SPIRITUALITÀ
Speciale Don Dolindo / Chiudi gli occhi è di’: Gesù, pensaci Tu!
dal Numero 44 del 15 novembre 2020
di Raimondo Giuliani

“Perché vi confondete, agitandovi? Lasciate a Me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Vi dico, in verità, che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in Me produce l’effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose”.

Don Dolindo era ottimista. A chi “vedeva sempre tutto nero” diceva che il pessimismo è mancanza di fede. Egli era consapevole di seguire un cammino nella luce di Dio e lo faceva con la fiducia serena, gioiosa del bambino che trotterella stringendo la mano del padre, con un abbandono totale, pieno alla volontà del Padre. Soleva dire nei momenti più difficili: «Tutto ciò che compie Dio nella mia vita è Amore. Egli sa il perché di tutto, adoriamo la volontà di Dio».

Tenersi stretti alla mano del Padre non è sempre facile, e Don Dolindo sapeva che il modo migliore per farlo è la preghiera. Egli la definisce «la grande attività di un’anima, è lo spiritualizzarsi dell’anima in un volo che la congiunge con Dio e che, secondo il grado di questa congiunzione, le attira le misericordie e le grazie». E altrove afferma: «La vostra preghiera deve essere tutto un magnificat, cioè dovete lodare Dio con la voce, pregando vocalmente; col cuore sospirando la sua gloria; con la mente, meditando la sua grandezza; con le forze, operando per Lui; con la vita, dedicandovi a Lui».

La preghiera è contatto intimo con il Creatore. Per Don Dolindo è come una scala che dalla terra poggia nel Cielo, formata da tanti scalini. Un primo scalino è la preghiera vocale, un secondo scalino è costituito dalla preghiera mentale, un terzo scalino è costituito dalla preghiera contemplativa, un quarto scalino è l’elevazione dell’anima verso Dio, essa non cerca che la gloria di Dio. Il Signore ascolta la preghiera di quest’anima e la rende strumento della sua gloria. Il quinto scalino è dato dalla preghiera che espia, che ripara. Ognuno di questi gradini, dice Don Dolindo, ne ha tanti altri intermedi, è tutta la provvidenza della preghiera, è un’armonia mirabile.

Egli ci spiega anche il perché di tante preghiere sterili, che non ottengono quanto domandano: «L’anima non si eleva in Dio. Rimane in se stessa, pretende di ridurre Dio nelle sue povere vedute; pretende considerarsi solo come un essere materiale, prescinde dalla vita eterna, si rifiuta di cooperare alla grazia di Dio, e spesso lo prega sfiduciandosi, cioè allontanandosi da Lui, nell’atto stesso nel quale dovrebbe elevarsi a Lui. La sfiducia è la rovina della preghiera, perché toglie all’anima ogni slancio verso il Signore».

Ecco perché la sua raccomandazione più calda e frequente ai figli spirituali era ed è quella di abbandonarsi in Dio. Il famoso Atto di abbandono che il nostro Don Dolindo ha scritto è un libricino che sta nel pugno di una mano, come un gioiello meraviglioso! Bisognerebbe leggerlo e rileggerlo in tutti i momenti difficili, meditarlo, farlo proprio.

Leggiamone insieme qualche passo (1). È la voce di Gesù che sussurra parole di verità, affiancandosi all’anima nei suoi momenti bui.

Inizia con una constatazione: Perché vi confondete, agitandovi? Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. Ma cosa significa “abbandonarsi”? Non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a Me una preghiera agitata perché io segua voi, e cambi l’agitazione in preghiera. Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima, stornare il pensiero dalla tribolazione e rimettersi a me, perché Io solo operi sentendomi dire: «Pensaci Tu!».

Bisogna fare un enorme atto di fede, perché di questo si tratta in fondo, quando ci si abbandona. Quali sono le conseguenze del mancato abbandono? Don Dolindo porta un esempio molto chiaro: È come la confusione che portano i fanciulli che pretendono che la mamma pensi alle loro necessità e vogliono pensarci loro, intralciando con le loro idee e le loro fisime infantili il suo lavoro.

Il trucco, o se vogliamo la parola “chiave”, sta in una frase molto bella ed espressiva di Gesù all’anima: Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia grazia; Chiudete gli occhi e lasciatemi lavorare; chiudete gli occhi e non pensate che al momento presente, stornando il pensiero dal futuro, come da una tentazione.

Quale ne è il guadagno? Lo spiega di seguito: Quante cose Io opero quando l’anima, tanto nelle sue necessità spirituali quanto in quelle materiali, si volge a me, mi guarda e, dicendomi: «Pensaci Tu»,chiude gli occhi e riposa! Avete poche grazie quando vi assillate voi per produrle; ne avete moltissime quando la preghiera è affidamento pieno a me. Non vi rivolgete a me, ma volete che io mi adatti alle vostre idee; non siete infermi che domandano al medico la cura, ma che gliela suggeriscono. E ancora: Non fate così, ma pregate come vi ho insegnato nel Pater [...]. Se mi dite davvero: «Sia fatta la tua volontà», che è lo stesso che dire: «Pensaci Tu», Io intervengo con tutta la mia onnipotenza e risolvo le situazioni più chiuse.

Quale medicina è per le anime l’atto di abbandono all’amore di Gesù! Da profondo conoscitore dell’animo umano, Don Dolindo mette in guardia dall’azione di Satana che trova terreno favorevole nel nostro desiderio di dominio assoluto delle situazioni e della vita. Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, a tutto scrutare, a tutto pensare, e vi abbandonate così alle forze umane, o, peggio, agli uomini, confidando nel loro intervento. E prosegue: Satana tende proprio a questo: ad agitarvi, per sottrarvi alla mia azione e gettarvi in preda alle iniziative umane. Opera divinamente chi si abbandona a Dio.

Dire che quest’atto di abbandono sia una bella preghiera è dir poco. Mille preghiere non valgono un atto solo di abbandono! È un antidoto di salute spirituale, una chiave d’accesso al Cuore di Dio. Il mondo di oggi non invita ad abbandonarsi nelle braccia di Dio, anzi spinge l’uomo a fare da sé, a rivoltarsi contro Dio e mai contro Satana, che è all’origine di tutti i nostri guai. Questa preghiera ristabilisce il rapporto tra l’uomo e Dio, riportandolo nelle giuste dimensioni della creatura verso il Creatore.

L’atto di abbandono è stato certamente vissuto in pieno da Don Dolindo e perciò diventa più credibile e pieno di attrattive. Se lo seguiremo, scopriremo che tutto quanto pesa dolorosamente sulla nostra vita non viene da Gesù, non può venire da Colui che ha detto “il mio giogo è dolce, il mio carico è leggero” (Mt 11,25). Faremo esperienza di una vita diversa, scopriremo che portando i nostri pesi con Gesù, i nostri giorni diverranno incredibilmente più dolci e leggeri.  

* Chi desidera leggere per intero il testo dell’Atto di abbandono composto da Don Dolindo, può ordinare il piccolo opuscoletto su: www.casamarianaeditrice.it

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