SPIRITUALITÀ
Il Cenacolo continua...
dal Numero 38 del 17 ottobre 2021
di Paolo Risso

Quella sera, l’ultima della sua vita terrena, Gesù ha inaugurato il Cenacolo per i suoi discepoli di ogni tempo, fino alla fine del mondo. Qui i suoi amici, ovunque si trovino, possono conversare con Lui, Parola di Dio, e riceverlo come Pane di Vita eterna.

Sulla collina dove abitavo un tempo, c’erano quattro case, quella di madama Marietta, di madama Pinina e di “arcimadama” Pierina, e la mia dove non c’erano madame. A casa delle tre madame ci si dava convegno almeno una volta al mese, come in un salotto che d’inverno era in cucina, d’estate sotto il portico o sotto la pergola.

 

Taralli e vino

Ci si dava convegno per conversare sul lavoro, su questa o quell’altra novità, per assumere il caffè o il tè preparato dalla madama ospitante, o bere, soprattutto per gli uomini, un buon bicchiere di vino che presto volgeva in allegria. Spesso si cadeva nel pettegolezzo di comari perditempo.

Non mancavano i “taralli” (dolci locali, detti anche “torcetti”) sia per i piccoli che per i grandi. Qualcuno se ne riempiva furtivamente le tasche e servivano a fare merenda nei giorni successivi. Poi, alla fine, quasi sempre, specialmente in maggio e in ottobre, tutto si concludeva con una Salve Regina o tre Ave Maria e un Requiem per i defunti, per la nostra salute e il nostro lavoro. 

A casa di “arcimadama” Pierina, il cui illustre e pingue marito era deputato al parlamento, dal 1955 c’era pure il televisore, “stupore” dell’epoca, perché permetteva di vedere il presidente della Repubblica e il Papa benché stessero a Roma. Non si poteva desiderare di più: un super salotto!

A me, cucciolo d’uomo, di scuola elementare, tutto questo non piaceva e non ci andavo mai, nonostante i torcetti, selvatico com’ero e sono tuttora. La mia mamma ci andava una volta all’anno, perché non sapeva far la comare, anzi solo il sentirlo le dispiaceva. E poi mamma aveva la scusa di dover accudire a me e quella di non dar disturbo ad altri. Così a casa nostra non si faceva salotto.

 

Dibattiti e religione

I salotti c’erano già nella Roma antica. Ricordate le matrone che si radunavano nella “domus” di Cornelia, discendente degli Scipioni. Andavano anche per mostrarle i loro gioielli, e una volta le chiesero di mostrar loro i suoi gioielli. Cornelia, chiamando i suoi due bambini, disse: «Ecco i miei gioielli!». I quali diventeranno i Gracchi, i più famosi tribuni dell’Urbe. 

I più famosi salotti dilagarono in Francia nel ’600 e nel ’700. A casa delle più illustri “mesdames” si radunavano altre “mesdames”, con i loro mariti (qualche volta c’erano pure i loro amanti), con amici, cavalieri di cappa e spada, scrittori, politici. Non mancava qualche ecclesiastico più o meno degno.

Si consumavano pasticcini, si sorseggiava del buon vino. Si dibatteva di lettere e di filosofia, saggia o insipiente; di politica a favore di questo o di quello. Tutt’altro che esclusa la religione, anzi, era presente e rendeva raffinati il parlarne, meglio il disquisirne. Salotti dove, con le “brioches” servite, si discuteva di giansenisti, di cattolici e di ugonotti, di impegno serio e di quietisti, ecc.

Da qualcuno di questi salotti, tenuto nelle mani di persone rette, come quello di madame Acarie, partì persino la fondazione di monasteri. Succedeva che fossero frequentati da sacerdoti esemplari e allora profumavano di “cenacolo”.

