SPIRITUALITÀ
Una vita a due. Cristo risorto nell’anima
dal Numero 15 del 12 aprile 2020
di Don Leonardo M. Pompei

Dopo la Passione e la Risurrezione di Gesù, ogni persona, in qualsiasi tempo e luogo viva, purché lo voglia, può incontrare Cristo nella propria anima e intrattenere con Lui un rapporto di amicizia che la porterà ad una graduale, radiosa “risurrezione” spirituale.

«L’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non a più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Cosicché ormai noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così. Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17).

Queste splendide parole dell’apostolo Paolo, il primo grande testimone dell’esperienza totalmente trasformante derivante dall’incontro con Cristo, ci introducono ad affrontare un tema focale e fondamentale della Pasqua: la possibilità di entrare in un rapporto intimo, profondo, personale e di amore con Cristo, che parte da una relazione coltivata nella preghiera profonda e può giungere – come fu per l’Apostolo e, dietro di lui, una schiera innumerevole di santi e mistici – fino ai vertici della vita di unione con Dio, tale da far vivere, per quanto possibile, una sorta di Paradiso anticipato sulla terra.

È opinione comune, diffusa certamente anche tra non pochi battezzati, che questa possibilità (ammesso che sia proprio un fatto vero e reale) sarebbe appannaggio di “pochi eletti”, quelli cioè che abbiano scelto e professato una vita di totale consacrazione al Signore e si siano, in questo modo, liberati di zavorre e impacci che impediscono di coltivare un profondo rapporto con Dio. Santa Teresa d’Avila, tuttavia, che di certo non era una sprovveduta anche in fatto di mistica in senso stretto, dice che non è affatto così: le sette stanze dell’anima, nell’ultima delle quali si trova il Re seduto in trono e bramoso di celebrare le mistiche nozze con l’anima da Lui creata, sono percorribili da chiunque, alla sola condizione di volerlo fermamente e risolutamente e, una volta intrapreso questo santo e aureo cammino, di portarlo avanti con tenace costanza e indomita perseveranza, nonostante qualunque difficoltà, opposizione e tentazione possano in esso frapporsi.

Sappiamo anche dai Vangeli che chi incontrava Gesù risorto, pur avendolo conosciuto di persona, non era in grado di riconoscerlo: così fu per Maria di Magdala, così per i discepoli di Emmaus, perfino per gli Apostoli (come ci narra san Giovanni nell’ultimo capitolo del suo Vangelo) in occasione dell’apparizione sulle sponde del lago di Tiberiade. Cosa significa questa strana particolarità? Senza ovviamente escludere altre possibili interpretazioni, sembra volersi con essa insinuare che, dopo la Risurrezione del Signore, la sua umanità trasformata e glorificata diventa inaccessibile agli occhi dei sensi, mentre diventa accessibile agli occhi dello spirito illuminato dalla fede. E la medesima trasformazione di quell’umanità, passata attraverso la Passione e la Morte, viene comunicata e resa possibile a chiunque, anzitutto seguendo le orme di Cristo povero e crocifisso, si renda disponibile ad incontrarlo nell’orizzonte di quella fede personale vissuta e maturata dentro un cammino di profonda preghiera.

Chi impara a pregare davvero – non per niente santa Teresa insegna che i primi passi da compiere sono imparare a fare bene la meditazione od orazione mentale e, in un secondo momento, cominciare a vivere la preghiera contemplativa e più decisamente affettiva – farà, per quanto possibile a creatura umana, esperienza diretta e personale della potenza della Risurrezione del Signore. Attraverso l’intimo rapporto con Gesù, coltivato in una preghiera autentica che è dialogo personale e profondo con Colui che infinitamente ci ama e non vuota e distratta ripetizione di formule e preci, si assisterà gradualmente a una nostra personale trasformazione analoga a quella celebrata dal mistero pasquale: da una vita vissuta secondo la carne, ad una vita vissuta secondo lo spirito; dalla vita dell’uomo vecchio che si corrompe dietro le passioni ingannatrici, alla vita dell’uomo nuovo ricreato nella giustizia e nella santità vera, dal pensare e cercare le cose di quaggiù, al cercare, desiderare e pensare a quelle di lassù.

Le nostre vite, purtroppo, raramente cambiano, ma non perché Dio non vuole o perché manca qualche aiuto da parte sua, ma sempre e solo perché noi non lo vogliamo realmente, non accogliamo sinceramente i suoi aiuti, non ci incamminiamo per le vie e non usiamo quei mezzi che possono condurci alla vera e autentica conversione, santificazione e anche divinizzazione. Per molti, purtroppo, Cristo è morto invano; ma non perché Egli non sia morto davvero per tutti, ma perché in molti rendono vana la Croce di Cristo. Per noi non sia così: non abbiamo paura di entrare in contatto intimo con Colui che in fondo non conosciamo, perché Egli vuole farsi conoscere, darci amore e farci realmente felici. Ma vuole il nostro consenso, la nostra fede, la nostra scelta, il nostro impegno, la nostra perseveranza. Che questa Pasqua possa segnare per molti di noi l’inizio di questo santo viaggio che ci porterà a gustare, anche in questo mondo, quanto è bello, amabile e buono il Signore.

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