si spense e l’anima sua beata volò al Signore per unirsi eternamente a Dio solo.
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