Attendiamo con trepidazione e santa impazienza il momento in cui la Chiesa, ancora immersa nell’oscurità del Sabato Santo, annuncerà Cristo risorto, vera e unica Luce del mondo, potendo i fedeli quest’anno, dopo l’inedita Pasqua 2020, tornare a celebrare, e non solo ricordare, i santi e salvifici misteri operati da Dio a loro favore.
Apprestandoci a celebrare la Veglia pasquale, è impossibile non ricordare – certamente con grande dolore – il fatto del tutto atipico e sconcertante capitato lo scorso anno, ossia la mancanza di pubbliche celebrazioni addirittura nel giorno di Pasqua. Quest’anno pare che sarà possibile celebrare pubblicamente i santi Misteri, anche se con più di qualche restrizione e limitazione tuttora perdurante, cosa che se non consentirà di gustare appieno e fin nei minimi dettagli tutta la ricchezza e la forza straordinaria dei riti della Settimana Santa (soprattutto del sacro Triduo culminante nella “madre di tutte le veglie”) tuttavia ci consentirà di celebrarne i misteri e di goderne i frutti. Credo che ogni fedele debba anzitutto mettersi in ascolto del proprio cuore e chiedersi, sinceramente, quanto gli siano mancate le celebrazioni lo scorso anno, quanto abbia sentito quel vuoto e quella ferita lancinante di doversi limitare a “ricordare” quel che Gesù ha fatto per noi senza poterlo “celebrare” e, quindi, riviverlo in maniera salvifica ed attualmente efficace, dato che in questo consiste la divina Liturgia cristiana. Quanta nostalgia abbiamo avuto, quanto male ci ha fatto quel vuoto immenso, incolmabile, dell’assenza della voce dello Sposo (Gesù) e della Sposa (la Chiesa)? Chi ha sofferto, anzi molto sofferto per questi dolorosissimi eventi, certamente attende con trepidazione, con santa ansia, con celeste impazienza il momento in cui si spegneranno le luci delle chiese per simboleggiare la notte del mondo avvolto dalle tenebre – quella notte che stiamo purtroppo sempre più vivendo e conoscendo – che saranno poi squarciate dalla luce del cero pasquale, ossia dalla presenza trionfante e trionfatrice del nostro Signore Risorto, il vincitore delle tenebre del peccato, il vittorioso su ogni nemico, l’artefice di ogni bene e il distruttore di ogni male.
La bellissima, suggestiva e straordinariamente significativa celebrazione della Veglia pasquale trasmette e comunica una forza, una luce, una vera e propria “vita” come niente e nessun’altra cosa al mondo. È la celebrazione della bontà, dell’onnipotenza e del “sì” di Dio alla vita, al bene, al bello, che parte dal capolavoro della creazione e giunge all’ancor più grande prodigio della nuova creazione, inaugurata dalla Risurrezione di Cristo. L’uomo, disgraziatamente e sciaguratamente, fin dal suo apparire nel creato ha cercato di guastare, deturpare, rovinare il mare sconfinato di benessere, di bellezza, di felicità creato da Dio perché egli – prima e più di tutti – potesse goderne. E la sconcertante storia della salvezza – narrata attraverso l’abbondantissima Liturgia della Parola – non è stato altro che la risposta di bene, di ricostruzione, di salvezza, di misericordia data sempre e fedelmente da Dio all’assurda follia distruttrice e devastatrice dell’uomo. Dopo la meraviglia della creazione, il nuovo inizio – dopo il diluvio – con Abramo, la liberazione dalla schiavitù con Mosè, le meravigliose promesse dei profeti – che parlano di nozze tra Dio e l’uomo, di grandi banchetti e cibi succulenti, di ritrovata sapienza e conoscenza di Dio, dello spirito di Dio che torna ad abitare nei cuori dei suoi figli –, l’annuncio della morte dell’uomo vecchio dato dall’epistola e l’annuncio della Risurrezione di Gesù alle donne da parte dell’angelo dopo aver rotolato la pietra, sono tutte tappe di un’unica e immensa storia di amore, che sarebbe incredibile ed inimmaginabile se non fosse stata preannunciata, narrata e puntualmente attuata ed eseguita dalla potenza stessa dell’Altissimo.
Cos’è che ha mosso il Signore a tutto questo? Cos’altro se non un commovente, immenso e al tempo stesso incomprensibile suo amore per l’uomo tanto ingrato? Il salmo 8 assai acutamente esclama: «Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,5). Non può non sorgere questa domanda dinanzi all’opera del Signore. Tutto quello che abbiamo vissuto nel Tempo di Quaresima, ancora di più nella Settimana Santa e che in questa santa celebrazione raggiunge il colmo e il vertice, in fondo serve a farci prendere coscienza di quanto siamo importanti e preziosi agli occhi di Dio e dovrebbe provocare in tutti la resa incondizionata – e colma di gratitudine – a tanto amore, che chiede solo di essere riconosciuto, apprezzato, accolto e ricambiato. Non perché ciò possa accrescere quel che Dio già è ed ha, ma perché noi possiamo avere quella felicità per la quale e nella quale fummo da Lui creati e che, per consentirci di averla di nuovo, lo ha mosso a pensare ed attuare il suo mirabile disegno salvifico. A Lui solo un infinito grazie per tutto e per sempre e tutta la nostra lode, adorazione e amore oggi, sempre e nei secoli eterni. Amen.