SPIRITUALITÀ
San Giuseppe e il suo più grande dolore
dal Numero 33 del 12 settembre 2021
di Padre Stefano M. Manelli, FI

Insieme con Maria Santissima, san Giuseppe fu il primo depositario del mistero dell’Incarnazione redentiva del Verbo. Anche se non vi parteciperà in modo diretto, con Maria egli cammina nella fede verso l’evento della Passione e Morte del Figlio, il cui smarrimento per tre giorni a Gerusalemme fu anticipazione dolorosissima per il suo cuore di padre.

San Giuseppe aveva lasciato questa terra per l’aldilà, prima della Passione e Morte di Gesù Crocifisso sul Calvario. Perciò non era presente e non partecipò né alla sofferenza immensa della Passione e Morte di Gesù Crocifisso, né a quella della Compassione di Maria con l’anima “trapassata” dalla spada del dolore, secondo la profezia del santo vecchio Simeone.

La più grande sofferenza di san Giuseppe, quindi, fu quella dello smarrimento di Gesù, ragazzo dodicenne, a Gerusalemme, in occasione del pellegrinaggio annuale che la Sacra Famiglia faceva da Nazareth al Tempio di Gerusalemme, per le feste di PasquaEra un pellegrinaggio a piedi, che durava almeno tre giorni, tra preghiere e canti, camminando in carovana per circa 150 chilometri da Nazareth a Gerusalemme.

Il Pellegrinaggio...

Sono richiami importanti e utili, qui, le brevi riflessioni che ci presenta il beato Bartolo Longo nel suo libro sul mese di san Giuseppe.

«Figurati, anima mia, con quale raccoglimento le tre sante Persone (Gesù, Maria, Giuseppe) avranno fatto questi pellegrinaggi al Tempio di Gerusalemme, in mezzo a un gran concorso di gente; e impara con quale portamento modesto devi recarti anche tu alla chiesa per pregare. 

Se si va fino alla porta della chiesa parlando di cose del mondo, spesso ridendo e guardando attorno, specialmente quando nelle grandi solennità c’è molto sfarzo di acconciature e di abiti, certo la fantasia si riempie di frivolezze. Per queste e per le molte distrazioni che sopravvengono, si perde una buona parte della Santa Messa, e insieme si perdono immense grazie, che Gesù Cristo verserebbe nell’anima nostra, se ci fossimo avvicinati alla sua Casa in silenzio e in raccoglimento».

Che cosa dire, allora, dei nostri pellegrinaggi motorizzati che sembrano per lo più turismo tinto di una qualche religiosità?... Quante distrazioni, chiacchiere, musiche e canti profani..., durante il viaggio, con qualche preghiera sì e no... e nessun raccoglimento di grazie... Attenzione, non sciupiamo le occasioni del vero Pellegrinaggio, che sono occasioni di grazie da ricevere per noi e per gli altri con molta preghiera e sacrificio!

Dopo la celebrazione delle feste pasquali, la carovana riparte da Gerusalemme per il ritorno a casa con altri tre giorni di cammino, durante i quali i ragazzi potevano camminare con il padre o con la madre, indifferentemente. Ma quale non fu, alla sera del primo giorno di cammino, l’amara sorpresa di Giuseppe e Maria non trovando il ragazzo Gesù con loro! Fu un’angoscia torrenziale... Chiesero subito informazioni nella carovana, ma non trovando il figlio, decisero immediatamente di tornare a Gerusalemme da soli, di notte, con la tempesta di preoccupazioni amarissime nella mente e nel cuore, pensando a Gesù ragazzo, rimasto solo.

Perdere Gesù! Quale desolazione nell’anima di Maria e di Giuseppe... Ma subito si mettono in moto per ricercarlo ad ogni costo...

È vero, purtroppo, che tutti noi possiamo perdere Gesù con il peccato mortale, cacciandolo dalla nostra anima che allora diventa possesso del demonio! Ma quante volte noi arriviamo anche a non provare neppure il dolore di averlo cacciato?... Quale sciagura! Quale disgrazia!... Guardiamo perciò a san Giuseppe e alla Madonna che, invece, accortisi dello smarrimento di Gesù, immediatamente si muovono per andare a ricercarlo con l’angoscia che li attanaglia per tre giorni, fino a che non lo ritrovano! Chiediamo a Loro la grazia del pentimento del peccato commesso e la contrizione per confessarci al più presto così da ritrovare quanto prima Gesù per tenerlo sempre nella nostra anima!

L’angoscia dei tre giorni della ricerca di Gesù a Gerusalemme dovette costituire per san Giuseppe la più grande sofferenza patita nella sua vita per Gesù (mentre per la Madonna c’era in attesa la sofferenza dei tre giorni della Passione e Morte di Gesù sul Calvario). Per san Giuseppe, quei tre giorni a Gerusalemme, nel cercare Gesù smarrito, si può dire che furono, anche per lui, in anticipo, i tre giorni della Passione e Morte di Gesù Crocifisso.

Il ritrovamento, nel Tempio, di Gesù smarrito pose termine all’angoscia terribile con un mare di pace e di letizia per le anime di Giuseppe e Maria e con la ripresa della vita santa nella piccola casa di Nazareth, dove essi vedevano felicemente Gesù «crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini» (Lc 2,52).   

I sacrifici di san Giuseppe

È stato scritto molto bene che san Giuseppe nella sua vita «ha conosciuto tutte le traversie e le croci: l’umiliazione di vedere la sua dolce Sposa dare alla luce il suo Bambino in una stalla: cosa che non succede neppure nelle più povere famiglie. Oh, che ferita nel cuore di san Giuseppe allora; non per sé, ma per la sua Sposa, per il Bambino di cui deve essere il custode, il Padre putativo.

E poi, vederlo subito perseguitato dai potenti, simbolo di quella persecuzione degli spiriti del male che avrebbero continuato nei secoli a perseguitare Cristo nel suo nome, nei suoi misteri e nel suo Corpo mistico. Vedere perseguitato l’Innocente, il Figlio di Dio, doverlo accompagnare fuori, in esilio, patir l’esilio per Lui e con Lui e con la Vergine Santissima.

Alzati, prendi il bambino e sua madre, e fuggi in Egitto...”. Quella fuga presentava gravissime difficoltà per i pericoli attraverso il deserto, per l’esilio in terra straniera e il cammino verso l’ignoto. Ma san Giuseppe parte senza domandare ragione, obbedisce immediatamente. Prende il Bambino, la Sposa e via in Egitto.

Al ritorno a Nazareth, in quella piccola casa che è insieme officina di Giuseppe, non si sentì mai una parola amara, una parola di lamento, una parola aspra; in quella casa mai un poverello bussava senza essere aiutato in qualche modo, senza avere la carità che dal loro Gesù avrebbe preso il nome di carità cristiana!».

Papa san Giovanni XXIII

Un Papa grande devoto di san Giuseppe non può essere mai piccola cosa, per le sofferenze che un Papa in genere è chiamato ad affrontare. Le espressioni di papa Giovanni XXIII sono molto significative.

«Abbiate fiducia in san Giuseppe, che parla poco, talora niente, ma può assai.  

Al primo affacciarsi di una difficoltà, io gli parlo, ed ho subito la sensazione di essere esaudito. Ma se la faccenda si fa seria?... Ricorro a lui, che, senza sembrare, sa sbrigarsela magnificamente nei più duri frangenti.

La presenza di san Giuseppe nella Chiesa è simile a quella dell’umile fiore dei campi: non lo si vede, ma se ne avverte la presenza dal profumo».

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