A Roma, a Milano, soprattutto nella prima metà del secolo scorso, solo citando i nomi più illustri, raccoglievano gli spiriti “più in vista”, i convegni “casalinghi” tenuti da Gallarati-Scotti, da don De Luca, da don Primo Vannutelli (il Signore gli usi misericordia), dove non mancavano “l’aggiornamento”, “le novità”, diciamolo chiaro, “il modernismo”, condannato, sopito, mai spento. I “frutti” si vedranno, si vedono tuttora e non c’è da essere lieti.

Ma passiamo oltre, perché ci brucia nell’anima di dire su Gesù.

 

Betania, Gerusalemme

Anche  a Gesù piaceva far “salotto” e lo fece da par suo, da Figlio di Dio fatto uomo, per salvarci dal peccato e dalla morte. I moderni(sti) di oggi, dicono che il Rabbi di Nazareth era assai conviviale, “uomo di convivialità”. Ma questa, va precisato subito, era per salvare le anime e condurle a Dio.

A Cafarnao, Gesù chiamò Levi, detto anche Matteo, che, pubblicano e poco pulito collaborazionista dei romani occupanti, riscuoteva le tasse. Questi, affascinati all’istante da Gesù, lasciò tutto e lo seguì. Poi diede un gran ricevimento a casa sua, con gente onesta e gente che avrebbe dovuto essere guardata a vista dai carabinieri, e Gesù e i primi discepoli sedettero a tavola, con quei ceffi (cf. Mt 9,9-13). 

Possiamo immaginare quanti di quelli cambiarono vita e seguirono Gesù, primo tra tutti Matteo, l’esattore che faceva la cresta sulle tasse che riscuoteva.

Era di passaggio a Gerico, Gesù, e un altro pubblicano, Zaccheo, piccolo di statura, “più largo che lungo”, aveva sentito parlare di Gesù e voleva vederlo... pertanto si arrampicò su un albero essendo “tappo” di statura. Gesù lo chiamò: “Spicciati, Zaccheo, che oggi devo fermarmi a casa tua”. Zaccheo scese e, correndo con il fiatone, preparò il pranzo per Gesù, promettendo che da subito cambiava vita. Anche quel “salotto” finì con la salvezza di tante anime (cf. Lc 19,1-10).

Potremmo citare altri fatti simili dai quattro Vangeli, che sono preludio del Cenacolo di Gesù, la sera prima del suo patire. Ora andiamo a Betania, non lontano da Gerusalemme, dove in una bella casa, con orti e giardino spazioso e fiorito, dimoravano Lazzaro, un uomo facoltoso e buono, con le due sorelle Marta e Maria.

Gesù era solito fermarsi spesso da loro che erano i suoi amici e vi soggiornava con i Dodici. Io penso quanti bei “conversari” di Gesù con quei “signori” di Betania, prima che Lazzaro morisse. Gesù quella volta non c’era e lasciò fare a “sorella morte” (che è una sorellastra) e Lazzaro morì e fu messo nel sepolcro, tra le lacrime cocenti delle sorelle e dei pii israeliti.

Gesù pianse, ma non fece solo cordoglio come facciamo noi, ma fece togliere la pietra tombale e gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori”. Era già “fetente”, Lazzaro, ma venne fuori e organizzò più che un salotto, un magnifico convito, che dovette durare qualche giorno. Era il trionfo del Cristo-Dio, che è sempre “la risurrezione e la vita” e chi crede in Lui “non morirà in eterno” (cf. Gv 11,1-44).

Ormai per Gesù, per i suoi, per noi, era tempo di “Cenacolo” e salì con i Dodici a Gerusalemme.

 

“Lui è qui”

Sappiamo che un amico di Gesù gli preparò una sala al piano superiore, al piano nobile, tutta arredata con tavoli e tappeti. Gesù la sera, l’ultima sera della sua vita, prima del suo soffrire, si mise a tavola con i suoi. Fece convito, fece cena (un capo comunista che fece tremare il mondo, davanti all’“Ultima Cena” dipinta alle “Grazie” di Milano, disse indicando il Rabbi divino: «Da questa tavola, hai vinto Tu e noi siamo perduti»).

