SPIRITUALITÀ
30 minuti con se stessi | Non fissarsi sulle proprie difficoltà
dal Numero 30 del 30 luglio 2023
di Don Mario Proietti

L’anima deve fissare il proprio sguardo su Dio: da Lui viene ogni bene e la luce per guardare le cose secondo verità. Nel donarsi a Lui in tutte le circostanze, anche nelle difficoltà della vita, sta la nostra felicità.

Una grande tentazione che colpisce il cuore dell’uomo consiste nel preoccuparsi di se stessi.
È a motivo della superbia che l’anima è spinta a parlare di sé con se stessa, e lo fa in modo morboso e insistente. Questo continuo ripiegarsi su se stessi provoca la perdita della dimensione esatta della realtà e aumenta il divario tra ciò che l’anima è e quello che sogna di essere. È la tentazione di farsi un’idea troppo alta di sé oppure di non considerarsi proprio.
Anima devota, questi due estremi ti allontanano da ciò che sei in verità, esasperano il tuo ideale e annullano il tuo reale, e la conseguenza è l’incapacità di poterti relazionare in modo giusto con te, con gli altri e con Dio. Ogni uomo deve avere la giusta misura di se stesso e per farlo deve conoscersi nella realtà e non nella propria fantasia. È per questo, che i maestri di vita spirituale suggeriscono di fare l’esame di coscienza alla luce di Dio, perché se dipendesse solo dalla tua percezione delle cose, rischieresti di giudicarti senza colpa o, al contrario, di lasciarti schiacciare dalla tua miseria.
Se vuoi conoscerti veramente, devi coltivare la purità di coscienza, rendendo la tua anima, per così dire, “trasparente”, di modo che ogni cosa sia visibile ai tuoi occhi e percepita come posta dinanzi a Dio. Obietterai che ciò non è facile, e ne confermo la difficoltà. Ma, seppur difficile, non significa che ciò sia impossibile. Per aiutarti in questo, voglio dirti ciò che devi evitare per non inquinare la tua anima perché sia trasparente ai tuoi occhi e a quelli di Dio. La prima raccomandazione è questa: non devi fissarti sulle difficoltà che hai nella vita. Le altre le vedremo nelle prossime puntate.
Molte anime sono sempre agitate dinanzi ai problemi facendo d’ogni piccolo fatto un dramma. Tu, però, considera la vita come una grande lotta, della quale, fin dal tuo esordio, sei vincitore: non avere quindi timore di continuare a combattere, perché vivere significa anche lottare, soffrire, sanguinare e piangere; è la meravigliosa avventura della vita.
Si vorrebbe non soffrire, non piangere e non lottare... ma Gesù stesso ti ha dato un insegnamento chiaro: “Rinnega te stesso, prendi la tua croce e seguimi”. Come pensi di fare tutto questo senza soffrire?
È facile proporre un cammino di fede stando dalla parte di chi non soffre la scelta; ebbene, Gesù non ha fatto così e non lo devi fare neanche tu. Quando ti ha detto di prendere la croce, Egli già era incamminato sulla strada della Passione; non ti chiede nulla che Egli stesso non abbia già sofferto e provato. Se tu abbracci il messaggio di Cristo, non ti sarà concesso di arrenderti, di volgerti indietro, di non proseguire la strada anche se tra mille difficoltà. Saranno queste difficoltà a dimostrare la credibilità e la fondatezza della tua fede; se sleghi la fede dalla difficoltà, la tua non è più fede ma sentimento, sogno, utopia.
Paolo VI diceva che il cammino cristiano non è facile, ma risulterà felice. Guardati intorno e considera come ovunque si cerchi di togliere dall’insegnamento di Cristo l’intransigenza, il principio e l’esigenza.
Sappi, anima cristiana, che la croce delle pretese evangeliche può essere sopportata solo con l’aiuto della grazia e non con le proprie capacità e impegno. Quanti vorrebbero che la Chiesa togliesse dalle spalle dei fedeli il peso della fedeltà ai Comandamenti, della responsabilità nelle scelte, della coerenza nella professione di fede; vogliono così perché non hanno fede. Essi credono che tutto ciò è impossibile da realizzare, perché sentono forte la propria inadeguatezza e debolezza. Guarda le loro richieste: togliere il peso del peccato, come se fosse l’uomo a decidere cosa è o cosa non è peccato, avallare la precarietà degli affetti e dei sentimenti, permettere un’autodeterminazione svincolata dalle conseguenze, costruirsi la vita e la morte a propria misura. Questo non è più un vivere, ma un essere condannati a vivere o a morire.
Il messaggio bello che Gesù ti ha dato è che la vita non verrà mai a te come condanna ma come dono, e anche la morte, che era una condanna, Dio l’ha trasformata per te in tenero incontro di gioia.
Le difficoltà della vita ti vengono incontro come lotta, sopportane il peso e affrontale con la fede, altrimenti non solo chiuderai il futuro alla speranza di Dio, ma ti costringerai ad uno straziante silenzio o, ancora peggio, ad un insegnamento di fede costruito su misura del tuo piccolo cuore.
Il messaggio di Gesù è per i coraggiosi e non per i vili, è per uomini e non per bambini mai cresciuti. Il Signore ti rende possibile il suo “sogno”, crede in te; ma se ti spaventi dinanzi alle difficoltà sarai incapace di dire agli altri quello che tu non riesci a sopportare. Non c’è valido testimone senza sangue.
Osserva i santi e tutto quello che hanno dovuto sopportare per Gesù: non hanno ceduto nelle difficoltà perché lo Spirito Santo, che agiva in loro, li ammaestrava rendendo ancora più affilata la loro parola.
La “misericordia” riservala agli altri, per te scegli l’intransigenza e la fedeltà perché solo così non indurrai gli altri nell’errore. Già Gesù rimproverava coloro che caricavano di fardelli le spalle degli altri mentre essi non volevano toccare quei pesi neanche con un dito (cf Lc 11,46).
Molti hanno travisato questi ammonimenti di Gesù; con queste parole Egli non ha condannato un fardello posto sulle spalle, ma l’incapacità dei maestri di farsi carico per primi di quei pesanti fardelli. Quel “non voler toccare neanche con un dito” è la ragione della terribile sentenza emanata da Dio sulla vita di quei farisei, mentre, al contrario, per quella gente costretta a sopportare quei pesi, questi sono fonte di benedizione e grazia.
Ora Gesù ha sollevato quei fardelli dalle spalle del popolo, ma non devi credere che la vita non abbia più pesi o difficoltà. È sempre Gesù che ti chiede di farti carico del suo giogo, di prendere su di te la sua croce che è prova d’obbedienza, coerenza, fedeltà, pazienza, mansuetudine e appartenenza.
È penoso vedere molti cristiani che fanno discorsi esaltanti, ma poi non riescono a sostenere il più lieve errore del fratello o il difetto dell’altro.
Tu ricorda che l’esperienza della sofferenza e della difficoltà è corroborante per la tua anima, sforzati dunque di dare una risposta diversa da quella che dà il mondo. Se fai come fanno gli altri, infatti, cosa fai di straordinario? Se fuggi la difficoltà, non fai nulla di straordinario perché tutti accampano questo diritto. Tu sforzati di entrare per la porta stretta, perché larga è la via che conduce alla perdizione (cf Mt 7,13).

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