MODELLI DI VITA
La vita mia per la mamma | Beata Laura Vicuña
dal numero 4 del 21 gennaio 2024
di Paolo Risso

O mio Dio, amarti e servirti per tutta la vita. Preferisco morire piuttosto che offenderti con il peccato. Voglio fare tutto ciò che posso per farti conoscere ed amare. Voglio riparare i peccati, specialmente delle persone della mia famiglia. Mio Dio, dammi una vita di amore e di sacrificio.

Il 5 aprile 1891, in tempo di rivoluzione, nasceva in Cile Laura Vicuña. La sua famiglia dovette rifugiarsi a Temuco, un borgo di poche casupole situato a sud del Cile, centro di raccolta dei perseguitati da parte dei rivoluzionari. Due anni dopo nacque una sorellina, Giulia. Poco dopo papà Giuseppe moriva. Non aveva ancora 30 anni.


Nella casa della Madonna
La mamma, Mercedes Pino, lavorava giorno e notte per poter sostentare le sue bambine. Un giorno partì per l’Argentina in cerca di lavoro e dopo lungo vagare, si stabilì con Laura e Giulia a Junin de los Andes. In quella cittadina erano giunti da alcuni anni missionari e missionarie salesiani inviati da don Bosco e avevano aperto un collegio con due scuole, una per ragazzi e l’altra per ragazze, affidando la loro opera alla Madonna, invocata con il bellissimo titolo di Ausiliatrice. Fu una fortuna per Laura e Giulia, e per tanti bambini come loro. 
Mercedes andò a “convivere” con un uomo ricco ma dal carattere molto difficile, Manuel Mora. Possedeva una vasta fattoria e trattava i suoi dipendenti, per lo più appartenenti alla popolazione degli indios, come schiavi. Aveva 40 anni, era di bell’aspetto, potente. Mercedes avrebbe voluto sposarlo, ma Manuel non acconsentì perché uomo unicamente attaccato al piacere; tuttavia accettò di pagare il collegio e la scuola per Laura e Giulia. Le due bambine, dunque, andarono a vivere e studiare a Junin nella casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice, la casa della Madonna.

Negli anni trascorsi in collegio Laura imparò, grazie a un sacerdote, don Crestanello, e alle suore, come vivere con Gesù; si impegnava con profitto nello studio; si dimostrava allegra e sempre pronta ad aiutare gli altri. Un giorno, durante una lezione di catechismo, mentre una suora parlava del sacramento del Matrimonio, Laura comprese la situazione di peccato nella quale viveva la mamma; comprese allora perché ella non si accostava ai sacramenti e perché la facesse pregare di nascosto durante le vacanze trascorse alla fattoria. Si inquietò fino al punto di svenire e, risoluta, si propose di fare qualsiasi cosa pur di salvarla. 
Il 2 giugno 1901, ricevette per la prima volta Gesù Sacramentato. Quel giorno offrì al Signore questi suoi bellissimi propositi: «O mio Dio, amarti e servirti per tutta la mia vita. Preferisco morire piuttosto che offenderti con il peccato. Voglio riparare i peccati, soprattutto delle persone della mia famiglia. Mio Dio, dammi una vita di amore e di sacrificio». Da quel giorno, Gesù diventò il suo unico Amico. Laura gli offriva tante preghiere, il suo impegno nella scuola e nello studio, molti sacrifici... Voleva contraccambiare l’amore di Gesù per lei e amarlo come Lui merita di essere amato. Aveva solo 10 anni.

Come ogni bambino della sua età non sempre le era facile obbedire, ma diceva alle sue amiche: «La nostra obbedienza dev’essere perfetta per amore di Gesù che ha sofferto tanto per noi in croce». Un giorno, mentre coltivava un’aiuola in giardino, la direttrice le disse di piantarci in mezzo un palo per sostenere una pianticella rampicante. Laura le rispose: «Dai pali secchi piantati per obbedienza germogliano le rose, perché la voce dei superiori è la voce di Dio». Qualche tempo dopo, il palo fiorì davvero!

Un “no” coraggioso
Nel Natale del 1902, ritornò a casa. Una sera, dopo la festa del raccolto, Manuel, il “compagno” di sua madre, tentò di insidiare la purezza di Laura, ma ella gli si oppose con un “no” secco, senza paura, mandandolo su tutte le furie. Manuel allora la gettò fuori di casa, al buio, in mezzo ai cani da guardia. Da quel giorno, inoltre, non volle più pagare la retta per il collegio di Laura: «S’aggiusti, viva per conto suo». Per amore di Gesù, Laura aveva rischiato la vita. Era stata capace, per non offendere Gesù, il suo Dio, di lanciare la sua “dichiarazione di guerra” all’uomo più potente della zona. Ella, con Gesù, si sentiva più forte di lui. Da quel momento poté dimorare presso il collegio non più come educanda, ma come interna addetta alla casa delle suore. Laura fu incaricata di seguire le educande più piccole alle quali insegnava a pregare e dava consigli, con uno spiccato spirito materno, pieno di amabilità e di carità.