Gesù inaugurava il Cenacolo, per i piccoli dei secoli, sino alla fine del mondo. «Gesù prese il pane, lo benedisse, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli dicendo: “Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi”. Allo stesso modo, prese il calice: “Questo è il calice del mio sangue, sparso per voi e per molti... Fate questo in memoria di me”». Quella sera, l’ultima sera, Gesù fondò il suo Cenacolo. I suoi amici, fino all’eternità, si sarebbero riuniti – per tutte le strade della terra – e avrebbero fatto non solo, non tanto il salotto delle parole, nobilitate da Lui che è la Parola di Dio, ma soprattutto il “cenacolo”, in cui Egli continua a ripresentare il suo Sacrificio del Calvario e si dà come Pane di Vita eterna.

“La sala al piano superiore, arredata nel modo più bello”, continua da duemila anni nelle piccole chiese di campagna, come nelle basiliche e nelle cattedrali di tutto il mondo; continua come “realtà clandestina là dove con abuso sommamente prevaricatore, è vietata la celebrazione pubblica della Messa. «Egli, Gesù, è qui, come il primo giorno. È qui tra di noi come il giorno della sua morte (e della sua Risurrezione). In eterno è qui tra di noi, come il primo giorno. In eterno tutti i giorni. È qui tra di noi tutti i giorni della sua eternità» (C. Péguy).

Quando noi ci riuniamo nel cenacolo con Gesù, Sacerdote e Ostia, non vorremmo più lasciarci, mai separarci da Lui e dai nostri amici in Lui. Come sul monte della Trasfigurazione, diciamo a Gesù, come Pietro: “È bello per noi stare qui”, “stiamo sempre qui davanti al tuo Volto” (cf. Mt 17,1-9). Ma occorre tornare a casa, al lavoro, in mezzo alla società, in mezzo a uomini che spesso non ne vogliono più sapere del Cristo fino al punto di odiarlo. Occorre essere forti, ma è Gesù che è forte in noi e ci dà forza per stare uniti a Lui e tra noi. Occorre incoraggiarci l’un l’altro. Occorre pregare tra di noi e per noi.

Lo consigliava san Francesco di Sales, quando imperversavano i calvinisti e i luterani. Ecco perché sono sempre più frequenti i “piccoli cenacoli” tra amici che si conoscono tra loro di persona, o solo per la voce che corre sui moderni mezzi di comunicazione: basta un cellulare per unire 10-20-50 amici. Che si fa? Ci si stringe tra noi e soprattutto a Gesù, a Gesù solo, si prega, ci si vuole bene in Lui, ci si sostiene l’un l’altro. Ci sono giovani che non risultano tra i cosiddetti “impegnati”, ma che vivono di Lui solo.

Invitato da un giovane studente, qui è nato un piccolo cenacolo, fatto della fede di sempre, di colloqui tra noi, legatissimi alla Messa e Comunione festiva, alla Messa vissuta lungo la settimana. Siamo circa una decina, siamo in crescita. C’è anche un giovane prete con noi, che ci riunisce una volta all’anno, dopo l’Assunta, attorno al suo altare straordinario. Sì, facciamo – non salotto – ma cenacolo con Gesù. Siamo un piccolo seme, ma c’è Gesù in mezzo a noi. E pure Maria, la Madre sua e nostra.

Trentenne, incontrai un illustre uomo di cultura, il quale mi disse: «Lo so che vuoi salvare il mondo. A questo dobbiamo puntare. Ma in pratica, preoccupati di lasciare, dopo di te, un pugno di giovani uomini che siano immagine vera del Cristo, che lo portino nel nostro futuro». È quanto operano i piccoli cenacoli di cui sopra. «Non temere, piccolo gregge, che al Padre è piaciuto di darti il Regno» (Lc 12,32).

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