SPIRITUALITÀ
Da amante del lusso, all’amore per la povertà | Famiglia Manelli
dal Numero 15 del 16 aprile 2023
di Claudio Circelli

Papà Settimio era un “esteta” per natura, amante dell’apparenza e del piacere. Ci volle padre Pio perché fosse guidato ai valori che non tramontano, fino a giungere persino ad amare la povertà serafica e renderla stendardo della sua famiglia. 

Tra le diverse correnti culturali che hanno influenzato il pensiero del servo di Dio Settimio Manelli prima della conversione, vi troviamo il filone dell’Estetismo che in Italia ebbe in Gabriele D’Annunzio la massima espressione letteraria.
Tale movimento letterario incoraggiava un’appassionata ricerca del bello, dell’eccellenza, dei piaceri della vita nei diversi campi dell’esistenza umana. 
Privo di una solida educazione religiosa, anche Settimio fu sedotto da questo modo di concepire la vita. 
Tutto sommato, per certi aspetti l’estetismo può essere considerato espressione di una ricerca inconsapevole di Dio, poiché nel bello, e finanche nel piacere, cerchiamo ciò che non muore più. Cerchiamo l’Eterno! 
È dentro questa radice che dobbiamo comprendere il senso profondo, spesso inconscio, delle mete umane. E allora anche nell’eleganza dell’eloquio del giovane Manelli, come in quella del vestire, o della raffinatezza del gusto per i beni terreni e delle comodità del mondo, possiamo leggere il mistero di un’anima che cerca Dio, benché non lo sappia e, per questo, si accontenta di soddisfare il suo anelito con i surrogati che la mondanità offre.
Vittima della cultura dell’immanente, ingannatrice e priva di Dio, come tanti giovani di oggi si dava alla bella vita. Non badava a spese quando doveva farsi confezionare un abito dal sarto. Il sostegno economico gli veniva dal lavoro della sua mamma, Filomena Fioravanti, di professione commerciante, grazie al quale poté pagarsi gli studi universitari fuori sede e concedersi abiti alla moda.
Ci volle la conversione per comprendere che i beni di questo mondo non soddisfano le intime esigenze dell’animo umano, che invece solo Dio può appagare. E ci vollero gli insegnamenti del Vangelo e l’Imitazione di Cristo per trasformare la sua vita. 
Così come Cristo, da ricco che era si fece povero perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà, anche Settimio, insieme alla sua sposa Licia Gualandris, scelse la strada dell’abbandono fiducioso alla volontà di Dio, aprendosi alla vita fino all’inverosimile [1], sicuro che la Provvidenza non avrebbe mai abbandonato la costituenda famiglia in tutti i momenti di bisogno. 
Non è forse straordinario che un’anima abbandoni completamente uno stile di vita mondano per lasciarsi afferrare pienamente dal Signore? Sarebbe esagerato ritenere ciò un miracolo? Penso di no, se consideriamo che il maestro e la guida sulla strada della povertà evangelica fu san Pio in persona. Fu proprio l’incoraggiamento del Santo che modellò Settimio, fino a indurlo a rinunciare a tutto ciò che non fosse necessario. 
Con la conversione, distaccò il cuore dai beni terreni e fu instancabile nel riproporre gli insegnamenti di san Pio nella sua piccola comunità familiare. Quando i figli si lamentavano per la condizione di ristrettezza finanziaria, quantunque non mancassero mai del necessario, con sempre viva energia li esortava ad avere assoluta fiducia nella divina Provvidenza, a imitare la Sacra Famiglia di Nazareth. Bramava che i figli non desiderassero i beni passeggeri, ma quelli eterni, e infondeva nel loro cuore l’amore per la santa povertà, alla maniera di san Francesco. Infatti, era particolarmente legato al Poverello per antonomasia, tanto che volle appartenere al Terz’Ordine Francescano. Agli esempi del Serafino d’Assisi ricorreva spesso per istruire i figlioli su come la povertà fosse la via privilegiata per la salvezza.
Tutto questo ardore nel voler imprimere nella sua famiglia le “sacre stimmate della povertà”, unitamente al fatto che non ebbe mai alcun rimpianto per le cose a cui aveva rinunciato, sono tra gli elementi che fanno di Settimio un uomo che ha amato questa virtù fino all’eroicità.

Nota
1) Come abbiamo appreso già dagli articoli precedenti, i servi di Dio Settimio Manelli e Licia Gualandris hanno avuto dal loro matrimonio ben ventuno figli [ndr].

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