Dopo la Cresima, ricevuta nella primavera del 1903, sentì di dover fare qualcosa di bello, di molto grande per Gesù. Si consigliò con il suo confessore, don Augusto Crestanello, e una mattina, dopo aver ricevuto la santa Comunione, si consacrò a Gesù con i voti di obbedienza, povertà e castità. Aveva solo 12 anni.
Quel giorno era felicissima: era tutta di Gesù e della Vergine Maria.
Si impegnò a ricevere tutti i giorni Gesù nella Comunione, mantenendo pura la sua coscienza con la Confessione frequente. Disse a Gesù: «Ora voglio farmi santa davvero». Chiese aiuto alla Madonna: «Tu sei mia Madre e io sono tua figlia. Tu mi aiuterai a riuscire in tutto, a far del bene agli altri».

Il dono della vita
Pensava sempre alla sua mamma. Voleva liberarla da quell’uomo. Desiderava che non vivesse più nel peccato. Laura, per questa intenzione, aveva già offerto a Dio preghiere e sacrifici, tante corone del Rosario, Messe e Comunioni. Che cosa poteva fare ancora? Un giorno ascoltò il seguente commento al passo evangelico del Buon Pastore (Gv 10,11): «Il buon pastore dà la vita per le sue pecore. Gesù ha dato la vita per noi». A Laura venne allora un’idea: offrire a Dio la vita per la conversione della sua mamma. Ne parlò con il suo confessore più volte, infine don Crestanello le disse: «Sia come tu vuoi». Laura andò a inginocchiarsi davanti al Crocifisso: «Gesù – pregò – ti offro la mia vita per la salvezza della mamma».
Da quel momento, la sua salute si fece sempre più fragile, mentre diventava sempre più buona, più generosa: sempre pronta ad aiutare gli altri, umile, affettuosa, contenta. Ammalatasi ormai di tisi, andò a trascorrere un periodo a casa; supplicò la sua mamma di liberarsi di quell’uomo e così, un giorno, Mercedes con le due figlie se ne andò da quella casa e affittò una casetta presso il collegio delle suore. Tuttavia quell’uomo continuava ad andare a visitarle e ancora una volta tentò di abusare di Laura. Rifiutato per l’ennesima volta la picchiò e la Beata, che era già grave per la malattia, peggiorò rapidamente a causa di quelle percosse. 

Per questo il grande salesiano don Luigi Castano, che tanto aveva lavorato per portare agli onori dell’altare tanti figli di don Bosco – e non solo – negli ultimi anni della sua lunga vita (1909-2005), confidò a chi scrive la possibilità di vedere la Beata canonizzata come martire!
Il 21 gennaio 1904, festa di sant’Agnese, la martire romana che Laura aveva scelto come modello, sentì che la sua vita stava per finire. Ricevette Gesù nella santa Comunione sapendo che la sua ultima ora era vicina. Le era accanto il salesiano don Genghini, il quale le amministrò l’Unzione degli infermi. Il 22 gennaio 1904, chiamò la mamma, che si avvicinò alla sua bambina morente: «Mamma, ora muoio! L’ho chiesto a Gesù». Grosse lacrime rigavano il volto di Mercedes. «Da due anni, ho offerto la mia vita a Gesù per ottenere la grazia del tuo ritorno a Dio. Prima di morire, non avrò la gioia di vederti pentita?». Mercedes singhiozzava: «Io dunque sono stata la causa del tuo calvario, della tua malattia e ora della tua morte? Oh Laura, ti giuro in questo momento che farò quanto mi chiedi: sono pentita. Dio mi è testimone!». Laura si sentì trasfigurare. Chiamò don Genghini: «Padre, la mia mamma promette di lasciare quell’uomo. Sia anche lei testimone della sua promessa!». «Sì, bambina mia, domani mi confesserò, cambierò vita, sarò come Dio mi vuole».

Il sole tramontava dietro le Ande in una luce di fuoco. Una grande pace si stese sul volto di Laura, martire della purezza e dell’amore filiale. Baciò il Crocifisso, sorrise a tutti e mormorò: «Grazie, Gesù, grazie, Maria, ora muoio felice». Con queste parole sulle labbra entrava nella luce eterna del Paradiso.
Il 3 settembre 1988, il Santo Padre Giovanni Paolo II, presso Colle Don Bosco, località di Morialdo (Asti), la iscriveva tra i beati del Cielo. Erano presenti tanti ragazzi e ragazze, provenienti anche dal Cile e dall’Argentina. E c’era anche chi scrive a farle festa.   

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